Il Decreto "Salva Banche"

A cura di Francesco BrameriniManuela MalteseMario Recchia (partecipanti agli Executive Master in Giurista d'Impresa e Avvocato di Affari - RM)


Il D.L. 59/2016 (c.d. Decreto Banche), pubblicato in G.U. n. 102 del 3 maggio, è il provvedimento normativo mediante il quale il governo si pone principalmente un duplice obiettivo: da un lato, infatti, propone delle soluzioni, conformemente alle richieste europee, per la tutela degli obbligazionisti pregiudicati dal default delle quattro banche popolari (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara); dall’altro lato, il Governo sfrutta questa opportunità per introdurre delle misure finalizzate a migliorare le procedure esecutive e quelle concorsuali. Quest’ultimo risultato sembra raggiunto attraverso l’introduzione di istituti giuridici volti a permettere alle imprese di ottenere finanziamenti nella maniera più celere possibile, rinnovando il sistema della garanzie e quello del recupero dei crediti[1].

Il Decreto Banche si compone di 4 capi e la nostra attenzione sarà rivolta ai primi due, che rispettivamente concernono  misure a sostegno delle imprese e di accelerazione del recupero dei crediti, e le disposizioni a favore degli investitori in banche in liquidazione.

Prima di elencare le procedure di rimborso per gli investitori pregiudicati dal default delle quattro banche è bene ricordare come si sia verificata una situazione di crisi del genere.

Tutti gli istituti di credito, in linea generale, cercano di provvedere alla gestione del capitale mediante i classici strumenti con cui si acquista capitale di rischio nei mercati finanziari, vale a dire attraverso l’emissione di nuove azioni e il collocamento di prestiti subordinati. Questi ultimi, essendo titoli che vengono rimborsati solo dopo aver risarcito i titolari di obbligazioni ordinarie e senior, garantiscono un alto rendimento, ma a fronte di un elevato rischio. La scelta di ricorrere alle obbligazioni subordinate, piuttosto che all’emissione di azioni, risponde sicuramente a motivi di convenienza economica. Tuttavia, per attuare questo intento, sono state eseguite gravi irregolarità, e le ingenti perdite che ne sono seguite, hanno condotto ad assumere la decisione di porre queste banche in amministrazione controllata.

Quindi il Decreto Banche ha predisposto, per quegli investitori, così come definiti dall’art. 8, lett. a)[2], due strumenti, al fine di fargli ottenere un rimborso.

Il primo è un sistema di indennizzo forfettario e con erogazione diretta, da avviarsi mediante una proposizione di un’istanza al Fondo di solidarietà[3] e al rispetto di alcuni requisiti. Per poter proporre un’istanza è infatti necessario avere o un patrimonio immobiliare inferiore a 100.000 euro oppure un reddito complessivo ai fini IRPEF 2014 inferiore ai 35.000 Euro. Oltre a ciò è necessario provare di avere acquistato gli strumenti finanziari entro il 12 giugno 2014 ed averli detenuti fino alla risoluzione delle banche in liquidazione. L’importo dell’indennizzo non sarà totale, ma pari all’80% di quanto pagato per l’acquisto degli strumenti finanziari. È previsto inoltre una termine di decadenza di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

La seconda parte del par. 6 dell’art. 9 del Dl. 59/2016 richiede all’obbligazionista di scegliere tra esperire la procedura appena descritta, oppure optare per una seconda procedura, vale a dire quella arbitrale[4]. Qualora la scelta ricadesse sulla seconda, potranno avvalersi dell’arbitrato anche coloro che hanno acquistato obbligazioni subordinate dopo il 12 giugno 2014. Ma non solo: per coloro che decidessero di ricorrere agli arbitri, verrebbe data la possibilità di ottenere un rimborso del 100 % del corrispettivo pagato per l’acquisto degli strumenti finanziari. Questo però solo a seguito dell’accertamento della responsabilità per violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsto dal TUF.

 

[1] Il Decreto Banche affronta però anche altri temi che meritato attenzione, come ad esempio, le misure che saranno adottate dal nostro legislatore per lo smobilizzo dei crediti, e per contrastare il fenomeno dei NPL (Non performing loans o prestiti non performanti). È degno di nota l’emendamento 12.0.9, mediante il quale si consentirà alle società di factoring l’acquisto di crediti vantati da terzi nei confronti di società del proprio gruppo. Per tali motivi, si allargherà, per tali società, il loro ambito di attività di captive che attualmente prevede esclusivamente l’acquisto di crediti verso terzi da parte del cessionario da imprese appartenenti allo stesso gruppo.

[2] L’art. 8, lett. a), definisce  come «investitore»: la persona fisica, l’imprenditore individuale, anche agricolo, e il coltivatore diretto, o il suo successore mortis causa, che ha acquistato gli strumenti finanziari subordinati indicati nell’articolo 1, comma 855, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (di seguito: « Legge di stabilità per il 2016 »), nell’ambito di un rapporto negoziale diretto con la Banca in liquidazione che li ha emessi;

[3] È un fondo istituito recentemente dal Parlamento ed interamente a carico del sistema bancario

[4] articolo 1, commi da 857 a 860 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016).

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