A cura di F. Boccucci e R. Roberti (partecipanti in area Legale)

Il contratto di compravendita delle merci è da sempre il più diffuso nell’ambito del commercio internazionale.

Negli anni ‘60, con l’aumento esponenziale delle transazioni commerciali, la Commissione delle Nazioni Unite per il Diritto Commerciale Internazionale sentiva sempre di più l’esigenza di creare una disciplina di diritto comune che sopperisse al problema delle numerose differenze che intercorrono tra le diverse legislazioni nazionali.  Dopo il primo lavoro che sfociò nelle due Convenzioni dell’Aja del 1964[1], nel 1980 a Vienna numerosi stati[2], tra cui l’Italia[3], adottarono la “Convenzione delle Nazioni Unite sui Contratti di Vendita Internazionale di merci”.[4]

In base all’art. 1 della Convenzione, la disciplina “si applica ai contratti di vendita delle merci fra parti aventi la loro sede di affari in Stati diversi: a) quando questi Stati sono Stati contraenti; o b) quando le norme di diritto internazionale privato rimandano all’applicazione della legge di uno Stato contraente’’.

Inoltre, la Convenzione troverà applicazione nel caso di espressa pattuizione delle parti.

La normativa di diritto comune, presente nella Convenzione, non disciplina ogni aspetto inerente al contratto di compravendita, rinviando così per tutto ciò che non è ivi previsto alla legge applicabile in base al diritto internazionale privato. Per ciò che concerne il caso in cui la legge applicabile sia quella italiana, si sono posti numerosi problemi interpretativi sulla compatibilità tra diversi istituti giuridici nazionali e la Convenzione stessa.

Tra le questioni più rilevanti, abbiamo scelto di focalizzare la nostra attenzionesulla compatibilità o meno dell’art. 1341 c.2 c.c.[5], che richiede il requisito della doppia sottoscrizione ai fini dell’efficacia delle clausole vessatorie, rispetto all’ art. 11[6] della Convenzione di Vienna che, al contrario, non richiede alcuna condizione formale ai fini della conclusione del contratto. Su tale questione, la dottrina si è divisa in due orientamenti: il primo, nettamente maggioritario, a favore dell’inapplicabilità dell’art. 1341 c.2, c.c. il secondo, minoritario, che propugna la tesi contraria.

 

TESI DELL’INAPPLICABILITA’ DELL’ART. 1341 C.2. C.C NELL’AMBITO DELLA CONVENZIONE DI VIENNA

All’interno dell’orientamento prevalente, sussistono opinioni contrastanti riguardo alle motivazioni di partenza e alla possibilità di introdurre delle soluzioni che riducano comunque lo squilibrio tra le parti. Infatti, sussiste il rischio che l’aderente non sia in grado di valutare con attenzione clausole a lui sfavorevoli, e precisamente quelle tassativamente elencate dall’art. 1341 c.2 c.c.

La parte più estrema di tale orientamento, rappresentata da Ferrari[7],parte dal dato meramente letterale della Convenzione di Vienna e dell’assunto che la norma di cui all’art.1341 c.2 c.c. affronti la questione dell’efficacia della clausola da un punto di vista squisitamente formale e non sostanziale. Si afferma, infatti, che nella Convenzione non esista alcuna norma che disciplini le clausole vessatorie e, nello specifico, deroghi all’art. 11. Tuttavia, l’autore contempla la possibilità, in base all’art. 6[8] della Convenzione, che il contratto possa prevedere l’accettazione scritta delle condizioni generali (vessatorie o meno) stabilite dal predisponente, derogando, quindi, il citato art. 11.  Ma tale possibilità non comporta automatica applicazione dell’art. 1341 c. 2 c.c., e pertanto anche in questo caso saranno efficaci le clausole vessatorie non specificatamente approvate per iscritto.

Partendo dal medesimo presupposto (che la questione in oggetto attiene al problema della forma) Frigo[9] propone invece una soluzione più garantista nei confronti dell’aderente. L’art. 1341 c.2 c.c.  pone un requisito formale che dimostri il consenso ponderato e consapevole dell’aderente in ordine alla clausola vessatoria, richiedendo quindi per la sua efficacia la sua effettiva conoscenza, e non la mera conoscibilità a differenza del primo comma dello stesso articolo. L’art. 11 della Convenzione, che riguarda solamente il principio della libertà di forma del contratto, seppure esclude l’applicazione del requisito formale di cui all’art. 1341 c.2 c.c., tuttavia non deroga affatto al requisito dell’effettiva conoscenza della clausola vessatoria da parte dell’aderente così come implicitamente richiesto dalla norma italiana, né all’interno della Convenzione stessa esiste alcuna deroga a riguardo. Dunque, in caso di applicazione della legge italiana, ai fini dell’efficacia della clausola vessatoria priva della doppia sottoscrizione, dovrà essere comunque dimostrata l’effettiva conoscenza di tale clausola da parte dell’aderente, non essendo sufficiente il requisito della conoscibilità così come previsto dal prima comma dell’art. 1341 c.c.

