Il ruolo degli strumenti psicometrici nell’assessment del personale
I test cognitivi e i test di personalità
A cura di Elena Cesari e Daniele De Robbio, partecipanti dell'Executive Master in HR Psicologi.
In ambito aziendale, possedere una buona conoscenza ed operare un’opportuna analisi del mercato del lavoro, permette di operare delle valide scelte che hanno lo scopo di incrementare il capitale umano delle organizzazioni. Tuttavia, tale processo risulta essere lungo e laborioso: è per questa ragione che i professionisti delle risorse umane si avvalgono di strumenti psicometrici come i test, utili a supportare tale lavoro di ricerca, che li agevola in particolar modo durante la fase di selezione e valutazione del personale.
Ma cosa sono i test psicometrici?
“Per test si intende una procedura sistematica attraverso la quale viene presentato ad una persona un insieme di stimoli (domande, problemi, compiti) in grado di elicitare particolari risposte valutabili e interpretabili quantitativamente sulla base di criteri specifici o di definiti standard prestazionali” (Zeidner e Most, 1992 in Pedrabissi e Santinello, 1997). Essi sono dunque degli strumenti standardizzati, costruiti al fine di determinare un comportamento misurabile e osservabile, che sia confrontabile con una norma relativa alla popolazione di riferimento. Perché essi vengano considerati affidabili e significativi, devono avere tre principali caratteristiche: devono essere attendibili, ossia avere un buon grado di precisione nella procedura di misurazione, validi, ovvero avere un buon grado di accuratezza in ciò che si propone di misurare, ed, in ultimo, i suoi risultati devono essere quantificabili.
L’utilizzo di tali strumenti facilita le unità HR nella misura in cui riescono ad offrire un supporto competente alle indagini di elementi e caratteristiche che spesso, durante la ricerca del personale, non fuoriescono dal racconto delle esperienze dei candidati o dal loro curriculum vitae, fornendo così un quadro più completo per ogni persona. Inoltre, il loro impiego risulta particolarmente vantaggioso nei casi in cui vi è una selezione su dei giovani con alle spalle poche esperienze lavorative o professionali, così da poter individuare degli aspetti che l’individuo potrebbe ancora non aver sperimentato durante la propria carriera, riconducibili – ad esempio - ad ambiti come la propria motivazione, i propri valori professionali, la propria personalità e le proprie competenze di intelligenza emotiva. Tali variabili individuali potenzialmente indagabili non risultano tanto interessanti di per sé ma, piuttosto, in correlazione alle variabili organizzative, e quindi alla loro capacità di predire in maniera indiretta possibili esiti lavorativi. Il focus non è dunque sul singolo, quanto sull’organizzazione e su ciò che ne promuove o meno lo sviluppo.
Attualmente, è possibile servirsi di molteplici tipologie di test; tuttavia, quelli maggiormente utilizzati possono essere ricondotti a due categorie:
- test cognitivi
- test di personalità.
Test cognitivi
Tra i test cognitivi si annoverano:
- i test psicoattitudinali, finalizzati al rilevamento di specifiche abilità considerate importanti per l’apprendimento e lo svolgimento di specifiche attività tipiche di una professione. Potremmo qui parlare di un’analisi della cosiddetta intelligenza fluida. Queste abilità possono essere di diversi tipi:
- Mentali: spaziali, numeriche, verbali e di ragionamento;
- Di attitudine meccanica e spaziale: coordinazione muscolare, intuito per principi meccanici e destrezza;
- Psicometriche: destrezza manuale, tempo di reazione, precisione del controllo e coordinamento degli arti;
- I test di conoscenza, che hanno lo scopo di analizzare alcune delle conoscenze specialistiche del soggetto, ritenute fondamentali per il suo impiego, passando quindi all’analisi dell’intelligenza cristallizzata. La differenza tra questi test e quelli psicoattitudinali è simile alla differenza che intercorre tra intelligenza fluida e cristallizzata: nel primo caso vengono considerate e misurate le capacità potenziali del soggetto, ossia cosa è potenzialmente in grado di fare, mentre nei test di conoscenza si indaga quelle che sono le conoscenze già presenti e consolidate, ovvero cristallizzate, nel soggetto. Questa misurazione può essere effettuata sia con dei semplici quiz sulle conoscenze, simili agli esami di profitto universitari, sia con delle prove di simulazione delle situazioni lavorative oggetto di esame;
- I test di abilità generale, utili alla misurazione dell’intelligenza del soggetto. Tali test vengono utilizzati in sede di selezione e valutazione del potenziale della risorsa, per analizzare le sue capacità di apprendere in maniera esperienziale, di adattamento ai cambiamenti dell’ambiente e di comprensione di come le sue attività si trovano inserite nel contesto dell’organizzazione. Questa modalità è caduta in disuso a causa di alcune criticità importanti che ne han inficiato la predittività. La prima criticità riguarda la modalità di operazionalizzazione dell’intelligenza che ha prevalso nel tempo, quella del QI di Binet e Simon, costrutto che nel tempo è stato fortemente criticato per la sua forte suscettibilità alle differenze culturali. La seconda criticità riguarda questa visione monolitica dell’intelligenza che è stata sconfessata sia dagli studi di Gardner sulle intelligenze multiple sia da quelli di Goleman sull’intelligenza emotiva; entrambi dimostrano come questo tipo di intelligenza rappresenti solo una piccola parte delle competenze necessarie ad un bravo manager.
