Contratti internazionali e legge applicabile
A cura di G. Cherubini, Junior Associate EXP Legal
Uno dei problemi principali, in fase di negoziazione e redazione di un contratto internazionale, concerne la scelta della legge applicabile.
Nella prassi, possono essere seguiti due diversi approcci.
L’approccio tradizionale è quello che parte dall’assunto che la legge applicabile debba essere necessariamente quella di un ordinamento giuridico nazionale. In relazione a ciò, le parti possono scegliere la legge di un determinato Stato, anche privo di un collegamento diretto con le parti stesse, oppure non optare per alcuna scelta relativamente alla legge applicabile. In quest’ultimo caso, in mancanza di una indicazione espressa delle parti, per stabilire la legge applicabile si dovrà necessariamente fare riferimento alle norme di diritto internazionale privato.
Nel caso in cui le eventuali controversie vengano devolute al giudizio arbitrale, si sta sviluppando un approccio alternativo che consiste nell’individuare come legge applicabile al contratto la lex mercatoria, che risulta essere più adatta degli ordinamenti giuridici nazionali a disciplinare i rapporti internazionali. Il ricorso alla lex mercatoria[1] rimane, però, al momento, un’eccezione, risultando ancora prevalente il primo approccio descritto, quello tradizionale.
Quanto esposto è confermato sia dalla giurisprudenza dei giudici nazionali chiamati a decidere questioni relative a contratti internazionali, sia dalle decisioni degli arbitri internazionali. Anche i secondi, infatti, nonostante il loro atteggiamento più favorevole nei confronti di norme non derivanti dagli ordinamenti nazionali, basano prevalentemente[2] le loro decisioni sulle norme dei diritti nazionali.
E questo avviene anche nel caso in cui le parti non abbiano espressamente scelto la legge applicabile, salvo nei casi in cui sia chiara la volontà delle parti di sottrarsi ad ordinamenti giuridici nazionali o quelli in cui le parti si accordino per il ricorso a norme a-nazionali, come i principi Unidroit, nel corso di un procedimento arbitrale.
Nonostante quanto affermato relativamente all’eccezionalità del ricorso alla lex mercatoria, va comunque evidenziato l’incremento dei casi in cui tale soluzione viene scelta dalle parti, sottolineando che questo strumento alternativo, in alcuni casi, può risultare ben più appropriato delle norme di origine nazionale per la regolamentazione dei contratti internazionali.
Scelta tacita o implicita
La scelta riguardante la legge applicabile può essere effettuata espressamente dalle parti attraverso una specifica clausola contrattuale, ma può anche risultare dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso di specie, che rendano evidente la volontà delle parti di applicare al contratto una legge determinata.
È importante sottolineare che tale principio va interpretato ed applicato in maniera rigorosa, per evitare che “la possibilità di una scelta tacita diventi uno strumento per attribuire alle parti scelte che non hanno affatto inteso compiere”.[3]
Il pericolo si corre soprattutto nei casi in cui le parti abbiano indicato il foro competente senza fare menzione della legge applicabile.Questa criticata impostazione che collega automaticamente foro competente e legge applicabile porterebbe a ritenere che le parti, scegliendo il foro competente in un determinato Stato, abbiano inteso implicitamente designare la legge di quello Stato come legge applicabile.
Tale impostazione merita di essere contrastata perché rischia di privare le norme riguardanti la determinazione della legge applicabile della loro funzione. Una scelta tacita della legge applicabile può ravvisarsi nell’ipotesi, anch’essa da affrontare con la massima cautela, in cui il contratto sia stato redatto in conformità alle norme giuridiche di un determinato ordinamento statale, citandole espressamente.
Ulteriore ipotesi di scelta tacita della legge applicabile risulta essere quella legata alla formulazione, nel corso di un procedimento giudiziario, di argomentazioni basate su un determinato diritto statale, in assenza di una specifica disposizione contrattuale che effettui la relativa scelta ovvero, addirittura, in presenza di una clausola contrattuale che affermi la sottoposizione del contratto alla legge di un diverso Stato[4].
Pare opportuno sottolineare che la scelta tacita può avere anche carattere negativo, quando può desumersi dal quadro complessivo del rapporto contrattuale che le parti abbiano inteso escludere l’applicazione di determinate leggi nazionali.
La mancata indicazione della legge applicabile non deve, però, far automaticamente ritenere la presenza di una siffatta volontà delle parti: le motivazioni che possono averle condotte ad omettere tale scelta sono le più diverse, dalla mancata considerazione del problema alla volontà di rimettere la questione alle norme di diritto internazionale privato. Per far desumere che la volontà delle parti sia destinata espressamente ad escludere l’applicazione di determinate leggi nazionali sono necessari elementi ulteriori, da ravvisare caso per caso in relazione ai negoziati tra le parti ed al contesto generale dei rapporti tra di esse.
