Il contratto internazionale
A cura dell'Avv. S. Rossi, Senior Associate EXP Legal
Qualsiasi attività di internazionalizzazione d’impresa presuppone la sottoscrizione di accordi, più o meno complessi o addirittura misti. Da un punto di vista strettamente giuridico, però, confrontarsi con la redazione di un contratto internazionale significa affrontare tutta una serie di problematiche e tematiche nuove rispetto a quelle tipiche del diritto interno con cui l’operatore giuridico è abituato a confrontarsi.
In questo articolo cercheremo, dunque, di individuare gli elementi caratterizzanti di un contratto internazionale nonché i tre principali problemi tecnico-giuridici che lo riguardano.
Secondo l’impostazione generale, un contratto è internazionale, o transnazionale, quando non è destinato ad esaurirsi nell’ambito di un unico ordinamento giuridico statale. Diversi sono, nella pratica, gli elementi che possono contribuire a inquadrare l’internazionalità di un contratto:
- la nazionalità delle parti;
- il luogo di conclusione del contratto;
- il luogo di esecuzione del contratto;
- il luogo in cui si trova il bene oggetto del contratto;
- oppure il metodo e/o la valuta di pagamento.
Con riferimento al contratto internazionale esistono tre questioni tecnico-giuridiche estremamente delicate che è assolutamente necessario discutere ed approfondire in fase di negoziazione: 1) quale sarà il diritto che regolerà il contratto; 2) chi, in caso di controversia, deciderà la lite; 3) quale sarà la lingua del contratto.
Il primo problema generale, dunque, concerne la legge regolatrice del contratto.
Nella prassi, le parti risolvono tale problema inserendo nel contratto un’apposita clausola di elezione del diritto applicabile. Attenzione perché bisognerà compiere un ragionamento molto complesso per individuare la legge più vantaggiosa caso per caso, senza presupporre che sia sempre più conveniente ottenere la designazione del diritto italiano quale legge competente.
Nel caso, invece, in cui le parti abbiamo omesso l’indicazione della legge regolatrice del contratto, la determinazione della stessa andrà effettuata in base alle norme di diritto internazionale privato dei singoli paesi interessati ovvero facendo riferimento a quanto disposto da specifiche convenzioni internazionali, se applicabili al caso di specie.
Ad esempio, il Regolamento (CE) n. 593/2008 (cd. Roma I), adottato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio il 17 giugno 2008 ed entrato in vigore il 17 dicembre 2009, che disciplina l'individuazione della legge applicabile alle obbligazioni contrattuali civili e commerciali, si ispira al principio della cd. residenza abituale. Esso, infatti, prevede all’art. 4 che, in mancanza di scelta espressa esercitata dalle parti, la legge che disciplina il contratto è determinata come segue:
- il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese nel quale il venditore ha la residenza abituale;
- il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la residenza abituale;
- il contratto avente per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immobile è disciplinato dalla legge del paese in cui l’immobile è situato;
- in deroga alla lettera c), la locazione di un immobile concluso per uso privato temporaneo per un periodo di non oltre sei mesi consecutivi è disciplinata dalla legge del paese nel quale il proprietario ha la residenza abituale, purché il locatario sia una persona fisica e abbia la sua residenza abituale nello stesso paese;
- il contratto di affiliazione (cd. franchising) è disciplinato dalla legge del paese nel quale l’affiliato ha la residenza abituale;
- il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge del paese nel quale il distributore ha la residenza abituale;
- il contratto di vendita di beni all’asta è disciplinato dalla legge del paese nel quale ha luogo la vendita all’asta, se si può determinare tale luogo;
- il contratto concluso in un sistema multilaterale che consente o facilita l’incontro di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, quali definiti all’articolo 4, paragrafo 1, punto 17, della direttiva 2004/39/CE, conformemente a regole non discrezionali e disciplinato da un’unica legge, è disciplinato da tale legge.
In subordine, il Reg. Roma I, nelle ipotesi in cui al contratto non possano applicarsi le regole su menzionate o nel caso in cui gli elementi del contratto siano contemplati da più di una delle lettere su menzionate, prevede che il contratto sia disciplinato dalla legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza abituale.
Ed ancora, infine, sempre in mancanza di scelta operata dalle parti, qualora la legge applicabile non possa essere determinata sulla base della possibilità di far rientrare il contratto in uno dei tipi specificati all’art. 4 ovvero in quanto legge del paese di residenza abituale della parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto, il contratto è disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto. Per determinare tale paese si deve verificare, tra l’altro, se il contratto in questione sia strettamente collegato a un altro contratto o ad altri contratti.
