A cura di A. Micheletti (partecipante del Master in Risorse Umane)

Negli anni si è assistito a profondi cambiamenti nel mondo del lavoro che hanno coinvolto integralmente e pressoché la totalità delle organizzazioni, partendo dalle modalità della gestione operativa e arrivando a toccare anche le politiche legate alla gestione del personale. Soffermandosi su quest’ultimo aspetto, il cambiamento più evidente è legato alla progressiva e sempre maggiore consapevolezza che l’aspetto della retribuzione ordinaria non sia più in grado, da sola, di motivare il personale. Si è così percepita la necessità di identificare un qualcosa che potesse realmente contribuire a rendere più appetibile una determinata azienda e il punto di arrivo viene identificato nell’idea di sviluppare un processo finalizzato, appunto, a stimolare la motivare e la fidelizzazione delle migliori risorse, attraverso una serie di politiche riassumibili nel concetto di Total Reward. Con quest’ultima nozione, infatti, si identificano una serie di iniziative promosse dall’azienda per rendere il rapporto di lavoro più attraente, coinvolgente nonché più stimolante e, così, in esso si collocano senz’altro i Fringe benefit.

Il Fringe benefit, che può tradursi come “beneficio accessorio”, identifica un compenso in natura integrante la retribuzione ordinaria in denaro del lavoratore dipendente. Viene così ad identificarsi un concetto di compenso non monetario in grado, però, di dare un valore aggiunto alla tradizionale retribuzione nella sua componente fissa. Si tratta di beni o servizi vari che l’azienda riconosce al proprio dipendente come parte integrante della busta paga per il lavoro svolto a favore dell’azienda e di cui il lavoratore ne può usufruire gratuitamente ovvero a condizioni più vantaggiose rispetto a chi si rivolge al mercato per acquistarli. La possibilità di riconoscere al collaboratore beni e servizi complementari, ha lo scopo di agevolarne la mansione, fidelizzare il collaboratore e, magari, alleggerirlo in alcune spese fisse. In questi termini, tali benefici non contribuiscono alla semplice e mera soddisfazione economica di colui che li riceve, ma finiscono per trasformarsi in un qualcosa di decisamente incentivante e motivazionale nonché si ritiene abbiano l’effetto di migliorare il benessere e la qualità di vita delle persone interessate. Detto in altri termini, si tratta di un vantaggio che l’azienda concede al proprio collaboratore sulla base della contrattazione individuale ovvero in modo unilaterale e che tendenzialmente viene riconosciuto solo a determinate categorie di dipendenti, o ad alcuni di essi, in ragione della particolare mansione svolta. Infine, rispetto alla possibilità di erogare benefits, sulla carta non ci sono limiti tuttavia, bisognerà fare i conti con la tassazione.

Fatta questa premessa introduttiva, è ora utile identificare cosa si intenda concretamente con la nozione di “fringe benefit” e capire come contribuiscono all’aumento del valore della retribuzione e, quindi, a formare il reddito del lavoratore coinvolto. I più diffusi sono senz’altro la concessione dell’uso di un veicolo aziendale, lo smartphone, il tablet, il laptop, i buoni pasto, per arrivare fino alla concessione di una casa senza costi di affitto, partecipazioni azionarie, polizze e assicurazioni di varia natura. Tutti questi benefits, poi, secondo il principio di onnicomprensività, confluiscono nel cedolino del collaboratore e, pertanto, costituiscono parte integrante della retribuzione, nonché oggetto di tassazione. A tal proposito il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) stabilisce che il reddito del lavoratore dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta e in relazione al rapporto di lavoro. L'unica eccezione riguarda quei beni e servizi di importo non superiore a 258,23 € che, in quanto al di sotto di tale soglia, non concorreranno a formare il reddito imponibile. Tuttavia, va anche specificato che qualora tale soglia dovesse essere superata, sarà l’intero importo (e non la differenza) a concorrere nel reddito tassabile. Va altresì precisato che, tuttavia, il D.L. 14 Agosto 2020, n. 104 ha stabilito all’art. 112 e limitatamente al periodo di imposta 2020, il raddoppio di tale soglia ossia l’esenzione fino a 516,46 €.

