I limiti dei financial test ratio 

:: A cura del dott. Marco Astolfi ::

Come si è detto in un precedente articolo (I Rating: Capacità di accesso al credito bancario – PARTE 2) una delle critiche che dovrebbe essere mossa ai rating è quella della loro eccessiva rigidità, in quanto è sufficiente una leggera differenza di valori (anche di poche migliaia di euro) tra il numeratore e il denominatore per far scivolare le imprese (“ingiustamente”) su posizioni di scoring più basso.

Inoltre, a dispetto della rigorosità matematica del calcolo e delle sue leggi teoriche e interpretative, a valori bassi degli indici di equilibrio finanziario spesso non corrispondono stati reali di squilibrio o condizioni vicine al default; pertanto un’impresa (e questo spesso avviene nella realtà italiana) potrebbe continuare a vivere e generare stati di efficienza finanziaria nonostante che i suoi “financial test ratio” presentino valori assai più bassi di quelli teorizzati[1].

Le ragioni di questa apparente incoerenza trovano una esplicita risposta nei numerosi limiti intrinsechi alla formazione dei ratios, che cerchiamo di spiegare[2].

 

1° Limite

Il Primo limite è connesso ad uno dei principi fondamentali della redazione e valutazione delle voci in bilancio; ossia il “principio della continuità dell’attività aziendale” (going to concern). Pertanto si dovrebbe tener conto dei valori di bilancio nella prospettiva della loro continuità aziendale (dinamica) e non statica al momento della rilevazione.

Questo limite è congenito in tutte le voci dello Stato Patrimoniale in quanto si caratterizzano per avere una rappresentazione “statica” del fenomeno finanziario (e non “dinamica”), essendo espressione dell’esistenza/giacenza di una certa posta finanziaria (attiva o passiva) dell’impresa, così come rilevabile in un determinato istante (convenzionalmente l'ultimo giorno dell'anno solare).

La differenza con le voci del Conto Economico la si intuisce facilmente osservando l’andamento grafico dei componenti economici. Sia che si tratti di un ricavo o di un costo, la linea che si tratteggerà sul grafico dal 1° gennaio al 31 dicembre, sarà sempre una linea crescente, ed il valore che esprime un punto della linea, in un qualunque momento temporale dell’anno, equivarrà al fenomeno economico “cumulato” in quel momento di rilevazione, facendone intuire il suo divenire e sviluppo nel periodo considerato.

A questo punto il lettore potrebbe facilmente comprendere che per alcuni indici, soprattutto quelli noti al sistema finanziario come current ratio (CR = Attivo circolante/Passivo circolante) e quick ratio[3] (QR = [Liquidità immediate + Liquidità differite] / Passivo Circolante), si potrebbero produrre dei dinamismi completamente opposti all’evoluzione delle voci presenti nell’Attivo Corrente o Circolante (AC) e nel Passivo Corrente o Circolante (PC), senza che peraltro si avverta il contrastante andamento delle due situazioni finanziarie.

Per una maggiore chiarezza si pensi al seguente esempio: il Current Ratio (AC/PC) di un’impresa, rilevato al termine di ogni esercizio (t0 e t1), assume valori inadatti ad esprimere soddisfacenti stati di equilibrio finanziario (es. CR ≤ 1, mentre in caso di equilibrio dovrebbe esprimere valori ≥ 1). Tuttavia ad una più attenta analisi si evidenzia che il valore dell’indice è fortemente influenzato dal fenomeno stagionale che determina (in corrispondenza dell’inizio e fine periodo) un AC minore del PC, mentre per tutto il periodo intermedio (qualora fossimo in grado di osservare il divenire delle posizioni finanziarie) si determina una situazione esattamente opposta (AC > PC), palesando uno stato più stabile di equilibrio finanziario rispetto a quello rilevabile dalla sola lettura delle posizioni contabili ad inizio e fine esercizio (ovvero alle date di chiusura del Bilancio). In questo caso, inoltre, a nulla varrebbe la formazione di indici basati sulla costruzione delle semisomme delle posizioni iniziali (al 01/01) e finali (al 31/12) finanziarie iscritte al numeratore ed al denominatore (come spesso la prassi professionale suggerirebbe), in quanto si assumerebbero come elementi della semisomma sempre valori più alti o più bassi delle medie prodotte durante l’esercizio (convenzionalmente uguale all'anno solare).

