A cura di E. Giardino (partecipante del Master in Avvocato d'Affari)

In materia di patti parasociali “di voto” nelle società non ricorrenti al mercato del capitale di rischio troviamo, alla voce «Patti parasociali», l’articolo 2341 bis, cod. civ.[1].

Per quel che concerne l’obiettivo del presente lavoro, occorre qui prendere, quale iniziale punto di analisi, la lettera a) di cui al primo comma della norma summenzionata la quale ricomprende «I patti, in qualunque forma stipulati, che al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società: a) hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano».

Ebbene, pur nell’assenza di un’espressa definizione legislativa, i predetti patti null’altro sarebbero che dei contratti atipici diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322, co. 2, cod. civ. e volti a “preconfezionare” ex ante il comportamento dei soci – e di chi a tal scopo dai predetti venga eventualmente delegato – in seno all’organo assembleare al momento dell’esercizio dei propri voti [2] [3] [4].

Chiarito ciò, appare logico il rimando alla disciplina generale dei contratti contenuta nel codice civile onde poterne estrapolare le dovute regole applicative in ipotesi d’inadempimento del parasocio.

Per tali ragioni, a differenza del contratto sociale (di S.p.A.)[5], la validità del vincolo sorto tra gli aderenti al patto avrà, ai sensi dell’art. 1372 cod. civ., forza di legge tra le parti[6] e risulterà improduttiva di effetti verso i terzi poiché non ricompresa nei casi espressamente previsti al comma secondo medesima norma[7].

Da ciò discende, dunque, la giustificata inopponibilità del suddetto accordo alla società ed ai soggetti non firmatari, i quali non potranno subire effetto alcuno dall’inosservanza del patto[8].

Tornando all’efficacia inter partes del contratto rileva qui osservare come, in realtà, il codice civile, al comma 1 dell’art. 1453, riservi, tra gli strumenti a tutela della parte adempiente, l’espressa possibilità – salve tassative eccezioni a tutela del terzo contraente in buona fede – di ottenere la condanna giudiziale della parte all’adempimento in forma specifica secondo le norme del codice di rito.

Più precisamente, la ratio della suddetta norma, sulla base del dettato normativo di cui all’art. 1372 cod. civ., equiparato il contratto alla legge, garantisce, a fortiori, l’adeguato livello di tutela in ottica di certezza dell’adempimento, assicurando, dunque, la giusta protezione alla parte adempiente.

In assenza di una siffatta previsione non si comprende come le parti possano, a priori, vincolarsi volontariamente a degli impegni pur sapendo, a monte, che non vi sarà certezza dell’esatto adempimento da parte del contraente, potendo gli stessi essere validamente disattesi anche in vista del perseguimento di un diverso e sopravvenuto interesse soggettivo.

Analoghe conclusioni in tema di società.

Più precisamente, a mio parere, già lo stesso contratto di società – a carattere associativo, plurilaterale a comunione di scopo[9] – di cui all’art. 2247 cod. civ. impone, in quanto tale, l’obbligo per i soci, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1375 cod. civ., di rapportarsi secondo buona fede in ogni frangente che involga, anche di riflesso – quale appunto quello parasociale –, l’attività sociale d’impresa.

Dunque, anche in tale sede, dovrebbe, prima facie, trovar ragione una tutela non solo per equivalente.

Ad ogni buon conto, con tali affermazioni non si intende comunque escludere in assoluto la possibilità per il contraente parasocio di disattendere l’accordo violando il patto[10].

La questione è che, tale condotta, in un’ottica di tutela del sinallagma, sfocerà, comunque, in un illecito contrattuale facendo sorgere, per il contraente adempiente, la possibilità di esperirne i rimedi di legge[11].

Dunque, in ipotesi, avremo una decisione assunta da un organo collegiale – l’assemblea – terzo al contratto parasociale, al raggiungimento del cui quorum deliberativo sia confluito un voto – determinante – assunto in violazione dell’obbligazione parasociale che, per tali sue peculiarità – forza di legge tra le parti –, aveva già cristallizzato, ex ante, una differente volontà/impegno di voto in sede contrattuale cui tutti gli aderenti miravano.

Quindi, nodo cruciale della questione è capire se, il parasocio, possa domandare, in termini puramente giuridici, l’adempimento in forma specifica dell’obbligazione contrattuale rimasta inadempiuta.

