Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ed il sistema di rilevamento dello stato di crisi
D. Lgs. n. 14/2019: correttivi al nuovo Codice
Premessa
Il nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (C. C. I.) è stato introdotto nel nostro ordinamento mediante il D. Lgs. n. 14/2019, con il quale il legislatore ha effettuato una risistemazione organica del diritto concorsuale.
La riforma in questione evidenzia un diverso approccio culturale alla materia, improntato alla preservazione dei valori aziendali, al fine della non dispersione delle capacità produttive dell’impresa in crisi o in stato di insolvenza. Tale differente atteggiamento si ravvisa principalmente nella predisposizione da parte del legislatore di un sistema di monitoraggio delle imprese e di misure finalizzate a effettuare una diagnosi tempestiva dello stato di crisi, al fine di permettere un intervento immediato, in modo da impedire l’insorgere dello stato di crisi (c. d. misure di allerta). Si tratta di istituti completamente sconosciuti all’ordinamento italiano, di cui si proverà a fare un’analisi nel presente lavoro, tuttavia senza alcuna pretesa di esaustività, in quanto la materia è ancora in fase di definizione. La normativa in esame è stata infatti oggetto di interventi correttivi, resi necessari dall’insorgere dell’attuale emergenza epidemiologica. Il Codice sarebbe infatti originariamente dovuto entrare in vigore decorsi 18 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 14/02/2019), ad eccezione di alcune disposizioni, la cui operatività era stata posticipata al trentesimo giorno successivo. A fronte della recessione economica generata dalla pandemia, il legislatore ha però posticipato a settembre 2021, con il D. L. 23/2020, l’entrata in vigore della normativa, ritenendo che, in un simile contesto, la sua applicazione avrebbe prodotto risultati marcatamente disfunzionali (si precisa che le modifiche al Codice Civile sono già in vigore da marzo 2019). Per le medesime ragioni, è stato altresì emanato il D. lgs. 147/2020, mediante il quale sono stati predisposti correttivi al nuovo Codice. Inoltre, dato il perdurare della situazione emergenziale, il Ministro della Giustizia ha recentemente nominato una Commissione al fine di valutare l’ulteriore dilazione dell’entrata in vigore della normativa, la formulazione di proposte per dare completa attuazione al Dir. UE 2019/1023, nonché la modifica, anche temporanea, di alcune disposizioni in relazione all’emergenza sanitaria in atto.
Ambito di applicazione del nuovo Codice
L’art. 1 C. C. I. dispone l’applicazione della nuova disciplina alle situazioni di crisi e di insolvenza dell’impresa che esercita, anche senza fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana, o agricola, come persona fisica, giuridica o altro ente. Le uniche eccezioni riguardano le società pubbliche[1], (con esclusione ovviamente dello Stato e degli enti pubblici) nei cui confronti si applicano parte delle novità previste dalla nuova legge, fatte salve le leggi speciali. La normativa si applica poi ai c. d. gruppi di imprese, intesi come quell’insieme di enti che sono sottoposti, ai sensi degli artt. 2947 e 2545-septies c.c., alla direzione e/o coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica sulla base di un vincolo partecipativo o di un contratto.
Il nuovo Codice della crisi si applica altresì al consumatore (inteso come persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale svolta) e al professionista, ossia quel soggetto che esercita, ai sensi del Codice Civile, un’attività caratterizzata prevalentemente dall’elemento intellettuale rispetto a quello materiale. Si specifica che le procedure di allerta, di cui si tratterà, non trovano applicazione nelle “grandi imprese, nei gruppi di imprese di rilevante dimensione, le società con azioni quotate in mercati regolamentati, o diffuse fra il pubblico in misura rilevante secondo i criteri stabiliti dal Regolamento della Commissione nazionale per le società e la borsa - Consob concernente la disciplina degli emittenti”. In linea generale, il nuovo Codice disciplina le procedure applicabili, qualora sussista uno stato di sovraindebitamento, insolvenza o di crisi di un’impresa, un consumatore o un professionista.
Il legislatore definisce stato di sovraindebitamento lo status di crisi o di insolvenza che caratterizza, ai sensi della L. 3/2012, il consumatore, il professionista, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo, le star up innovative e ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, alla liquidazione coatta amministrativa o ad altra procedura liquidatoria. Lo stato di insolvenza è descritto, conformemente a quanto previsto dall’attuale Legge Fallimentare, come lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrano che costui non è più in grado di soddisfare regolarmente le obbligazioni assunte. Nuova è invece la definizione di “crisi”, intesa come quello stato di squilibrio economico-finanziario che rende “probabile” l’insolvenza del debitore, ove non affrontato tempestivamente in presenza dei c. d. indicatori della crisi, di cui si parlerà in seguito.
