I destinatari del D. Lgs. 231/2001

L’obiettivo del presente articolo è comprendere quali siano i soggetti destinatari del D. Lgs. 231/2001, descritti all’interno dell’art. 1 della norma.

Il termine “ente”

L’utilizzo del termine “ente” dimostra “l’inequivoca volontà della delega di estendere la responsabilità anche a soggetti sprovvisti di personalità giuridica[1]. La potenziale eterogeneità dei soggetti destinatari della normativa ha indotto il legislatore delegato a ricorrere ad un termine elastico che ha condotto,  in dottrina e in giurisprudenza, alla formazione di opinioni e interpretazioni diverse, anche contrastanti, rispetto all’individuazione dei caratteri fondamentali che qualificano un soggetto giuridico quale “ente” ai sensi del D. Lgs. 231/2001

Enti forniti di personalità giuridica e società e associazioni anche prive di personalità giuridica

Preliminarmente, pare opportuno fare riferimento a due criteri di qualificazione del soggetto giuridico quale “ente” ai sensi del D. Lgs. 231/2001, quello formale e quello sostanziale[2]Il primo definisce enti assoggettabili alla normativa quei soggetti di diritto metaindividuali, autonomi e distinti dalle persone fisiche che ne fanno parte. Il secondo è invece orientato ad una verifica sostanziale e concreta dell’organizzazione del soggetto giuridico e quindi la normativa sarebbe applicabile esclusivamente ad un soggetto giuridico dotato, rispetto all’attività di impresa, di una “organizzazione interna complessa” tale da renderlo indipendente dalle determinazioni dalla persona fisica che ha commesso il reato presupposto[3].

L’adesione all’uno o all’altro di tali criteri ha, dal punto di vista pratico, indubbie conseguenze Si pensi al tema dell’imprenditore individuale, fortemente dibattuto in dottrina e in giurisprudenza. L’orientamento minoritario, rifacendosi al criterio sostanziale[4], ha ritenuto applicabile la disciplina del D. Lgs. 231/2001 anche alle imprese individuali, intendendo tale categoria implicitamente inclusa tra i destinatari a pena di un’irragionevole disparità di trattamento, sindacabile anche costituzionalmente, tra coloro che ricorrono a forme semplici di impresa e coloro che ricorrono a strutture più articolate[5]L’orientamento maggioritario, in aderenza al criterio formale[6], ritiene invece escluse le imprese individuali dal novero dei destinatari in quanto il presupposto dell’applicazione della norma sarebbe l’esistenza di un soggetto di diritto metaindividuale[7].

Rispetto alle società unipersonali[8], pare opportuno fare riferimento alla ricostruzione effettuata dal Tribunale di Milano – Ufficio GIP con la sentenza n. 971/2020[9] che, da un lato, richiama i principi appena espressi per l’impresa individuale e, dall’altro, potrebbe fornire, ad avviso di chi scrive, anche un criterio di convergenza tra quelli sopracitati. Tale sentenza presenta una panoramica degli orientamenti giurisprudenziali di legittimità sul punto: a fronte di quello basato esclusivamente sull’autonomia del soggetto fisico rispetto a quello giuridico[10] e che ritiene assoggettabile alla normativa anche le società unipersonali, ve n’è un altro[11], riconducibile all’impostazione sostanziale, che, non accontentandosi del mero dato formale, la esclude in quelle ipotesi in cui la struttura societaria sia indistinguibile dalla persona fisica. Nel caso di specie, il Giudice di merito ha escluso l’applicazione del D. Lgs. 231/2001 ad una S.r.l. unipersonale che non possedeva una struttura organizzativa complessa tale da qualificarla quale centro di imputazione di rapporti giuridici autonomo e distinto dalla persona fisica che ha materialmente operato. Pertanto, sarebbe da escludere l’applicazione della normativa nei casi in cui sia impossibile individuare un interesse o un vantaggio dell’ente diverso da quello che ha animato la persona fisica imputata del reato[12]Da una lettura interpretativa, chi scrive ritiene che per verificare se un soggetto sia destinatario della normativa sarebbe necessario un primo controllo, di tipo formale, sulla qualificazione dell’ente quale soggetto di diritto metaindividuale e, in caso di esito positivo, un secondo controllo, di tipo sostanziale, finalizzato a verificare la sussistenza di un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici distinti dalla persona fisica autrice del reato presupposto.

Tra i destinatari della normativa vi rientrano gli enti forniti di personalità giuridica e le associazioni, anche prive di personalità giuridica e le società in ogni loro forma. In particolare, la normativa si applica “alle società di persone, alle società di capitali, alle società sportive, alle società di professionisti e agli studi associati, esercitati in forme associative o societarie[13]. Vi rientrano anche le fondazioni bancarie, le fondazioni che svolgono attività in ambito sanitario e le fondazioni universitarie; restano escluse invece le fondazioni in fase di costituzione (fino a quando non abbiano ottenuto il riconoscimento, che possiede efficacia costitutiva) e quelle di fatto[14].