Precursore delle tesi a sostegno sull’inapplicabilità della normativa nazionale troviamo M.J. Bonell[10], il quale ritiene che in mancanza della predisposizione unilaterale da parte di uno dei contraenti, considerato elemento caratterizzante delle clausole vessatorie, l’art. 1341 c. 2 c.c. non debba essere necessariamente applicato. Secondo l’autore nella compravendita internazionale le condizioni generali di contratto vengono generalmente predisposte da organizzazioni internazionali, terzi alle parti nella contrattazione, e pertanto in questo caso, la specifica approvazione delle singole clausole non sarebbe necessaria poiché determinate da una istanza estranea alla volontà di entrambe le parti.  

A livello nazionale la Suprema Corte[11] ha recepito l’orientamento favorevole alla deroga del disposto ex art. 1341 c.c., 2 comma sostenendo che l’art.11 della Convenzione di Vienna sancisce il c.d. principio della libertà di forma e pertanto le parti possono scegliere liberamente la forma negoziale per regolare i propri rapporti escludendo, se nel caso, la garanzia per vizi della cosa senza l’osservanza di alcuna formalità. Di conseguenza un contratto di compravendita internazionale non necessita di essere concluso o provato per iscritto e non è sottoposto ad alcun altro requisito di forma. Altresì, lo stesso può essere provato, come disciplina la Convenzione, per testimonianza o con ogni altro mezzo a disposizione delle parti contraenti.

LA TESI FAVOREVOLE ALL’APPLICABILITA’ DELL’ART. 1341 C.2. C.C.

Si pone in prospettiva[12] contraria, rispetto a quelle sinora esposte, la teoria di Pischedda che considera l’approvazione specifica di cui all’art 1341, 2 c. non elemento formale del contratto ma requisito di sostanza che incide sulla validità[13] del contratto e verrebbe disciplinata dal disposto dell’art 4 della Convenzione[14]. Conseguentemente l’applicazione dell’art. 11 della Convenzione non può superare la normativa codicistica nazionale[15].

Giunto alla medesima conclusione Bessone[16], il quale considera il principio della doppia sottoscrizione delle clausole vessatorie quale norma imperativa di ordine pubblico economico[17] ed in virtù di tale carattere non può essere derogata da una norma internazionale.

UNA NOSTRA PROPOSTA A SOSTEGNO DELLA TESI FAVOREVOLE ALLA NECESSITA’ DELLA DOPPIA SOTTOSCRIZIONE, PARTENDO DALLA RATIO DELL’ART. 1341 C.2. C.C. E DELL’ART. 11 DELLA CONVENZIONE DI VIENNA

Dopo un’attenta riflessione, a nostro avviso può aprirsi un’altra via per dimostrare la perfetta compatibilità tra l’art. 1341 c.2. c.c. e l’art. 11 della Convenzione.

Si noti, innanzitutto, che anche all’interno dell’ordinamento italiano sussiste la libertà da parte del predisponente-venditore di stabilire qualsivoglia forma per il contratto di compravendita di merci, in quanto non esiste alcuna norma che preveda dei vincoli a riguardo; libertà che non è affatto incompatibile con il requisito della doppia sottoscrizione ai fini dell’efficacia delle clausole vessatorie. Infatti, la ratio dell’art. 1341 c.2. c.c., come si è sopra accennato, è suscitare attenzione e riflessione nell’aderente su clausole favorevoli solamente al predisponente, per ottenere, quindi, un maggior riequilibrio tra le parti, a prescindere dalla forma del contratto. Dunque, al di fuori dell’ambito della Convenzione di Vienna e nel caso in cui la legge applicabile sia quella italiana, l’art. 1341 c.2 c.c. trova pacificamente applicazione nei contratti per adesione non scritti. A fortiori, un’attenta dottrina afferma che la norma de qua “finisce per funzionare soltanto nei casi in cui il contratto è verbale”.[18]  

Analogamente, si può affermare che la norma di cui all’art. 1341 c.2 c.c. non è affatto incompatibile con il principio di libertà di forme espresso dall’art. 11 della Convenzione di Vienna. Il requisito della doppia sottoscrizione come condizione di efficacia delle clausole vessatorie ritroverà quindi la sua piena funzione anche nel caso di contratto internazionale di compravendita di merci predisposto dal venditore e che ricade nell’ambito dell’art. 1 della Convenzione.