La legge applicabile in mancanza di scelta
Pur essendo fortemente consigliato alle parti di inserire nel contratto una clausola espressa che identifichi la legge applicabile, spesso, nella pratica, accade che il contratto non stabilisca nulla in merito.
Ciò può verificarsi sia perché le parti non sono riuscite a trovare un’intesa sul punto ed hanno, perciò, preferito non affrontare la nel contratto, sia perché invece hanno sottovalutato il problema, non ritenendolo di primaria importanza oppure ritenendo, erroneamente, nel caso in cui abbiano identificato il foro competente, che ciò implichi automaticamente l’applicazione della relativa legge statale.
Nell’ipotesi in cui il rapporto contrattuale procede pacificamente e senza controversie tra le parti, la necessità di individuare il diritto applicabile ad un contratto internazionale, in caso di mancata scelta espressa delle parti, non si presenta e la questione della legge applicabile può anche non venire mai in rilievo.
Tale necessità sorge, invece, nel momento in cui tra le parti nasce una controversia, al fine di poter accertare e determinare la fondatezza delle rispettive pretese, a prescindere da quanto contenuto nelle clausole del contratto. Sarà infatti necessario verificare che le suddette clausole siano conformi alla legge e, per fare ciò, è necessario individuare quale sia il diritto che governa il contratto. In mancanza di una indicazione precisa e chiara attraverso le clausole contrattuali, sarà necessario ricercare la legge applicabile in relazione a quanto previsto dalle norme di diritto internazionale privato applicabili nel caso di specie.
Tale ricerca sarà più semplice nel caso in cui le parti abbiano inserito nel contratto una valida clausola di scelta del foro, avendosi in questo caso la certezza di dover fare riferimento alle norme di diritto internazionale privato dello Stato a cui spetta la giurisdizione. Diversamente, nel caso in cui la questione relativa al foro competente sia anch’essa non espressamente definita nel contratto, si dovrà fare riferimento al diritto internazionale privato dei vari giudici potenzialmente competenti.
Altra ipotesi da tenere in considerazione è quella che riguarda la presenza di una clausola arbitrale: in questo caso, bisogna prendere atto della difficoltà di individuare una soluzione a priori, vista l’ampia discrezionalità lasciata agli arbitri. Nella pratica, però, accade spesso che le parti, su indicazione degli arbitri, si accordino sulla legge applicabile nelle fasi iniziali della procedura arbitrale. Dopo aver individuato quale sistema di norme di diritto internazionale privato si applichi al caso concreto, la determinazione della legge applicabile dovrebbe essere più agevole.
Nella pratica, però, l’ampia discrezionalità prevista da alcuni sistemi di diritto internazionale privato non rende il procedimento di individuazione così immediato e, di conseguenza, potrà risultare difficile determinare preventivamente quale sia la legge che disciplina il contratto.
[1] Con questo termine si indica il sistema di norme e regole create direttamente dal ceto imprenditoriale, senza l’intervento del potere legislativo degli Stati. Tali norme e regole, di natura prevalentemente consuetudinaria o elaborate dalla giurisprudenza arbitrale, sono destinate a disciplinare i contratti commerciali internazionali ed i rapporti ad essi sottesi, nonché a risolvere, di norma attraverso il ricorso a procedure arbitrali, le controversie che da essi possono scaturire.
[2] Le statistiche elaborate nel periodo 2011-2015 dalla Camera di Commercio Internazionale, relativamente ai casi arbitrali oggetto di arbitrato dell’ICC, evidenziano che i contratti contenenti una clausola sulla scelta della legge applicabile costituivano l’87% del totale e, tra essi, solo una percentuale tra l’1% e il 3% richiamava norme diverse da quelle degli ordinamenti nazionali.
[3] F. Bortolotti, Il contratto internazionale, Wolters Kluwer – Cedam, Milano, 2017, p. 44.
[4] Un esempio interessante si può reperire nella giurisprudenza della Cassazione francese che, in presenza di un contratto di compravendita tra un acquirente francese ed un venditore belga, sottoposto con clausola espressa al diritto belga, ha ritenuto applicabile il diritto francese in virtù delle argomentazioni delle parti, basate sul diritto francese. Vedi Cass. (Francia), 6 maggio 1997, Soc. Hannover International et autre c. M.R. Baranger et autre, in Revd. crit. DIP, 1997, p. 514 e ss.
Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Business Law.
Ultima modifica il 21/10/2021
Tags: BlogLegal