Sul punto troviamo due principali correnti dottrinarie[12] le quali, rispettivamente, dibattono sull’applicabilità estensiva, già in via cautelare ex art. 700 c.p.c., degli artt. 2931, 2932 e 2933 cod. civ. all’ipotesi di mancato o difforme esercizio del voto assembleare.

Ebbene, una prima sostiene l’inapplicabilità del rimedio giudiziale, anche in via cautelare, poiché, l’interesse alla base dell’art. 2932 cod. civ. sarebbe quello di rendere realizzabili gli effetti di un contratto non concluso, cosa ben diversa dall’esercizio della volontà di voto da parte del parasocio a seguito del contratto (parasociale) comunque concluso.

Quanto agli artt. 2931 e 2933 cod. civ., riferendosi ad obblighi di facere e non facere materiali esulerebbero quindi, a dire di tale corrente, dai comportamenti negoziali quali appunto la convenzione di voto contenuta in un accordo parasociale.

Di contro, diversa opinione, ritiene utilizzabile tale strumento anche in via cautelare ma solo ove applicabile al caso concreto e, comunque, su di un livello diverso e parallelo al patto parasociale.

Più precisamente, riconoscerebbe plausibile intervenire – ante delibera – sul mezzo utilizzato a porre in essere il voto in assemblea, ovverosia, esemplificando, applicando l’art. 2932 cod. civ. all’ipotesi di inosservanza dell’obbligo contrattuale di conferimento collettivo di mandato a votare ad un terzo da parte di uno dei parasoci.

Si comprende dunque come, in realtà, tale articolo andrebbe a operare su di un contratto non concluso – il mandato – e non sul diritto di voto in sé considerato.

Dal mio punto di vista, ove considerate nella sostanza, tali correnti non farebbero null’altro che giungere, seppur per vie diverse, al raggiungimento della medesima conclusione; ovverosia, impossibilità di ottenere l’adempimento in forma specifica del voto conforme in fase posteriore all’assunzione della deliberazione assembleare con conferma del solo residuo strumento del risarcimento del danno.

Questo in quanto, pur consentendo ingresso a un’esecuzione in forma specifica dell’obbligazione parasociale inadempiuta, permarrebbero, comunque, problemi di natura applicativa.

O meglio, l’ordine di facere o non facere del giudice potrebbe giungere in fase posteriore alla delibera e dunque non più in grado di determinare la decisione[13].

Diverso sarebbe il caso in cui tale decisione – oggetto del patto – possa comunque essere presa anche in una successiva seduta[14].

In tale ipotesi, risulterebbe possibile far sì, anche in via cautelare – consegna delle azioni ad un mandatario – che, nella nuova seduta, il parasocio si determini (seppur in via indiretta) in maniera tale che il voto si conformi all’accordo annullando così gli effetti della violazione verificatasi nella precedente decisione assembleare[15].

Esperienze di altri ordinamenti ci suggeriscono come in realtà simili strumenti abbiano già trovato ragion d’essere.

Esemplificando, nei sistemi giuridici di Gran Bretagna, Olanda e – seppur con meno successo – Francia e Svizzera, troviamo il c.d. “Astreinte”[16], istituto consistente nella minaccia di una pena da parte dell’organo giudiziario nei confronti del parasocio ove ponga in essere voto non conforme all’accordo (operatività ex ante).

Ed ancora, recepito in parte anche nel nostro ordinamento dall’art. 2932 cod. civ. – benché solo per l’ipotesi di contratto non concluso – troviamo nel diritto tedesco la possibilità di chiedere una statuizione giudiziale volta all’adempimento in forma specifica dell’obbligazione fungibile violata ad opera di un terzo e a spese del debitore o, viceversa, dell’ordine di eseguire l’obbligazione infungibile sotto minaccia giudiziale della comminazione di una efficace sanzione – anche detentiva[17].

Da qui originerebbero dunque alcune aperture giurisprudenziali al mezzo cautelare già prima della riforma del 2003 per l’obbligo di non fare[18].

Tuttavia, dottrina e giurisprudenza continuavano a ritenere inapplicabile lo strumento dell’adempimento in forma specifica mettendo in secondo piano la questione di cui all’art. 2932 cod. civ. strictu sensu inteso e concentrandosi su problemi di più ampio ordine sistematico.