 

CONCLUSIONI: UN PROBLEMA ANCORA APERTO - PROPOSTA DI INTRODUZIONE DI UNA NORMATIVA UNIFORME RIGUARDO LE CLAUSOLE VESSATORIE, ALLA LUCE DEL PRINCIPIO GENERALE DELLA BUONA FEDE CONTRATTUALE

Certamente il problema rimane a tutt’oggi aperto. L’operatore del diritto, nel momento in cui deve dare la propria assistenza al venditore-predisponente che si trovi nelle fattispecie sopra delineate, dovrebbe porre particolare attenzione agli elementi di vessatorietà del contratto onde evitare possibili declaratorie di nullità di tali clausole, che potrebbero ribaltare l’orientamento prevalente già esposto.

In ogni caso, si noti che il predisponente deve comunque avere ogni cautela a riguardo alla luce del principio della buona fede contrattuale di cui all’art. 7 della Convenzione,[19] del quale la libertà di forme di cui all’art. 11 non può affatto costituire un’eccezione.

Per eliminare ogni dubbio, è dunque auspicabile che in futuro la Commissione delle Nazioni Unite per il Diritto Commerciale Internazionale introduca una soluzione normativa uniformeche tuteli maggiormente l’aderente nei contratti standardizzati internazionali.

 

[1] “Convenzione sulla legge uniforme sulla vendita internazionale” e “Convenzione sulla formazione dei contratti di vendita internazionale”.

[2] L’elenco degli Stati si trova su http://www.uncitral.org/uncitral/en/uncitral_texts/sale_goods/1980CISG_status.html. Al 29 dicembre 2017 gli Stati membri sono 89.

[3] Ratifica con l. n. 765 dell’11 dicembre 1985.

[4] Art. 3 Convenzione di Vienna: “1. Sono considerate vendite i contratti di fornitura di merci da fabbricare o produrre, a meno che la parte che ordina queste ultime non debba fornire una parte essenziale del materiale necessario a tale fabbricazione o produzione. 2. La presente Convenzione non si applica ai contratti in cui la parte preponderante dell’obbligo della parte che fornisce le merci consiste in una fornitura di mano d’opera o altri servizi’’

[5] Art. 1341 c.c.: «1. Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza. 2. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità`, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria»

[6] Art. 11 Convenzione di Vienna: ‘‘il contratto di vendita non deve essere concluso né constatato per iscritto né sottoposto ad alcun’altra condizione formale. Può essere provato con qualsiasi mezzo, ivi compresi i testimoni’’

[7] FRIGO M. «L’efficacia delle condizioni generali di contratto alla luce delle Convenzioni di Roma e di Vienna del 1980» in «Diritto del Commercio Internazionale»

[8] Art. 6 Convenzione di Vienna “Le parti possono escludere l'applicazione della presente Convenzione o, con riserva delle disposizioni dell'art. 12, derogare a una qualsiasi delle sue disposizioni o modificarne gli effetti.”

[9] FERRARIF. ‘‘Condizioni generali di contratto nei contratti di vendita internazionale di beni mobili’’ in “Obbligazioni e Contratti” 2007.

[10] BONELL M.J. Le regole oggettive del commercio internazionale: clausole tipiche e condizioni generali, Milano, 1976. La tesi di M.J. Bonell nasce facendo riferimento alle clausole vessatorie sotto la vigenza della convenzione dell'Aja, dunque prima della entrata in vigore della Convenzione di Vienna, ma anch’essa in merito a tale tematica non conteneva nessuno specifico riferimento alle clausole vessatorie ed alla loro disciplina.

[11] Cass. civ. sez. trib. sent.16 maggio 2007 n. 11226

[12] PISCHEDDA P. ‘‘L’evoluzione dell’assicurazione del credito export’’ IPSOA, 2007 BORTOLOTTI F. «Diritto dei contratti internazionali’’ Padova 1997.

[13] La soluzione di approvazione specifica di cui all’1341 c.c.  come requisito di validità contrasta con l’orientamento consolidato della giurisprudenza che ravvisa nell’approvazione specifica un requisito di forma.

[14] Art 4 Convenzione di Vienna “La presente Convenzione disciplina esclusivamente la formazione del contratto di vendita ed i diritti e gli obblighi del venditore e del compratore derivanti da tale contratto. In particolare, salvo espressa disposizione contraria contenuta nella presente convenzione, essa non riguarda: a.  la validità del contratto, delle sue singole clausole o degli usi; b. gli effetti che il contratto può avere sulla proprietà delle merci vendute.”

