Affermare il valore della Pubblica Amministrazione richiede nuove frontiere di formazione
A cura di L. Vignali, Direttore Generale per Italiani all'Estero MAE
Nella lunga notte della pandemia, la Pubblica Amministrazione italiana è tornata una luce da accendere. Abbiamo compreso l’importanza di una solida sanità pubblica; abbiamo scoperto le nuove tecnologie nella scuola; abbiamo invocato servizi a distanza da parte di enti centrali e locali. In altre parole, in tempo di crisi il Paese ha guardato nuovamente alla “cosa pubblica” come un valore su cui investire, da recuperare e salvaguardare.
Non è dunque una sorpresa che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) abbia destinato un’ingente parte delle risorse proprio a sanità, scuola, digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche. Ovviamente non basterà una grande e inedita mole di finanziamenti per trasformare la P.A. italiana in un modello di efficienza e produttività. Come sempre, per esprimere appieno il potenziale dell’investimento occorre puntare sulla trasformazione di modelli organizzativi e su una nuova cultura professionale. Un esercizio che richiede tempo e un’attenzione innovativa, puntando decisamente su formazione e aggiornamento dei dipendenti pubblici, a tutti i livelli. Si tratta di un’area d’intervento a lungo trascurata: lo stesso Presidente Draghi ha ironicamente ricordato come su base annua si spendano solo 48 euro a persona per la formazione del settore pubblico (sic!).
Per fortuna potremo contare su tanti giovani motivati e dinamici, che verranno finalmente assunti nel pubblico impiego, riparando almeno in parte ai danni dell’assurdo blocco ultradecennale delle assunzioni. Potremo far crescere nuove competenze e nuove professionalità, sinora sconosciute o quasi negli uffici pubblici, in modo da costruire una nuova capacità delle amministrazioni - statali, regionali e comunali - di interagire con la società civile, i cittadini, le imprese, accompagnando efficacemente la ripresa economica (e sociale) del Paese. Si tratta di assumere e formare visionari dell’innovazione, campioni della transizione al digitale, “demand manager” in grado di gestire i processi di cambiamento organizzativo e di trasformazione tecnologica, responsabili della programmazione strategica dei servizi per cittadini e imprese.
Ma non basta. Se vogliamo mettere le persone al centro del progetto di rinnovamento dobbiamo lavorare anche su altri fronti. Da un lato, è arrivato il momento di superare l’accentramento delle competenze formative nella Scuola Superiore dell’Amministrazione. Fu questa una misura in parte demagogica, figlia di una stagione in cui “fare cassa” era il principale obiettivo del legislatore, con l’accorpamento delle grandi scuole dello Stato nella SSA e la difficoltà (per non dire una vera e propria impossibilità) di acquisire altrove corsi di formazione specialistici, modellati sulle diverse esigenze delle singole amministrazioni. Al contrario, sappiamo bene che la Pubblica Amministrazione non è un blocco unico; che a variegate realtà corrispondono bisogni formativi peculiari; che il grado di preparazione, gli strumenti, le tecniche d’insegnamento di tante eccellenti scuole di formazione private non sono mai state minimamente avvicinate dagli standard della SSA.
E poi deve cambiare la stessa metodologia didattica, per imprimere davvero un salto di qualità e raggiungere nuovi parametri nei percorsi formativi di dirigenti e funzionari. Per esperienza personale, ricordo noiosissime sessioni di apprendimento frontale, senza momenti multimediali (niente video, al massimo presentazioni in power point fitte di didascalie…), nessun coinvolgimento se non le classiche domande dei discenti, per non parlare della totale assenza di gamification dell’esperienza formativa.
Infine, è arrivato il momento di formare e sviluppare anche le capacità relazionali dei dipendenti pubblici. Non bastano più i soli moduli didattici sulla contabilità di Stato o sul contenzioso amministrativo (tanto per fare degli esempi), occorre anche preparare chi lavora nel pubblico: ad avere maggiore attenzione all’utenza e all’interazione con i cittadini; allo “spirito di squadra” e alle tecniche di teambuilding; alla comunicazione esterna e al dialogo sui social network; al coinvolgimento dei collaboratori (indispensabile in tempi di lavoro da remoto) e alla programmazione per obiettivi/risultati.
Insomma, una nuova stagione, potenzialmente entusiasmante, attende la Pubblica Amministrazione italiana. Ma dobbiamo ricordarci del vecchio adagio cinese: “imparare è come remare controcorrente: se smetti, torni indietro”.
Ultima modifica il 28/05/2021
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