Falsio in bilancio: cos'è, cosa si rischia, quali sono le conseguenze
Le due fattispecie criminose
Attualmente l’interesse giurisprudenziale è rivolto allo studio di due fattispecie criminose sottese agli articoli 2621 e 2637 c.c. e segnatamente false comunicazioni sociali e aggiotaggio, quest’ultimo punito dall'ordinamento anche come reato nella forma comune ex art. 501 del codice penale. Ci si interroga di un possibile concorso materiale di norme o soltanto apparente delle stesse o di un rapporto di specialità reciproca dove, in quest’ultima ipotesi, entrambe le disposizioni normative presentano sia elementi comuni che elementi specifici dell’una rispetto all’altra e viceversa.
Il legislatore ha inteso restituire severità ed effettività all’intervento punitivo sulle condotte di opacità nella tenuta delle scritture contabili in seno alle imprese costituite in forma di società. La ratio complessiva della riforma, pertanto, è da rinvenirsi nella veridicità e completezza dell’informazione societaria sempre avendo come referente finale le potenziali ripercussioni negative delle falsità sulle sfere patrimoniali degli stakeholders.
La legge 27 maggio n. 69 del 2014 ha riformulato gli articoli 2621, 2621-bis, 2621-ter, 2622 del codice civile, ad oggi il nuovo assetto dei reati di false comunicazioni sociali è costituito da due diverse ed autonome fattispecie incriminatrici entrambe delittuose, di pericolo e perseguibili d’ufficio che si differenziano in ragione della natura non quotata (art. 2621 c.c.) e quotata (art. 2622 c.c.) della società, in ragione dell’oggetto della condotta e dell’aspetto sanzionatorio e segnatamente:
- l’art. 2621 c.c dal titolo “false comunicazioni sociali” si riferisce generalmente alle società commerciali dove l’oggetto della condotta sono i “fatti materiali rilevanti”e il fatto è punito con la reclusione da 1 a 5 anni;
- l’art. 2622 c.c dal titolo “false comunicazioni sociali delle società quotate” si riferisce alle società quotate e società ad esse equiparate dove l’oggetto della condotta sono soltanto “fatti materiali”, senza il connotato della rilevanza e la condotta è punita più gravemente con la reclusione da 3 a 8 anni.
Sotto il il profilo sanzionatorio attenuante gli articoli 2621 bis e 2621 ter disciplinano l’ una una diminuzione di pena nei casi di lieve entità l’altra, una causa di non punibilità per la “particolare tenuità” del fatto.
La trasparenza societaria torna ad essere il focus al centro dell’offesa. Snodo cruciale post riforma dell’art .2621 c.c., introdotta dall’art. 9, c. 1, L. 27 maggio 2015, n. 69 è stata la riduzione della esposizione falsa da “fatti materiali ancorché oggetto di valutazioni” a “fatti materiali”. È stata rimessa alla Sezione V della Corte di Cassazione a Sezioni Unite la seguente questione di diritto ossia se ai fini della configurabilità del delitto di false comunicazioni sociali, abbia tuttora rilevanza il falso “valutativo” pur dopo la riforma di cui alla legge n. 69 del 2015.
Le Sezioni Unite analizzando le parole materiali e rilevanti che, compaiono nel testo delle disposizioni degli art. 2621 e 2622 c.c. hanno definito la “materialità" e la “rilevanza" dei fatti economici facce della stessa medaglia ed entrambe costituiscono la base indefettibile di "corretta" informazione, sicché le aggettivazioni materiali e rilevanti devono trovare connessione logica nella loro genesi, finalisticamente indirizzata alla funzione principale del bilancio e delle altre comunicazioni sociali, ovvero quali veicoli di informazioni capaci di orientare, correttamente, le scelte operative e le decisioni strategiche dei destinatari.
Le Sezioni Unite con la sentenza n. 22474 depositata il 27 maggio 2016, hanno affermato il seguente principio di diritto: «sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo alla esposizione o alla omissione di fatti oggetto di valutazione, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, l’agente da tali criteri si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni».
Il reato di false comunicazioni sociali, ex art. 2621 c.c., si consuma nel luogo e nel momento in cui si riunisce l’assemblea e il bilancio viene illustrato ai soci. Lo ribadisce la Cassazione Penale, nella sentenza n. 27170 depositata il 13 giugno scorso. La nuova fattispecie di “falso in bilancio”, sia per le società quotate che non, richiede che le condotte di esposizione o di omissione di fatti materiali non rispondenti al vero siano concretamente idonee ad indurre altri in errore. Tali delitti, quindi, sono dei “reati di pericolo” e non di danno, in quanto non è necessario dimostrare l’effettivo danno frutto di comportamenti contabili illeciti, l’illecito si perfeziona nel momento in cui la falsa comunicazione sociale esce dalla sfera del soggetto “attivo” e diventa conoscibile da parte dei destinatari (soci, o terzi).