[15] I diversi orientamenti dottrinali sulla possibilità di applicare l’art. 4 alle norme imperative del diritto interno concernenti aspetti regolati dalla convenzione e quindi anche in relazione alla forma permettono di considerare, secondo l’autore, applicabile l’art. 1341 c.c. anche ai contratti di compravendita internazionale.

[16] M. BESSONE, ‘‘Tutela del contraente debole e ordine pubblico economico- Il caso degli standards negoziali di impresa’’, in Giur. Merito, 1986

[17] Bessone propone, per orientare l’ordine pubblico economico al di là del testo codicistico, di usare l’espressione ordine pubblico “economico” come sintesi per indicare obiettivi di “direzione” e “protezione” degli interessi generali da attribuire alla moderna legislazione nel settore dell’economia.

[18] SACCO R. – DE NOVA G., “Il contratto” in “Trattato di Diritto Privato diretto da Pietro Rescigno”, vol. 10, 2008.Esempio classico proposto dall’autore è il contratto di parcheggio, contratto che non richiede la forma scritta ma che ai fini dell’efficacia di esonero della responsabilità del gestore, tale clausola dovrà essere sottoscritta secondo le forme dell’art. 1341 c.2 c.c., non essendo sufficiente in tal senso l’affissione di un cartello di avviso all’interno del parcheggio.

[19] Art. 7 Convenzione Di Vienna. “1. Ai fini dell'interpretazione della presente Convenzione, sarà tenuto conto del suo carattere internazionale e della necessità di promuovere l'uniformità della sua applicazione, nonché di assicurare il rispetto della buona fede nel commercio internazionale. 2. Le questioni riguardanti le materie disciplinate dalla presente Convenzione e che non sono da questa espressamente risolte, saranno regolate secondo i princìpi generali a cui si ispira, o, in mancanza di tali princìpi, in conformità alla legge applicabile secondo le norme del diritto internazionale privato.”

 

Bibliografia e Sitografia  

  • SACCO – DE NOVA G., IL CONTRATTO in Trattato di Diritto Privato diretto da Pietro Rescigno, vol. 10, 2008.

  • BELLARINO - MANUALE BREVE DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO, aggiornamento sulla nuova adozione internazionale e sui regolamenti comunitari relativi alla procedura civile internazionale , ed. Cedam 2002.

  • BESSONE - TUTELA DEL CONTRAENTE DEBOLE E ORDINE PUBBLICO ECONOMICO- Il caso degli standards negoziali di impresa’’, in Giur. Merito, 1986

  • BORTOLOTTI – MANUALE DI DIRITTO COMMERCIALE INTERNAZIONALE  Diritto dei contratti internazionali, volume primo, ed. Cedam 1997

  • FRIGO - L’EFFICACIA DELLE CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO ALLA LUCE DELLE CONVENZIONI DI ROMA E DI VIENNA DEL 1980 in Diritto del Commercio Internazionale, 1993

  • FERRARI - CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO NEI CONTRATTI DI VENDITA INTERNAZIONALE DI BENI MOBILI  in Obbligazioni e Contratti 2007

  • PISCHEDDA - L’EVOLUZIONE DELL’ASSICURAZIONE DEL CREDITO EXPORT ed. IPSOA, 2007

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  • https://avvocatomatteobertocchi.it/clausole-vessatorie-nei-contratti-internazionali

  • http://www.uncitral.org/uncitral/en/uncitral_texts/sale_goods/1980CISG_status.html

  • http://www.camera-arbitrale.it/Documenti/convenzione_vienna_1980.pdf

  • http://www.altalex.com/documents/news/2007/04/04/il-problema-della-legge-applicabile-al-contratto-internazionale

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Estratto da: Avv. Andrea Gattamorta, Studio Legale LGA – www.lgalegal.com  - LE CONDIZIONI GENERALI DI VENDITA NEI CONTRATTI INTERNAZIONALI, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura Pisa, 23 aprile 2012

Estratto da: Fabio Bortolotti , Come negoziare e redigere i contratti internazionali (parte prima) I Contratti n. 6/2001  in Argomenti - I contratti internazionali.

Estratto da: Fabio Bortolotti , Come negoziare e redigere i contratti internazionali (parte seconda) I Contratti n. 7/2001  in Argomenti - I contratti internazionali.

Estratto dalla banca dati - Pluris Cass. civ. sez. trib. sent.16 maggio 2007 n. 11226

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