In relazione alle società di capitali, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto assoggettabili alla normativa le società per azioni costituite per svolgere, secondo criteri di economicità, le funzioni in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasferiti alle stesse da un ente pubblico territoriale[15]Rispetto alle società di persone, la Corte di Cassazione ha precisato che la responsabilità di cui al D. Lgs. 231/2001 sia applicabile anche ad una società in accomandita semplice che esercita l’attività di ambulatorio odontoiatrico[16] e, in altra sentenza,[17] ha affermato l’assoggettabilità alla norma di uno studio professionale in quanto fenomeno di aggregazione di interessi a cui “la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici”.

Sul punto pare rilevante citare quella giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto che “la società capogruppo (cd. holding) o altre società facenti parte di un “gruppo” possono essere chiamate a rispondere, ai sensi del D. Lgs. n. 231 del 2001, del reato commesso nell’ambito dell’attività di una società controllata appartenente al medesimo gruppo”, a condizione che “nella consumazione del reato presupposto concorra anche almeno una persona fisica che agisca per conto della holding stessa  o dell’altra società facente parte del gruppo, perseguendo anche l’interesse di queste ultime”, non essendo sufficiente un generale “interesse di gruppo” per fondare la responsabilità di esse[18]Non si applica la normativa nei casi in cui vi sia una mera “relazione contrattuale tra distinti soggetti giuridici”, che non determina la costituzione di un autonomo soggetto di diritto (come avviene, ad esempio, per le associazioni temporanee di impresa) e nei casi in cui vi siano delle figure giuridiche caratterizzate dall’esistenza di un patrimonio separato ma che “non acquistano una distinta soggettività giuridica” (per esempio, i fondi comuni di investimento)[19].

Stato, enti pubblici territoriali e altri enti pubblici non economici

Sono esclusi dall’applicazione del D. Lgs. 231/2001 lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali come le Regioni, le Province ed i Comuni[20].

Questa scelta può essere ricondotta ad una generale esigenza di ragionevolezza delle scelte del legislatore, a ragioni di ordine sistematico (la Relazione ministeriale fa riferimento all’art. 197 c.p.[21]) ma anche all’esercizio di poteri tipicamente pubblicistici di cui tali soggetti sono titolari[22]Rispetto agli “altri pubblici non economici”, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che sono esclusi dal novero dei destinatari gli enti pubblici che non svolgono attività economiche.  In tal senso, per poter escludere un ente dal novero dei destinatari, “la natura pubblicistica dello stesso è condizione necessaria ma non sufficiente […] dovendo altresì concorrere anche la condizione che l’ente medesimo non svolga attività economica[23].  Sono ricompresi tra i destinatari sia gli enti pubblici economici, che agiscono iure privatorum e che quindi devono essere equiparati agli enti a soggettività privata rispetto all’applicabilità della normativa - anche qualora tale attività abbia ricadute indirette su beni costituzionalmente protetti[24] - sia gli enti a soggettività privata che svolgono un pubblico servizio sulla base di “una concessione, convenzione, parificazione o analogo atto amministrativo[25]Rientrano tra i destinatari della normativa le società a partecipazione pubblica mista e le società in house.

Sono destinatari del D. Lgs. 231/2001 anche i soggetti individuati dall’art. 1 co. 2 bis L. 190/2012, ossia coloro per i quali il Piano nazionale anticorruzione costituisce un atto di indirizzo ai fini dell’adozione di misure prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del D. Lgs. 231/2001, anche per assicurare l’attuazione dei compiti del dipartimento della funzione pubblica in relazione al coordinamento dell’attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale ed internazionale[26]. L’art. 1 co. 2 bis L. 190/2012 richiama le categorie di soggetti di cui all’art. 2-bis co. 2 D. lgs. 33/2012, a cui si rimanda per un elenco completo.

Sono esclusi dagli enti che esercitano pubblici poteri, e quindi sono esclusi dal novero dei destinatari, gli enti pubblici associativi quali, ad esempio, CRI ed ACI, in quanto “dotati sostanzialmente di una disciplina negoziale, ma a cui le leggi speciali hanno assegnato natura pubblicistica per ragioni contingenti[27]Sono esclusi altresì tutti gli enti pubblici che, seppure sprovvisti di pubblici poteri, perseguono e curano interessi pubblici prescindendo da finalità lucrative[28].

Enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale

Sono esclusi dal novero dei soggetti destinatari anche gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionaleTra queste categorie di soggetti, vi rientrano anche i partiti politici ed i sindacati[29]Le motivazioni di questa scelta vengono ricondotte alle probabili conseguenze derivanti dall’applicazione delle sanzioni interdittive a tali categorie di soggetti, che potrebbero incidere sull’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti. Questo è stato confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità[30], che ha precisato che tale esclusione trova la sua ratio nelle conseguenze che si avrebbero sulle funzioni indefettibili negli equilibri costituzionali a seguito dell’applicazione delle sanzioni interdittive ai soggetti menzionati espressamente dalla Costituzione.