Ed è proprio nell’intenzione di voler ingannare e/o manipolare l’altrui azione nelle vicende societarie si colloca anche la fattispecie dell’aggiotaggio. L’aggiotaggio nella forma societaria e bancaria è disciplinata dall’articolo 2637 c.c. scaturito dalla riforma dei reati societari attuata dal d.lgs. n. 61/2002 e d ulteriormente rimaneggiato dalla l. n. 62/2005 e si riferisce ad una sorta di manipolazione speculativa tramite la quale «Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.»
La fattispecie di aggiotaggio sanziona non solo il compimento di operazioni simulate ma anche la realizzazione di “altri artifici”, la manipolazione del mercato può essere quindi realizzata anche mediante operazioni effettive, non assolutamente prive di rischio economico e apparentemente lecite ma che combinate fra loro, ovvero realizzate in presenza di circostanze di tempo e di luogo, intenzionalmente realizzino una distorsione del meccanismo di formazione dei prezzi, in modo tale che il pubblico degli investitori sia indotto in errore circa l’andamento reale del mercato.
Essendo il reato di aggiotaggio un reato di mera condotta si consuma nel momento della diffusione della notizia concretamente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari ( Cass. pen., sez. V, 4 maggio 2011 n. 28932). L’impostazione secondo la quale, in tema di aggiotaggio, la competenza si radicherebbe nel luogo ove le informazioni vengono spedite, potrebbe trovare fondamento qualora il delitto previso dall’articolo 2637 c.c. fosse configurabile come reato di mera condotta che si viene ad integrare a prescindere dall’effettiva conoscenza da parte di terzi delle notizie false.
Invece con il termine “diffonde” il legislatore ha inteso riferirsi ad un comportamento che integra un quid pluris, interpretazione coerente con tutto il sistema della disciplina dei falsi ideologici in materia societaria. Il delitto in esame, assurgendo a reato di pericolo concreto, si consuma nel tempo e nel luogo in cui si concretizza la rilevante possibilità di verificazione della sensibile alterazione del prezzo dello strumento finanziario. Qualora si tratta di titoli quotati n Borsa, la possibilità di alterazione del prezzo non può che concretizzarsi in Milano, sede della Borsa Valori per l’intero territorio nazionale (Uff. Indagini preliminari Milano, 12 gennaio 2007 Foro ambrosiano 2007, 1. 95). L’articolo 2637 c.c. rappresenta la disciplina di riferimento per il reato di aggiotaggio. L’articolo in questione prevede sia il cd. aggiotaggio informativo che quello manipolativo
L’aggiotaggio di cui all’articolo 501 c.p.c. rubricato “rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercao o nelle borse di commercio” è un delitto di frode affine alla truffa ma se ne discosta essendo l’aggiotaggio una frode collettiva, una trappola tesa al pubblico. Oggetto della comunicazione è la notizia falsa, esagerata o tendenziosa, perché si abbia notizia è necessario che ricorra una indicazione sufficientemente precisa di circostanze di fatto che, nella specie, potranno consistere in avvenimenti di carattere sia economico, o finanziario, o commerciale, sia politico o sociale (Azzali, 900).
Va messa in evidenza la macroscopica dimensione dell’evento di pericolo intorno a cui ruota la fattispecie incriminatrice, “il pericolo di aumento o diminuzione dei prezzi sul mercato interno dei valori o delle merci” (Fiandaca, Musco Pts I, 624) nonché la circostanza che il dolo specifico richiesto dalla norma finisce per gonfiare ulteriormente l’incriminazione, il tutto a scapito della sua regolare applicazione (Mazzacuva, 591).
Gli innumerevoli dissesti economico-finanziari hanno sollevato, in sede giudiziaria, una serie di problemi legati alla possibile cumulatività di più norme incriminatrici astrattamente ipotizzabili in relazione alla spesso complessa ricostruzione dei fatti. Si precisa, in particolare, che «per la sussistenza del delitto di aggiotaggio, fra la comunicazione sociale al pubblico e l’alterazione del prezzo deve sussistere innanzitutto un nesso causale effettivo, che viene recuperato escludendo, la rilevanza di un mero evento di pericolo di alterazione dei prezzi.»
Non è cristallino in che rapporto sono le fattispecie suddette, essendo la realtà societaria veloce nell’evoluzione è chiaro come una omissione e/o azione possa generare il crollo di solide società preoccupate di mantenere verso l’esterno un elevato flusso monetario.
A cura di Irene Carnovale (partecipante dell'Executive Master in Giurista d'Impresa e General Counsel)
Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Business Law.
Ultima modifica il 23/08/2021
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