Gli indici di crisi
Il nuovo Codice identifica, all’art. 13, gli indici di allerta necessari a valutare l’andamento, la solvibilità e la continuità aziendale di un’impresa. In relazione a questi indicatori, la governance aziendale ha il compito di istituire un assetto amministrativo[2], organizzativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa ed in grado di individuare tempestive soluzioni di fronte a segnali che identificano una situazione di crisi o pre-crisi, pena l’incorrere in responsabilità per mala gestio. Il comma 1 qualifica come indicatori di crisi: gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, nonché i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi. Questi indicatori devono essere rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa ed all’attività svolta dal debitore, in relazione alla data di costituzione e dell’inizio dell’attività imprenditoriale. Gli stessi sono rilevabili attraverso indici che devono essere in grado di individuare il momento di discrimine tra situazioni in cui è richiesta la segnalazione e quelle che non lo richiedono ancora[3]. Questi devono dare evidenza della non sostenibilità dei debiti per un lasso di tempo definito almeno nei sei mesi successivi e, contemporaneamente, dell’assenza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso. Quando la durata residua dell’esercizio, al momento della valutazione, sia inferiore a sei mesi, bisogna riferirsi ai sei mesi successivi. Per raggiungere questo obiettivo, sono qualificabili come indici significativi quelli in grado di misurare la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento attraverso i flussi di cassa e l’inadeguatezza dei mezzi dell’azienda rispetto a quelli dei terzi.
Al comma 2, il legislatore demanda al Consiglio Nazionale Dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili il compito di elaborare, con cadenza almeno triennale, gli indici da cui ragionevolmente presumere la sussistenza dello stato di crisi dell’impresa. Il comma 3 prevede, qualora l’impresa ritenga inadeguati gli indici elaborati dal Consiglio in virtù delle proprie caratteriste, l’obbligo per questa di indicare gli indici reputati idonei a far presumere la ragionevole sussistenza del suo stato di crisi, specificandone le ragioni nella nota integrativa al bilancio di esercizio. L’adeguatezza di questi indici deve essere attestata da un professionista indipendente e produrranno effetti a decorrere dall’esercizio successivo.
La procedura di allerta
Le procedure di allerta si concretizzano in un obbligo di segnalazione da parte degli organi societari di controllo e dei creditori pubblici qualificati. Il legislatore precisa che, all’esito dell’allerta o anche prima della sua attivazione, il debitore può accedere al procedimento di composizione assistita della crisi, che si svolge in modo riservato e confidenziali dinanzi all’O. C. R. I. Un’importante novità è il fatto che le imprese escluse possano usufruire ugualmente delle misure premiali previste dall’art. 25, ove ricorrono le condizioni di tempestività di cui all’art. 24. La delega prevede, altresì, a carico degli organi di controllo societari e degli organi di revisione, l’obbligo di avvisare immediatamente, tramite comunicazione scritta trasmessa con modalità certa, gli amministratori dell’esistenza di indizi fondati di uno stato di crisi. La comunicazione deve fissare un congruo termine (al massimo di 30 giorni) entro il quale gli amministratori devono esplicitare le dovute soluzioni. In caso di omesso o inadeguato riscontro, o comunque in caso di mancata adozione di misure idonee entro 60 giorni, gli organi preposti dovranno informare direttamente il competente organismo.
Parimenti viene imposto ai creditori pubblici qualificati quali l’Agenzia delle Entrate, gli agenti della riscossione e gli Enti previdenziali, di segnalare immediatamente agli organi di controllo della società e all’organismo di composizione il perdurare di inadempimenti di importo rilevante. Il creditore pubblico qualificato deve dare immediato avviso al debitore del fatto che, la sua esposizione debitoria ha superato l’importo rilevante e che lo stesso sarà tenuto ad effettuare la segnalazione agli organi di controllo della società e all’organismo competente solo se, entro i 3 mesi successivi, non provvederà ad attivare il procedimento di composizione assistita della crisi o non estinguerà il debito o non raggiungerà un accordo con il creditore pubblico qualificato o non richiederà l’ammissione ad una procedura concorsuale. I creditori pubblici qualificati non procedono alla segnalazione nel caso in cui il debitore documenta di essere titolare di crediti di imposta o di altri crediti verso pubbliche amministrazioni risultanti dalla piattaforma per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni per un ammontare complessivo non inferiore alla metà del debito verso il creditore pubblico qualificato.
[1] Come definite dal D. Lgs. 175/2016.
[2] In virtù della riforma dell’art. 2086 c. c., comma 2.
[3] Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Crisi d’impresa gli indici dell’allerta, 2019;
A cura di A. Avallone, B. Barlottini, M. R. Chiedi, G. Costa (partecipanti dell'Executive Master in Avvocato d'Affari e dell'Executive Master in Giurista d'Impresa)
Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Business Law.
Ultima modifica il 16/06/2021
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