A cura di M. Monnanni e V. Piazza (partecipanti in area Legale)

Introduzione

La prima metà del XX secolo ha fatto registrare i momenti più tragici dell’umanità. I due conflitti mondiali che si sono succeduti nell’arco di soli trent’anni, infatti, hanno fortemente posto in discussione il valore della pace quale elemento umano fondamentale ed universale, in quanto presupposto imprescindibile per lo svolgimento di un’esistenza dignitosa.

A seguito di queste immense tragedie, di conseguenza, si sono moltiplicate le iniziative internazionali mirate a conciliare i diversi interessi che comprendono il diritto all’autodifesa degli Stati, l’importanza economica del commercio nonché le ricadute positive per il settore civile derivanti dalle conoscenze acquisite tramite la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie.

Tra la necessità di salvaguardare il mantenimento della pace e l’esigenza di promuovere la crescita dei mercati, si è inserita la disciplina relativa ad una peculiare categoria di prodotti commerciali, denominati beni dual use. Tali elementi, in particolare, sono progettati per essere funzionali agli interessi civili ma, in talune circostanze, il loro utilizzo può essere rivolto anche al perseguimento di fini non convenzionali come, ad esempio, la realizzazione di armamenti, lo sviluppo di programmi nucleari di tipo bellico o, ancora, la produzione di armi di distruzione di massa.

I controlli che coinvolgono le transazioni internazionali di questa categoria di merci riguardano, soprattutto, le verifiche e le analisi degli aspetti oggettivi della transazione, cioè delle caratteristiche intrinseche del bene e delle sue potenziali declinazioni,degli aspetti soggettivi del destinatario, cioè delle qualità del finaluser e dei soggetti intermediari che partecipano alla commercializzazione del bene, degli aspetti geografici dell’area di approdo, cioè delle idoneità geopolitiche coinvolte nel transito e nell’arrivo del prodotto, e degli aspetti legati alla finalità del bene, cioè del suo effettivo utilizzo pratico.

Da come si evince da questa rapida premessa, la puntuale regolamentazione circa l’esportazione di questa tipologia di materiali è fondamentale sia per stabilizzare le relazioni politico – economiche di livello globale, sia per fornire alle numerose imprese coinvolte, gli strumenti ed i mezzi necessari per non compromettere la loro reputazione internazionale. La conoscenza ed il rispetto di determinate normative, unitamente alla realizzazione di una specifica organizzazione dell’attività d’impresa, infatti, permette di facilitare le transazioni commerciali e consente alle aziende coinvolte nell’export di evitare sanzioni in grado di compromettere la loro stessa sopravvivenza.

Le autorizzazioni comunitarie al commercio dei beni dual use

Il regime di controllo sui beni dual use non rientra solo all’interno della sfera giuridica di chi ha il compito di garantire la sicurezza nazionale ed internazionale. Trattandosi di prodotti destinati ai mercati di tutto il globo, infatti, a livello europeo tale gestione è ricompresa nell’ambito della politica commerciale comune che, sulla base di quanto previsto dall’articolo 133 del Trattato CE, è fondata su principi affini a tutti gli Stati membri e dispone, fra gli altri, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione e la definizione di una politica di esportazione unitaria.

Attualmente, il controllo sulle esportazioni, sul trasferimento, sull’intermediazione e sul transito dei beni dual use è garantito dal Regolamento del Consiglio Europeo n. 428 del 5 maggio 2009. L’articolo 2, in particolare, definisce «i prodotti a duplice uso» come «i prodotti, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare». Si tratta di una definizione molto ampia che al di fuori degli armamenti, per i quali il legislatore europeo demanda ai singoli Stati membri la disciplina in materia di controllo delle esportazioni (articolo 296 del Trattato CE), ricomprende «tutti i beni che possono avere sia un utilizzo non esplosivo, sia un qualche impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari». Tale dimensione è peraltro ribadita dalla stessa struttura della norma che, ad una prima parte dedicata alle definizioni e alla disciplina, fa seguire una serie di allegati tecnici all’interno dei quali sono inserite le tipologie di merci e servizi “duali”, distinti per categorie.

