L'Adunanza Plenaria definisce i rapporti tra le figure di accesso previste dall'ordinamento a tutela del diritto alla trasparenza amministrativa (CdS, sentenza n. 10/2020)

A cura dell'Avv. Francesca Petullà, Avvocato, Socio fondatore dell’omonimo studio e della società Law Lab con sede in Roma e Milano e docente degli Executive Master in area Lex & Tax


Negli ultimi 10 anni il tema della trasparenza amministrativa si è affermato in modo preponderante nella normativa e conseguentemente nella giurisprudenza amministrativa. La trasparenza è da annoverare come un diritto fondamentale del cittadino, espressione della democrazia, riconducibile all’42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (“ogni cittadino dell’Unione nonché ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, ha diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione”) ed all’art. 10 CEDU (“ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee”).

Una delle forme più pregnanti del diritto alla trasparenza amministrativa è il diritto di accesso o meglio le diverse forme di accesso che via via si sono affermate a partire dal lontano 1990, anno in cui per la prima volta nella legge sul procedimento amministrativa L. 241/90, vi faceva ingresso.  Attualmente  si possono individuare tre species di accesso: 

  1. accesso endoprocedimentale ed esoprocedimentale, disciplinato dalla legge n. 241 /1990 sul procedimento amministrativo;
  2. accesso civico semplice (art. 5, c.1, d.lgs. n. 33/2013);
  3. accesso civico generalizzato (art. 5, c.2, d.lgs. n. 33/2013), sul modello statunitense del c.d. FOIA (Freedom of information Act), introdotto dal c.d. decreto Trasparenza (d.lgs.n. 97/2016).

Il Consiglio di Stato con Adunanza Plenaria del n. 10 estende l’accesso generalizzato anche agli appalti e per giunta anche alla fase di esecuzione. In tal contesto definisce i rapporti tra le figure di accesso tutte previste dall'ordinamento a tutela del diritto alla trasparenza amministrativa. Orbene, la decisione in esame del Supremo Consesso opera finalmente dei chiarimenti in tema di accesso con riguardo ad un ambito speciale quale le procedure ad evidenza pubblica e la fase successiva dell’esecuzione dei contratti pubblici.

La questione da risolvere: accesso sì o accesso no? Quale forma di accesso?

La Adunanza interviene per dirimere un contrasto giurisprudenziale tra i giudici amministrativi. Si è discusso, infatti, se l’accesso civico generalizzato fosse applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici. Infatti emergeva una lacuna normativa sul punto, in quanto l’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 prevede che “il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge n.241/1990”.

Un primo orientamento, fondandosi su un’interpretazione più letterale e “statica” e sul principio di specialità della disciplina sui contratti pubblici propendeva per un’esclusione assoluta della disciplina dell’accesso generalizzato (ex multis, sentenze gemelle della V sezione del Consiglio di Stato, 2 agosto 2019 n.5502 e n.5503).

Per contro, l’orientamento della III sezione del Supremo Consesso, facente capo alla sentenza 5 giugno 2019 n. 3780, ha adottato un’interpretazione costituzionalmente orientata, conforme all’art. 97 Cost., ammettendo l’accesso civico generalizzato anche nelle procedure ad evidenza pubblica. La lacuna normativa, dunque, sarebbe solo frutto di una svista del legislatore che non ha coordinato bene la disciplina speciale con quella generale. Ma non si può escludere un istituto che è espressione del valore fondamentale della trasparenza. Del resto, escludere tale istituto sarebbe poco coerente con le stesse procedure “ad evidenza pubblica” che si fondano sulla trasparenza e la pubblicità.

La soluzione prospettata

L’Adunanza ha deliberato che  è applicabile l’accesso civico generalizzato anche alla materia dei contratti pubblici. Pertanto, anche se l’istanza di accesso fosse priva degli elementi tipici dell’accesso documentale, la P.A. sarebbe tenuta ad esaminarla come istanza di accesso civico. Pur riconoscendo, infatti, l’infelice formulazione legislativa lacunosa, ai fini di una corretta interpretazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016, il Consiglio di Stato non può non considerare un concorso tra le due forme di accesso documentale e generalizzato. Infatti “il rapporto tra le due discipline generali e settoriali...non può essere letto unicamente ed astrattamente, secondo un criterio di specialità e, dunque, di esclusione reciproca, ma, secondo un canone ermeneutico di completamento/inclusione, in quanto la logica di fondo sottesa alla relazione delle discipline non è quella della separazione ma quella dell’integrazione dei diversi regimi, pur nelle loro differenze, in vista della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo che rifugge in sé da una segregazione assoluta “per materia” delle singole discipline”.

Del resto, evidenzia il Supremo Consesso, un diverso orientamento interpretativo escludente avallerebbe il rischio di creare vuoto normativo in materia di trasparenza nella normativa. Poi,  precisa che  l’accesso civico generalizzato, ferme le eccezioni di cui all’art. 5 bis, commi 1 e 2 del d.lgs. n.33/2013, è ammissibile anche in ordine agli atti della fase esecutiva.

 Sul punto, i giudici richiamano  anche le conclusioni della delibera ANAC n.317 del 29 marzo 2017. Infatti rispondendo la trasparenza ad una finalità di “controllo diffuso” della collettività sull’agere amministrativo, questa esigenza è particolarmente avvertita proprio nella materia dei contratti pubblici e delle concessioni, ed, in particolare, nell’esecuzione dei rapporti dove spesso si annidano fenomeni di maladministration. Afferma il giudice amministrativo, infatti, che “non è più possibile affermare, in un quadro evolutivo così complesso che impone una visione d’insieme anche alla luce delle coordinate costituzionali, eurounitarie e convenzionali che l’accesso agli atti di gara costituisca un microcosmo normativo compiuto e chiuso”. Inoltre, l’accesso generalizzato è doveroso “perché connaturato all’essenza stessa dell’attività contrattuale pubblica e perché esso operi, in funzione della c.d. trasparenza reattiva, soprattutto in relazione a quegli atti, rispetto ai quali non vigono i pur numerosi obblighi di pubblicazione previsti (trasparenza proattiva)”.

Infine, si sottolinea che, per l’accesso generalizzato opera il limite di cui all’art. 5 bis, c.2,d.lgs. n. 33/2013, che rappresenta però  un’eccezione relativa e non assoluta. Pertanto occorre operare un bilanciamento, in concreto, tra il valore fondamentale all’accesso e quello della riservatezza, secondo un canone di proporzionalità .

Conclusioni pratiche di ordinaria amministrazione?

  1. la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento;
  2. è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;
  3. la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.

 

Ultima modifica il 11/02/2022