Più precisamente, si è affermato che la concessa validità all’interno del nostro ordinamento dei sindacati di voto va di pari passo con la loro efficacia obbligatoria e con la libertà di autodeterminazione – salvo risarcimento del danno – del parasocio in sede assembleare al momento dell’espressione del voto.

Così facendo si darebbe legittima tutela all’inderogabile nesso instaurato ex lege tra partecipazione sociale e diritto al voto il quale, ove fatto oggetto di esecuzione in forma specifica vedrebbe dunque infranto il legame partecipazione/voto in favore (e secondo il volere) di soggetti (i parasoci) privi di diritto alcuno sulla medesima. «Come se il diritto di voto fosse ceduto separato dall’azione»[19].

Tuttavia negli ultimi anni è andata sviluppandosi un’opposta corrente giurisprudenziale (direi quasi di soccorso al vuoto normativo)[20], avallata da primaria dottrina[21], la quale conferma l’applicazione dell’esecuzione in forma specifica (ante violazione) del patto parasociale in sede cautelare ove debitamente provato (fumus boni iuris e periculum in mora).

Tra tutte, troviamo l’ordinanza del Tribunale di Genova datata 8 luglio 2004[22], la quale, decidendo su di un ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c., ha sospeso l’efficacia traslativa di una cessione di quota societaria assunta in violazione di prelazione statutaria e in contrasto altresì con un sindacato di voto a maggioranza, ordinando l’esecuzione in forma specifica del sindacato ad opera della fiduciaria mandatario del parasocio inadempiente.

Il punto cruciale, a mio avviso, è che, in tale sede, come poi confermato anche in sede di reclamo, il giudicante si trovava spinto in primis dall’obbligo (immanente) di sospendere provvisoriamente la delibera assembleare assunta in violazione dello statuto.

Dunque, “crollata” siffatta barriera, si rendeva possibile disporre un’esecuzione in forma specifica dell’obbligazione di voto, rendendo praticabile la condanna della fiduciaria mandataria (e dunque, si rammenta, intervenendo sul contratto contenitore del voto) al voto conforme.

Da tale angolazione sembra dunque trovare conferma il precedente orientamento che, seppur non riconoscendo espressa efficacia reale al sindacato, permetteva comunque, ante delibera, di ottenere in via cautelare la produzione degli effetti del contratto strumentale all’adempimento dell’oggetto dell’accordo parasociale.

Ad ogni buon conto, dal mio punto di vista, non essendovi norma di contrario tenore, in difetto di una espressa disciplina di regolamentazione del rapporto tra violazione del patto e delibera “contenitore delle volontà difformi” sarà lo stesso giudice, caso per caso, ad applicare le norme secondo il suo prudente apprezzamento.

Per tale ordine di considerazioni, un residuale percorso argomentativo a favore del parasocio insoddisfatto, potrebbe essere quello di cercare di ottenere l’annullamento della delibera assembleare al fine di poter meglio garantire l’adempimento del “nuovo” voto conforme.

Per ragioni di ordine espositivo occorre premettere come, prima della riforma del diritto societario del 2003, la disciplina dell’invalidità delle deliberazioni di cui all’art. 2377, cod. civ. difettava di un’espressa regolamentazione legislativa circa le ipotesi di voto affetto da incapacità o vizio del consenso contrattuale.

Vi erano, in tal senso, due contrapposti orientamenti dottrinari.

Alcuna parte[23], pur nel silenzio del legislatore, riteneva impugnabile la delibera assembleare per voto inefficacie sulla scorta del fatto che, il voto, essendo atto di natura giuridica (unilaterale), poteva nascere, a seconda del caso concreto, viziato e dunque sottoponibile alla disciplina dell’incapacità e dei vizi del consenso contrattuale di cui agli artt. 1425 ss., cod. civ..

Rilevava dunque la capacità del socio e la volontà nell’espressione del voto.

Tesi di opposto tenore[24], ritenendo difficoltosa – salvo i casi di voto per appello nominale – l’individuazione del voto del singolo socio e dunque della sua voluntas, rifiutando di equiparare il voto in sé considerato quale singolo atto unilaterale giuridico, sosteneva dunque corretto attribuire rilevanza, salvo gravi ed evidenti irregolarità procedimentali di tipo “formale”, alla sola delibera strictu sensu intesa, tralasciando il suo processo formativo poiché inteso quale mera attività procedimentale.