Il Regolamento n. 428/2009 subordina l’esportazione dei beni dual use ad alcuni meccanismi autorizzatori e, a determinate condizioni, estende l’applicazione dei precetti ivi indicati anche ai prodotti duali non espressamente specificati all’interno degli allegati. I procedimenti disposti dalla norma si dividono in due grandi macrocategorie riferite, rispettivamente, alle autorizzazioni rilasciate dall’Unione Europea e alle autorizzazioni emanate dai singoli Stati membri.

Riguardo ai provvedimenti rilasciati in sede comunitaria, essi hanno carattere generale, concernono le esportazioni verso determinati Paesi di destinazione, sono concessi a tutti gli esportatori che ne rispettino le condizioni ed incontrano limiti applicativi solo nei casi in cui l’esportatore sia a conoscenza del fatto che i beni sono destinati a scopi non convenzionali, nei casi in cui le merci siano esportate verso una zona od un deposito franco e, infine, nei casi in cui le autorità competenti del singolo Stato membro ritengono di negare le autorizzazioni a taluni e specifici esportatori.

Le autorizzazioni emanate dai singoli Stati membri hanno, invece, carattere supplementare rispetto ai precetti comunitari e sono ricondotte a tre differenti tipologie di modelli, ognuno dei quali si caratterizza per una specifica efficacia vincolante.

Le autorizzazioni generali nazionali sono rilasciate secondo regole definite dalla legislazione o dalla prassi dei singoli Stati membri. Questi provvedimenti sono emanati da apposite autorità competenti che valutano l’affidabilità dei Paesi destinatari non solo sulla base del “grado di conformità”, rispetto agli obiettivi di non proliferazione degli armamenti, ma anche per la loro capacità di controllo, affinché i prodotti possano essere consapevolmente distribuiti nei loro territori.

Ad integrazione della fisionomia del meccanismo autorizzativo nazionale, il Regolamento n. 428/2009 disciplina poi sia l’autorizzazione globale di esportazione, rilasciata ad un singolo esportatore per tipi o categorie di beni dual use e per uno o più Paesi di destinazione, sia l’autorizzazione di esportazione specifica, rilasciata ad un singolo operatore per tipi o categorie di beni dual use ma destinata ad un solo e specifico utilizzatore finale.

Per quanto attiene ai prodotti “civili” suscettibili di finalità non convenzionali e non ricompresi negli allegati del Regolamento n. 428/2009, infine, la norma attribuisce ai singoli Stati membri i poteri di subordinarne l’esportazione al rilascio di apposita autorizzazione e, in alcuni casi, di vietarne la commercializzazione con determinati Paesi terzi.

Nel primo caso si parla di clausola catch all in riferimento a tutte quelle situazioni in cui l’esportatore sia informato dalle locali autorità competenti che i prodotti in questione possono essere destinati, in tutto o in parte, ad una utilizzazione collegata allo sviluppo di programmi per la produzione e la gestione di armi chimiche, biologiche o nucleari. Nel secondo caso, invece, si parla di clausola di salvaguardia con riguardo a tutte quelle situazioni dove, in pieno accordo con l’orientamento dettato dalla Corte di Giustizia europea (17 ottobre 1995, causa C-70/94), la commercializzazione dei beni dual use non ricompresi negli allegati è in grado di compromettere tanto la sicurezza quanto il rispetto dei diritti dell’uomo.

La compliance aziendale in materia di beni dual use

Per un’azienda che si occupi di commerci legati ai beni dual use è di vitale importanza organizzarsi al fine di assicurare un costante aggiornamento dei propri sistemi di export control. Errori in quest’area, infatti, avrebbero quali probabili conseguenze l’irrogazione di sanzioni pecuniarie, il sequestro dei beni,la revoca delle licenze o la reclusione per i soggetti ritenuti responsabili.

Nell’ambito delle complesse attività di controllo e di autotutela, quindi, è sempre più frequente il ricorso ai presidi specializzati nella prevenzione dei rischi, ossia alle strutture dedicate all’elaborazione, all’adeguamento e alla gestione di quegli strumenti aziendali mirati ad evitare o a ridurre il pericolo di responsabilità per l’inosservanza delle normative o dei provvedimenti.