Per fare qualche esempio ma senza presunzione di completezza, i tre benefits più comuni sono:

  • Auto aziendale: la vettura può essere utilizzata dal lavoratore secondo il cosiddetto uso promiscuo (ossia per finalità di lavoro ma anche per le esigenze personali), per uso personale ovvero esclusivamente per uso lavorativo. Escluso quest’ultimo caso ove la disponibilità della vettura non concorre al reddito del lavoratore e il costo è sostenuto integralmente dall’azienda, negli altri casi la tassazione avverrà secondo un conteggio forfettario e, da luglio 2020, tenendo conto anche delle emissioni di CO2. 
  • Smartphone: concorre all’imponibile ai fini fiscali solo se concesso per uso non esclusivamente professionale. 
  • Servizio mensa: anche in questo caso l’azienda può offrire il servizio attraverso tre modalità che vanno dalla previsione di una mensa interna, alla convenzione con determinati locali ovvero con l’emissione di buoni pasto. Questi ultimi sono poi esenti da tassazione fino all’importo di 4€ al giorno se emessi in formato cartaceo, esenzione che arriva fino a 8€ al giorno per il formato elettronico. Tra l’altro, qui, il vantaggio è duplice per l’azienda: di natura economica e di snellimento delle pratiche amministrative per quanto riguarda l’alternativa che sarebbe il rimborso delle spese sostenute dal collaboratore per i pranzi. Quest’ultimo dato è utile per sottolineare come indipendentemente dai beni o servizi che l’azienda riconosce come benefits, la stessa possa trarre grandi vantaggi che, come già detto, non sono circoscritti all’aspetto economico e senz’altro concorrono a valorizzare l’immagine dell’azienda e la sua “appetibilità”.

Si identificano, in definitiva, almeno altri cinque ambiti in cui i fringe benefit apportano valore. Essi sono:

  1. Recruiting e Talent Acquisition: perché è indubbio che concorrono al valorizzare positivamente l’immagine dell’azienda e al suo appeal come datore di lavoro. 
  2. Team building: perché possono contribuire a rafforzare il legame e l’affiatamento del personale con occasioni di incontro extralavorative (è il caso della mensa aziendale, delle convenzioni con ristoranti per il pranzo nonché con palestre). 
  3. Employer engagement: perché incidono sulla soddisfazione professionale del dipendente che inevitabilmente quest’ultimo traduce in maggiori risultati e maggiore profitto. 
  4. Retention: perché possono creare un valore affettivo (come nel caso della possibilità di usufruire gratuitamente di un appartamento). 
  5. Performance management: perché, a volte, i benefits sono vincolati ai risultati e allora possono rappresentare un grosso stimolo nell’essere più produttivi. In questo caso è, tuttavia, più corretto parlare di premi.

In conclusione si può dire che negli anni si è assistito alla creazione di veri e propri pacchetti di benefits aziendali, in risposta a significativi vantaggi economici nonché in ottica di attrazione e fidelizzazione dei migliori talenti sul mercato. Questo dato, ha spinto le aziende ad un ulteriore sforzo, questa volta di natura creativa, per ricercare non solo quei benefits più particolari ma soprattutto quelli più innovativi e moderni in grado di attirare e trattenere con maggiore facilità i talenti.Questa “corsa” al benefit più particolare ha comportato vantaggi per entrambe le parti del rapporto di lavoro; vantaggi che vale la pena di ricordare non sono meramente economici e sono particolarmente tangibili sotto un profilo motivazionale, di retention e premiale.

Questi ed altri temi sono affrontati nel Master in Risorse Umane.

 

Ultima modifica il 26/02/2021

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