La Convenzione sui contratti per la vendita internazionale di beni mobili (Convention on Contracts for the International Sale of Goods - CISG), trattato internazionale adottato nell'ambito delle Nazioni Unite nel 1980 a Vienna ed entrata in vigore il 1 gennaio 1988, introduce una disciplina più o meno uniforme per la regolamentazione dei contratti internazionali di vendita di beni mobili e definisce come internazionali i contratti di vendita:
- qualora le parti del contratto abbiano la propria sede d'affari in Stati contraenti (art. 1, comma 1, lett. (a);
- ovvero qualora le regole di d.i.p. identifichino il diritto di uno Stato contraente come applicabile al contratto (art. 1, comma 1, lett. (b).
Ciò significa che basta il solo elemento della estraneità delle parti per qualificare un contratto di vendita di beni mobili come internazionale con conseguente applicabilità delle norme della CISG.
Risolto questo primo problema, bisognerà poi ragionare su chi, in caso di controversia, deciderà la lite.
In un contratto internazionale sarà, dunque, estremamente importante inserire la cd. forum selection clause che chiarirà, in caso di controversia tra le parti, a quale giurisdizione di uno Stato determinato la lite sarà devoluta. La mancanza di una clausola siffatta esporrebbe le parti, infatti, ad un grossissimo rischio perché si potrebbe determinare un contenzioso transnazionale dinanzi ad uno o più giudici statali di Stati diversi, con grande dispendio di tempo e di risorse economiche dell’impresa.
L’alternativa, però, più diffusa nel commercio internazionale è quella di prevedere una clausola compromissoria attraverso la quale si attribuisce ogni controversia al giudizio di un arbitro o di un collegio arbitrale. In tal caso, le parti hanno la possibilità di richiamare, all’interno della predetta clausola, l’applicazione delle regole di procedimenti arbitrali presso specifiche Corti o Tribunali Arbitrali Internazionali per semplificare tutto il processo.
A livello internazionale, l’arbitrato è sicuramente il metodo più comunemente adottato soprattutto per la risoluzione delle controversie di natura commerciale. Tra le Camere Arbitrali più autorevoli, a livello internazionale, ricordiamo la Corte Internazionale di Arbitrato della Camera di Commercio Internazionale (con sede a Parigi), la London Court of International Arbitration, le Camere arbitrali internazionali con sede a Singapore (SIAC) e Hong Kong (HKIAC), l’International Centre for Settlement of Investment Disputes (con sede a Washington, USA), l’American Arbitration Association (con sede a New York) e l’Arbitration Institute of the Stockholm Chamber of Commerce.
L’ultimo problema tipico dei contratti internazionali, quello della lingua, anche esso potrà essere risolto attraverso un’apposita clausola contrattuale.
Molto spesso, infatti, i contratti internazionali vengono redatti in due o più versioni linguistiche. In tali casi, è possibile che alcuni concetti giuridici espressi in una lingua non combacino con la relativa traduzione nella seconda lingua. Oppure può accadere che determinati istituti giuridici del sistema di una delle due lingue redazionali utilizzate non esistano nel sistema giuridico della seconda lingua contrattuale (si pensi a determinati istituti tipici del common law che non trovano un immediato corrispondente nei sistemi di civil law).
I problemi di traduzione si risolvono in problemi di interpretazione delle clausole e, a volta, possono essere piuttosto insidiosi. Occorrerà, quindi, pattuire quali e quante versioni linguistiche del contratto siano ufficiali e, soprattutto, in quale lingua sarà la versione del contratto che farà fede, ossia che prevarrà in caso di discrepanze linguistiche.
Quelli trattati nel presente contributo sono solo alcuni dei problemi che si pongono all’operatore allorché debba provvedere alla redazione di un contratto internazionale.
L’impostazione guida, seppur in qualche misura utopistica, dovrebbe, infatti, essere quella di negoziare e poi redigere un contratto di per sé autosufficiente, cioè in grado di disciplinare qualsiasi aspetto del rapporto economico. Ciò non significa che si possa tralasciare il problema della individuazione della legge applicabile, ad esempio, perché anche in presenza di un contratto corposo ed estremamente dettagliato ci saranno sempre alcuni aspetti (i.e. clausole) del rapporto che andranno calati all’interno di un sistema giuridico ben definito, all’interno del quale possano essere interpretati e correttamente compresi.
Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Business Law.
Ultima modifica il 23/08/2021
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