2° Limite

Il secondo limite, che peraltro è una conseguenza del limite precedente (basato sul concetto di staticità della rappresentazione contabile delle posizioni finanziarie in bilancio), è dato dalla differente velocità di monetizzazione che potrebbero avere le due sezioni dell’AC e del PC.

Esempio: supponiamo di essere in presenza di un’azienda che mostra uno squilibrio del Current Ratio (CR < 1), dove il PC è superiore all’AC (per più periodi in cui si conduce l’analisi), tuttavia, a fronte di questa apparente situazione di squilibrio finanziario, si riscontra una sostanziale capacità dell’AC di trasformarsi in liquidità con una velocità maggiore con cui si rendono esigibili le PC. Perché si generi questo diverso dinamismo nel numeratore e denominatore dell’indice, è sufficiente che l’impresa acquisti nel tempo una maggiore forza contrattuale commerciale sia verso i clienti e sia verso i fornitori, oppure migliori la logistica e la gestione del suo magazzino. In virtù di questo rafforzamento si potrebbe produrre: a) un accorciamento dilatorio dei termini di incasso, nel credito; b) un allungamento dei termini di pagamento, nel debito; c) una migliore efficienza nel magazzino. Tecnicamente questo si traduce rispettivamente in un rafforzamento dell’indice di rotazione del credito, del magazzino (che passano a valori più alti) e del debito (che passa a valori più bassi).

Quindi, a dispetto di un valore squilibrato del Current Ratio, potrebbe accadere che le AC mostrino un livello di rotatività delle proprie componenti (crediti e magazzini) più veloci di quelle del PC (debiti). In questa situazione, il prematuro giudizio negativo di equilibrio finanziario espresso dal Current Ratio nasconderebbe, invece, un virtuoso progressivo avviamento dell’impresa verso un miglioramento dell’equilibrio finanziario influenzato da una sostanziale efficienza delle componenti dell’AC di trasformarsi in liquidità (moneta).

Laddove sussistessero condizioni di questo tipo, il giudizio finanziario sull’azienda dovrebbe essere modificato rispetto a quello che in apparenza ci indurrebbe la sola lettura degli indici di Current Ratio e Quick Ratio, infatti, non solo ci troveremmo di fronte a condizioni di un progressivo miglioramento dell’equilibrio finanziario, ma addirittura in presenza di una gestione in efficienza finanziaria del circolante dell’impresa.

In conclusione, si comprende la parziale inefficacia interpretativa di questi indici di situazione finanziaria e la loro scarsa funzione segnaletica per valutare il grado di equilibrio, di solidità e di solvibilità finanziaria di un’impresa.

Gli esempi di quest’articolo hanno cercato, quindi, di evidenziare alcune rigidità di giudizio a cui spesso possono incorrere, con errore, le società di Rating e le Banche, quando includono questi indicatori finanziari (ma non solo loro) nei loro modelli di scoring  e calcolo per la valutazione del merito di credito delle imprese.

Si potrebbe (in alcuni casi e solo parzialmente) evitare questa inefficacia interpretativa ricorrendo all'utilizzo di alcuni pesi da attiribuire al numeratore ed al denominatore di questi indici, adottando piccoli accorgimenti al momento della loro formazione e calcolo. Per una maggiore conoscenza di queste tecniche di analisi si rimanda ad un approfondimento nell'ambito dei nostri master in finanza.

 

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[1] Oppure la situazione opposta, ovvero l’azienda presenta indici di situazione finanziaria soddisfacenti sebbene si stia avviando verso cronici stati di illiquidità.

[2] Le considerazioni esposte in seguito, per chiarezza, fanno esclusivamente riferimento a quei ratios che hanno al numeratore e al denominatore grandezze dello Stato Patrimoniale. La dicotomia tra valore segnaletico dell’indice e valore interpretativo appare ancora più evidente quando le due grandezze del quoziente si riferiscono a sezioni contrapposte (es. Attivo Corrente/Passivo Corrente, Liquidità Differite/Debiti, ecc.).

[3] Spesso utilizzato come acid test ratio = Liquidità differite/[Passività Correnti - Liquidità Immediate]

 


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