Semmai, si riteneva che capacità e formazione delle volontà dei partecipanti poteva essere fatta oggetto di apposita disciplina statutaria onde poterne così stabilire la rilevanza ed operatività in considerazione degli specifici interessi della società interessata.

Tale visione in un’ottica di prevenzione del rischio di proliferazione di cause d’impugnazione delle delibere con conseguente ripercussione in negativo sulla stabilità dell’organo assembleare e della società in genere, la quale, di norma, dovrebbe risultare avulsa da fattori invalidanti per così dire esterni alla disciplina del diritto societario – a tutela, più che altro, di interessi individualistici più consoni alla disciplina contrattuale.

Ad ogni buon conto, a mio avviso, ciò che emergeva da entrambe le correnti ante riforma era la volontà di colmare un vuoto normativo cercando di ottenere, a seconda dei casi concreti, il corretto bilanciamento tra interessi individuali ed interessi generali del diritto societario.

Assai rinnovato appare il panorama normativo post riforma del 2003.

Nello specifico, il nuovo articolo 2377 del codice civile, al n. 2) del comma 5[25], dà ingresso alla fattispecie di voto (determinante) invalido, consentendo così, configurata previamente la soglia di partecipazione richiesta dalla stessa norma al comma 3, di ottenere l’annullamento[26] della delibera assembleare.

Dunque si è fornita espressa disciplina alla cosiddétta ipotesi di “difetto di legittimazione secondaria al diritto di voto”, relativa cioè a fattori d’invalidità del voto; diversa da quella denominata “primaria” afferente, di contro, alla capacità stessa di esprimerlo[27].

La rapida conclusione cui giungere sarà pertanto quella di permettere (anche allo stesso parasocio inadempiente) l’impugnazione della delibera assunta con voto determinante (non conforme) nelle sole ipotesi di vizio di cui agli artt. 1425 e ss. cod. civ. risultando per ovvie ragioni giuridiche esclusa l’ipotesi di inadempimento del patto parasociale.

Questo in quanto, come già esposto, il contratto parasociale è e rimane negozio distinto e non opponibile ai terzi e dunque, esclusa l’ipotesi di voto viziato, non risulterà possibile inficiare la decisione dell’assemblea raggiunta in conformità alle norme di diritto societario.

Residuano, in buona sostanza, i rimedi giuridici di volta in volta approntati dalle parti per assicurare l’adempimento del parasocio già prima dell’espressione del voto assembleare.

Beninteso, il legislatore, nei limiti della conformità all’ordinamento giuridico, non pone freni alla fantasia contrattuale degli operatori.

Tra i tanti si può ricomprendere, quale mero cenno, i “patti di blocco” accessori alla convenzione di voto, l’apposizione di clausola penale, il conferimento ad un unico soggetto di mandato collettivo irrevocabile di voto, girata per procura o intestazione fiduciaria delle azioni, deposito dei titoli presso un terzo o la società stessa[28].

Insomma tutte tecniche che, in estremo, cercano di garantire, con il più elevato grado di probabilità, il raggiungimento dell’oggetto del patto parasociale.

 

[1] Introdotto dal legislatore della riforma con D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, disciplina una figura giuridica atipica sopravvissuta ad un complesso e burrascoso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, la quale, dapprima considerata illecita, trova le prime aperture in epoca posteriore all’emanazione del codice civile del 1942 per poi essere unanimemente riconosciuta da dottrina e giurisprudenza. Sul punto, AA.VV., Assemblea, in G. E. Colombo e G. B. Portale (dir. da), Trattato delle società per azioni, Tomo I, Torino, 1994, p. 516 ss.; F. GALGANO, P. ZANELLI, G. SBISÀ, Società per azioni, art. 2325 – 2341 ter, in Scialoja – Branca (a cura di), Commentario al codice civile, Tomo I, Bologna, 2006, pp. 205 ss. e 218 ss.; G. SEMINO, Il problema della validità dei sindacati di voto, in Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2003, pp. 31 ss., 76 ss., 91 ss., 110 ss. e 398 ss.; R. TORINO, I contratti parasociali, Milano, 2000, p. 86 ss.. In giurisprudenza, Cass., 20 settembre 1995, n. 9975, in Giust. civ., 1996, p. 73 ss., con nota di G. Vidiri e Cass., 23 novembre 2001, n. 14865, in Società, 2002, p. 431 ss, con nota di L. Picone.