Bibliografia

  • A. BASSI, F. D’ARCANGELO, Il sistema della responsabilità da reato dell’ente, disciplina e prassi applicative, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2020
  • G. CAMMAROTO, A. CASTIELLO, V. SILVETTI, 231, Il codice della responsabilità [amministrativa] penale degli enti, Key Editore, Milano, 2020
  • G. MORGESE, L’ente come soggetto di diritto metaindividuale: l’archetipo dell’imputazione soggettiva della responsabilità 231 tra dato letterale, esigenze di sistema e prospettive comparatistiche, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis
  • R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale - parte generale, Nel diritto editore, Roma, ed. 2016/2017
  • R. LUGLI, Esclusa la responsabilità 231 di società unipersonale priva di un autonomo centro di interessi, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 9
  • Relazione Ministeriale al D. Lgs. 231/2001
  • V. SILVETTI, slide e lezioni del corso MeliusForm Master 231 – conoscere ed approfondire la responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001, 2021

[1] Relazione Ministeriale al D. Lgs. 231/2001, par. 2.

[2] G. MORGESE, L’ente come soggetto di diritto metaindividuale: l’archetipo dell’imputazione soggettiva della responsabilità 231 tra dato letterale, esigenze di sistema e prospettive comparatistiche, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis, pp. 4-6.

[3] Ivi, p.6.

[4] In tal senso G. MORGESE, Op. cit., pp. 6-7, che cita anche la sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 15657/2011.

Tale interpretazione viene ricondotta, da altri, alla cd. “tesi estensiva”: R. GAROFOLI, Compendio di diritto penale - parte generale, Nel diritto editore, Roma, ed. 2016/2017, p. 200, che cita, anch’essa, la sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 15657/2011.

[5] Cassazione Penale n. 15657/2011.

[6] In tal senso G. MORGESE, Op. cit., p. 7, che cita anche le sentenze di Corte di Cassazione n. 18941/2004 e n. 30085/2012.

Tale interpretazione viene ricondotta, da altri, alla cd. “tesi restrittiva”: R. GAROFOLI, Op. cit., p. 199, che cita anche la sentenza della Cassazione Penale n. 18941/2004.

[7] Cassazione Penale n. 18941/2004 e Cassazione penale n. 30085/2012.

[8] R. LUGLI, Esclusa la responsabilità 231 di società unipersonale priva di un autonomo centro di interessi, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 9, p. 5, che, in riferimento alla differenza tra l’impresa individuale e la società unipersonale, afferma: “[…] l’impresa individuale è una forma giuridica che fa riferimento a un solo titolare, l’imprenditore, il quale è l’unico responsabile e anche l’unico promotore della sua iniziativa imprenditoriale. La società unipersonale (che può essere anche una s.r.l. ovvero una s.p.a.) è caratterizzata solo dalla circostanza che le quote sociali sono detenute da un unico socio (sia esso una persona fisica o una persona giuridica). […]”

[9] V. SILVETTI, slide e lezioni del corso MeliusForm Master 231 – conoscere ed approfondire la responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001, 2021.

[10] Cassazione Penale n. 49056/2017.

[11] Cassazione Penale n. 30085/2012.

[12] R. LUGLI, Op. cit., p. 6.

[13] A. BASSI, F. D’ARCANGELO, Il sistema della responsabilità da reato dell’ente, disciplina e prassi applicative, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2020, p. 83.

[14] Ivi, pp. 88-89.

[15] Cassazione Penale n. 234/2010.

[16] Cassazione Penale n. 4703/2012, citata in A. BASSI, F. D’ARCANGELO, Op. cit., p. 83 e in G. CAMMAROTO, A. CASTIELLO, V. SILVETTI, 231, Il codice della responsabilità [amministrativa] penale degli enti, Key Editore, Milano, 2020, p. 22

[17] Cassazione Penale n. 44512/2015, citata in A. BASSI, F. D’ARCANGELO, Op. cit., p. 83 e in G. CAMMAROTO, A. CASTIELLO, V. SILVETTI, Op. cit., p. 22

[18] Cassazione Penale n. 52316/2016.

[19] A. BASSI, F. D’ARCANGELO, Op. cit., p. 84.

[20] Relazione Ministeriale al D. Lgs. 231/2001, par. 2.

[21] L’art. 197 c.p. esclude per tale categoria di soggetti l’obbligazione civile per il pagamento delle multe e delle ammende inflitte.

[22] Relazione Ministeriale al D. Lgs. 231/2001, par. 2.

[23] R. GAROFOLI, Op. cit., p. 201 che cita la sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 28699/2010 qui richiamata.

[24] Cassazione Penale n. 43108/2011, in G. CAMMAROTO, A. CASTIELLO, V. SILVETTI, Op. cit., p. 22

[25] Relazione Ministeriale al D. Lgs. 231/2001, par. 2.

[26] A. BASSI, F. D’ARCANGELO, Op. cit., p. 106.

[27] Relazione Ministeriale al D. Lgs. 231/2001, par. 2.

[28] Ibidem

[29] Ibidem

[30] Cassazione penale n. 28699/2010, citata in A. BASSI, F. D’ARCANGELO, Op. cit., p. 102.


A cura di Tommaso Pancani (partecipante del Master Specialistico in 231

Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Business Law.

Ultima modifica il 24/06/2021

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