Ogni management che segua la due diligence del settore, per questo, tende ad implementare tramite uffici adeguatamente preposti, le azioni che concernono l’acquisizione di informazioni relative ai potenziali rischi. Fondamentale, al riguardo, risulta affidare le mansioni connesse all’attività di export control a personale che sia in grado di garantire ed applicare gli standard richiesti per il ruolo. Un’ulteriore necessità che si rivela preziosa per la causa è, inoltre, la realizzazione di un elevato grado di coordinamento tra le varie unità interne all’azienda: per intenderci, ad esempio, è auspicabile che il team di vendita non inoltri offerta al cliente qualora il responsabile dell’export control non abbia ancora concluso le procedure autorizzative.

Per snellire l’attività di verifica,invece, alcune compagnie scelgono di dotarsi di sistemi di Electronic Data Processing (EDP) support, cioè di programmi atti a compiere analisi automatiche su moli anche molto consistenti di dati, segnalando eventuali positività al ricorrere di più parametri sensibili. Frequente è poi l’emanazione, specialmente nei gruppi operanti a livello globale e su diversi settori, di vere e proprie direttive al fine di regolare le aeree maggiormente rilevanti del processo di esportazione di beni dual use.  L’obiettivo, in questo caso, è creare un sistema di tradecompliance in base al quale le società che operativamente svolgono l’attività di import/export, possano adottare specifiche procedure unificate nei campi del monitoraggio, della segnalazione delle criticità e della formazione del personale.

In considerazione di quanto analizzato, è facile comprendere come le best practices in campo di esportazioni dei beni dual use abbiano ricadute positive anche sulla reputazione internazionale delle aziende dato che, in caso di comportamenti non in linea con le normative del settore,esse rischierebbero altrimenti non solo di dover abbandonare importanti quote di mercato ma anche di dover assumere importanti responsabilità sotto i profili economico e sanzionatorio. In base a queste considerazioni, per di più, è utile osservare come la procedura per l’adozione delle direttive aziendali trovi sempre maggiore collocazione all’interno dei codici etici delle imprese, così da sottolineare la piena adesione ai valori positivi da parte della società e, contestualmente, stimolare i suoi dipendenti ai comportamenti più virtuosi.

A seguito di questa rapida esposizione, possiamo concludere affermando che i brevi cenni riportati in merito alle criticità relative all’esportazione dei beni dual use, alle normative internazionali che li governano, alle concrete procedure autorizzative correlate, nonché alla compliance aziendale, non hanno certo pretesa di esaustività. Tali elementi, anzi,devono essere presi come spunto per sottolineare quanto la materia in oggetto sia in continuo divenire, proprio perché strettamente connessa alla nascita ed allo sviluppo stesso di una svariata gamma di prodotti, tutti connessi alle implementazioni scientifiche e all’evolversi delle tecnologie.

Una corretta proliferazione giuridica su un tema che è destinato ad assumere sempre più un ruolo centrale nelle dinamiche commerciali di larga scala e di espansione globale, dunque, non può prescindere dalla “fluidità” della materia e dal suo necessario e costante aggiornamento.

Riferimenti Bibliografici: 

  • AA.VV.,Il controllo delle esportazioni dei prodotti a duplice uso tra normativa dell’Unione Europea, legislazione interna e recenti restrizioni internazionali, in «www.decapoa.com», 2010.
  • AA.VV.,Prodotti “dual use”, informazioni in merito ai provvedimenti adottati dagli Stati membri, in «www.csnd.it», 23 settembre 2012.
  • CASTELLANI L., Prefazione, in G. Cattani – P.M. Paolucci (a cura dì), L’esportazione di beni dual use (manuale teorico – pratico), Maggioli, Rimini, 2015.
  • CAPPELLINI M., Export, il nodo dei beni «dual use», in «Il Sole24Ore», 27 giugno 2016.
  • CATTANI G. – PAOLUCCI P.M., L’esportazione di beni dual use (manuale teorico – pratico), Maggioli, Rimini, 2015.
  • PIETROBON A., I mercati delle armi in Europa. Una sfida al diritto dell’Unione, Cedam, Padova, 2009.

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