[2] Per una definizione meglio compiuta, E. ADDUCCI, I patti parasociali, Disciplina, giurisprudenza e clausole, L. Viola (dir. da), Matelica, 2007, p. 28 ss; R. COSTI, I patti parasociali e il collegamento negoziale, in Giurisprudenza commerciale, Milano, 2004, p. 201 ss.; F. GALGANO, P. ZANELLI, G. SBISÀ, Società per azioni, art. 2325 – 2341 ter, op. cit., p. 198 ss., 201 ss., p. 206; F. GALGANO, Le società, in Diritto commerciale, Bologna, 2006, p. 187 ss.; G. A. RESCIO, M. SPERANZIN, Art. 2341 bis, Delle società – dell’azienda – della concorrenza, artt. 2247 – 2378, in D. U. SANTUOSSO (a cura di), E. Gabrielli (dir. da), Commentario del codice civile, Torino, 2015, p. 726 ss..

[3] Sull‘inclusione di ulteriori sotto categorie di sindacati di voto, G. A. RESCIO, M. SPERANZIN, Art. 2341 bis, op. cit., p. 732.

[4] Sul significato della locuzione “società controllante” di cui all’ultimo periodo della lettera a) dell’art. 2341 bis cod. civ., F. GALGANO, P. ZANELLI, G. SBISÀ, Società per azioni, art. 2325 – 2341 ter, op. cit., p. 206 ss..

[5] Diverso sarà il caso dell’atto costitutivo e statuto di società per azioni, il quale rivestirà, ex art. 1372, comma 2, cod. civ., efficacia verso (alcune categorie di) terzi intesi quali soggetti che entrano in contatto con gli amministratori dell’ente, acquirenti delle azioni dai soci e soci nuovi in genere. Sul punto, F. GALGANO, Le società, op. cit., p. 184 ss..

[6] Per un approfondimento sull’efficacia del contratto, F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2011, p. 945 ss..

[7] Sul punto, E. ADDUCCI, I patti parasociali, Disciplina, giurisprudenza e clausole, op. cit., p. 38; F. GALGANO, P. ZANELLI, G. SBISÀ, Società per azioni, art. 2325 – 2341 ter, op. cit., p. 205; A. PAVONE LA ROSA, I patti parasociali nella nuova disciplina delle società per azioni, in Giurisprudenza commerciale, Milano, 2004, p. 9 ss..

[8] Per un confronto sul concetto di patti parasociali ad efficacia “reale” alla luce della nota ordinanza Trib. Genova, 8 luglio 2004, vedasi, G. SEMINO, Il problema della validità dei sindacati di voto, op. cit., pp. 170 ss. e 423 ss.; Id., I patti parasociali hanno assunto efficacia reale?, Patti parasociali, in Giurisprudenza, Società di capitali, in Società, 2004, p. 1268 ss.; V. SALAFIA, Le Società, in Rassegna di giurisprudenza 2004, Milano, 2005, p. 98.

[9] Salva l’ipotesi di S.p.A. ed S.r.l. costituite per atto unilaterale. Per maggiori approfondimenti sul tema, F. GALGANO, Le società, op. cit., p. 3 ss.. Altresì, F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, op. cit., p. 1393 ss..

[10] Sulla conservata autonomia dell’organo assembleare e sulla libertà del socio di autodeterminazione nel voto, G. SEMINO, Il problema della validità dei sindacati di voto, op. cit., p. 75. Precedenti conformi in giurisprudenza, Cass., 20 settembre 1995, n. 9975, cit.; Cass., 23 novembre 2001, n. 14865, cit..

[11] Per un esame degli obblighi di fare, non fare e contrarre vedasi, F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, op. cit., p. 651 ss..

[12] Sul tema, G. SEMINO, Il problema della validità dei sindacati di voto, op. cit., p. 165 ss.; R. TORINO, I contratti parasociali, op. cit., p. 363 ss..

[13] Sui problemi sollevati in dottrina circa le difficoltà operative di una esecuzione in forma specifica del sindacato di voto, G. COTTINO, Le convenzioni di voto nelle società commerciali, Milano, 1958, p. 263 ss.; G. SEMINO, Il problema della validità dei sindacati di voto, op. cit., p. 163 ss..

