Alcuni modelli di scoring di bilancio (S&P e MCC)

:: A cura del dott. Marco Astolfi ::

In molti articoli di questa sezione “approfondimenti” abbiamo sollevato più volte l’importanza di introdurre nelle nostre imprese una cultura nuova, che non si esaurisce nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti o processi (peraltro importantissimi per l’innovazione di tutti i nostri settori produttivi), ma anche nell’approcciare nuove filosofie di gestione che vedano introdurre finalmente nelle PMI attività di pianificazione, programmazione e controllo economico-finanziario. La presenza di una diffusa cultura manageriale, condivisa tra diversi soggetti a vari livelli dell’organizzazione funzionale (produzione, commerciale, amministrativo, ecc.), indipendentemente dalla dimensione aziendale e con il supporto di modelli di gestione interni, accresce le capacità competitive dell’impresa sul mercato, ma anche la capacità di utilizzare un linguaggio di comunicazione economica-finanziaria con le istituzioni (ivi comprese quelle creditizie) che sia efficace e sistematica.

Questo approccio, quindi, è anche la diretta conseguenza dell’esigenza delle Banche di avere interlocutori qualificati e professionali che sappiano gestire e controllare i “numeri” della loro impresa (sotto il profilo reddituale, finanziario e patrimoniale), con competenza e professionalità, e che pertanto non si limitino ad analizzare i risultati dell’esercizio solo a fine anno, quando le azioni di intervento correttivo o strategico risulterebbero già tardive.

Come si è detto (Rating – Parte 1) le Banche hanno sempre più la stringente esigenza di rispettare alcuni requisiti (i famosi 3 pilastri: requisiti patrimoniali minimi; controlli prudenziali sull’adeguatezza patrimoniale, informazione al pubblico/disciplina di mercato) in funzione di accordi ben precisi condivisi con organismi internazionali del credito (Basilea) per garantire la stabilità finanziaria dei mercati, al tempo stesso, per il conseguimento di tali requisiti e per evitare il declassamento dei loro rating, devono ribaltare il problema sulla qualità dei loro assets cercando di fare in modo che la propria clientela sia più virtuosa possibile in termini di solvibilità (ovvero gradi di rischio inferiori).

Per questa ragione la valutazione del grado di affidabilità delle imprese e il loro merito creditizio passa anch’esso attraverso sistemi di rating adottati dalle Banche.

Sebbene la metodologia di calcolo di questi rating non ci è spesso pubblicamente diffusa dalla Banche e in molti casi non sussiste una procedura univoca di determinazione, tuttavia possiamo indirizzare il lettore verso quegli indici ritenuti ormai comunemente accettati dal sistema creditizio e che le imprese devono tenere costantemente sotto controllo, anche (come ormai spesso avviene) a scapito di scelte di natura fiscale che in altri tempi avrebbero sicuramente prevalso.

Alcuni indicatori di Bilancio utilizzati dagli Istituti di credito per la calibrazione e associazione al PD (probabilità di default) Cliente/Impresa.

Di seguito i parametri di riferimento per la determinazione dell’Equilibrio Finanziario – Metodo Standard & Poor’s

Tra i vari rating, sicuramente il modello di valutazione economico-finanziaria delle imprese proposti dal Medio Credito Centrale (MCC), costituisce tra tutti quello a carattere più oggettivo, dal momento che è stato diffuso dal MCC con apposite comunicazioni (vedere Allegato MCC).

Il modello di scoring è centrale ai fini della concessione della garanzia agevolata prevista dal Fondo di Garanzia istituito dal MCC stesso.

Il modello MCC prevede un punteggio variabile da 0 a 12 con 3 livelli di affidabilità dell’impresa:

A (da 9 a 12 punti),

B (con 7-8 punti),

C (al di sotto dei 7 punti).

Il modello di scoring si differenza a seconda che la domanda sia stata presentata dalle imprese industriale o da imprese commerciali, come si evidenzia nella tabella sotto.

La critica che maggiormente dovrebbe essere mossa verso qualunque indice promosso da società di rating o Istituzione finanziaria è quella della loro eccessiva rigidità.

Infatti è sufficiente in alcuni casi una leggera differenza di valori (anche di poche migliaia di euro) tra il numeratore e il denominatore per far scivolare l’impresa su posizioni di scoring più basso, rendendo di fatto impossibile o difficile la concessione di un finanziamento, oppure l’accesso al credito a costi meno onerosi rispetto a quelli che la situazione meritoria determinerebbe.


−> Per maggiori approfondimenti leggi anche l'Articolo: 
     I Rating: Capacità di accesso al credito bancario - Parte 1 
     I limiti degli Indici Finanziari

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