[14] Per una succinta esemplificazione, AA.VV., Assemblea, op. cit., p. 560.

[15] Tuttavia il socio potrebbe sempre comparire personalmente in assemblea ed esercitare il suo voto.

[16] Sul punto, AA.VV., Assemblea, op. cit., p. 562 ss.; G. COTTINO, Le convenzioni di voto nelle società commerciali, op. cit., p. 269 ss..

[17] Cfr. nt. 16.

[18] Cfr. nt. 16.

[19] Sul tema, G. SEMINO, Il problema della validità dei sindacati di voto, op. cit., p.170.

[20] Sull’adempimento in forma specifica degli obblighi derivanti dagli accordi, vedasi G. SEMINO, I patti parasociali hanno assunto efficacia reale?, Patti parasociali, op. cit.. L’A. fornisce un primo commento a Trib. Genova, ord. 8 luglio 2004, confermata in sede di reclamo da Trib. Genova, ord. 6 agosto 2004 (inedita). Altresì, Trib. Milano, 20 gennaio 2009, in Società, 2009, p. 1129 ss..

[21] In tal senso, G. A. RESCIO, M. SPERANZIN, Art. 2341 bis, op. cit., pp. 729 e 732.

[22] Cfr. nt. 21.

[23] Sul tema, AA.VV., Assemblea, op. cit., p. 449 ss..

[24] Cfr. nt. 22.

[25] Sulle impressione raccolte in dottrina circa gli effetti della nuova norma, F. DI GIROLAMO, Art. 2377, Delle società – dell’azienda – della concorrenza, artt. 2247 – 2378, in D. U. SANTUOSSO (a cura di), E. Gabrielli (dir. da), Commentario del codice civile, Torino, 2015, p. 1692 ss..

[26] Benché estranee all’argomento di ricerca, per un approfondimento sul regime (inverso) della nullità e dell’annullabilità delle delibere assembleari nelle società per azioni, F. GALGANO, Le società, op. cit., p. 285 ss..

[27] Sul punto, Ivi, p. 292.

[28] Per un approfondimento (già ante riforma) sugli strumenti contrattuali (accessori) di tutela dell’adempimento dei sindacati di voto si veda, R. TORINO, I contratti parasociali, op. cit., p. 316 ss..

 

Riferimenti bibliografici:

 

Commentari:

F. GALGANO, P. ZANELLI, G. SBISÀ, Società per azioni, art. 2325 – 2341 ter, in Scialoja – Branca (a cura di), Commentario al codice civile, Tomo I, Bologna, 2006.

G. A. RESCIO, M. SPERANZIN, Art. 2341 bis, Delle società – dell’azienda – della concorrenza, artt. 2247 – 2378, in D. U. SANTUOSSO (a cura di), E. Gabrielli (dir. da), Commentario del codice civile, Torino, 2015.

F. DI GIROLAMO, Art. 2377, Delle società – dell’azienda – della concorrenza, artt. 2247 – 2378, in D. U. SANTUOSSO (a cura di), E. Gabrielli (dir. da), Commentario del codice civile, Torino, 2015.

 

Opere collettanee:

AA.VV., Assemblea, in G. E. Colombo e G. B. Portale (dir. da), Trattato delle società per azioni, Tomo I, Torino, 1994.

 

Articoli, Monografie, Saggi:

E. ADDUCCI, I patti parasociali, Disciplina, giurisprudenza e clausole, L. Viola (dir. da), Matelica, 2007.

R. COSTI, I patti parasociali e il collegamento negoziale, in Giurisprudenza commerciale, Milano, 2004.

G. COTTINO, Le convenzioni di voto nelle società commerciali, Milano, 1958.

F. GALGANO, Le società, in Diritto commerciale, Bologna, 2006.

F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2011.

A. PAVONE LA ROSA, I patti parasociali nella nuova disciplina delle società per azioni, in Giurisprudenza commerciale, Milano, 2004.

V. SALAFIA, Le Società, in Rassegna di giurisprudenza 2004, Milano, 2005.

G. SEMINO, Il problema della validità dei sindacati di voto, in Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2003.

G. SEMINO, I patti parasociali hanno assunto efficacia reale?, Patti parasociali, in Giurisprudenza, Società di capitali, in Società, 2004.

R. TORINO, I contratti parasociali, Milano, 2000

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