Test di personalità
Per quanto concerne i test di personalità, questi hanno l’obiettivo di analizzare alcune delle “caratteristiche emotive, motivazionali, relazionali e di atteggiamento che sono alla base dell’interazione di un individuo con il proprio ambiente di riferimento” (Costa, Gianecchini, 2019). A differenza dei test appena indagati, che si basano sulla massima performance dell’individuo, in questi si misura la personalità nella sua forma tipica per determinare le probabili reazioni degli individui nelle quotidiane situazioni lavorative. In tali casi, dunque, non vengono analizzate direttamente variabili attinenti all’ambito lavorativo - come il potenziale manageriale e la capacità di collaborazione - ma vengono inferite indirettamente tramite tratti di personalità ad esse correlate. Per tale ragione, una grossa critica mossa a questi test è il loro limite nel prevedere effettivamente gli esiti lavorativi futuri, dato il tangibile grado di aleatorietà. È dunque raccomandabile utilizzare questi strumenti come supporto orientativo e non come unico strumento di scelta. Ognuno degli strumenti sviluppati in tale ambito fa riferimento ad una specifica teoria della struttura della personalità.
Tra i più utilizzati citiamo:
- Il California Psychological Inventory (CPI): un questionario autodescrittivo che definisce le modalità attraverso le quali una persona entra in relazione con l’altro, il modo con cui tiene conto delle norme e delle credenze e le sue competenze a collegare mezzi personali e fini;
- Il Myer-Briggs Type Indicator (MBTI): prende ispirazione dalla teoria dei tipi psicologici di Jung, indicando come elementi costituenti della personalità quattro dimensioni dicotomiche di base:
- Estroversione (E) – (I) Introversione: estroverso indica una persona rivolta all'esterno, mentre introverso indica una persona rivolta all'interno. Questa preferenza viene chiamata atteggiamento;
- Sensitività (S) – (N) Intuizione: descrivono come l'individuo prende informazioni dal mondo che lo circonda, quindi in modo sensitivo (tramite esperienze concrete) o in modo intuitivo (attraverso schermi astratti e principi generali);
- Ragionamento (T) – (F) Sentimento: descrivono il modo in cui si prendono le decisioni, quindi tramite ragionamento (sulla base delle possibili conseguenze) o tramite il sentimento (sulla base di ciò che si prova);
- Giudizio (J) – (P) Percezione: identifica la preferenza nell'usare o la propria funzione di giudizio (ragionamento o sentimento) o quella di percezione (intuizione o sensazione) nel relazionarsi col mondo esterno;
- Il Big Five Questionnarie-2 (BFQ-2): il questionario è basato sui Cinque Grandi Fattori così denominati e riportati nel manuale (a cui corrispondono ognuno due sottodimensioni):
- Energia (Scala E): alti punteggi indicano un comportamento dinamico, attivo ed energico tipico di soggetti estroversi, dominanti e loquaci;
- Amicalità (Scala A): qui alti punteggi indicano un atteggiamento altruistico, amichevole, generoso ed empatico, tipico di persone considerate cooperative, cordiali e gradevoli;
- Coscienziosità (Scala C): in questo caso alti punteggi indicano un atteggiamento scrupoloso, riflessivo, ordinato, accurato e preservante, fino ad arrivare all’eccesso, quindi alla pignoleria e all’eccessiva attenzione ai dettagli;
- Stabilità emotiva (Scala S): qui alti punteggi indicano basso livello d’ansia, di vulnerabilità ed impulsività, tipico delle persone pazienti, difficilmente emotive ed irritabili;
- Apertura mentale (Scala M): in tale scala alti punteggi indicano persone che si considerano colte, curiose, con interessi variegati e aperte a nuove conoscenze ed esperienze, come culture e usanze diverse.
Il test è composto da 134 item, risultato della somma dei 12 item concernenti ciascuna delle sottodimensioni che definiscono i Big Five più gli ulteriori 14 item della scala Lie (L), scala utile a denotare il grado di desiderabilità sociale del soggetto, ossia quanto tenda a mostrare un’immagine falsata di sé, anch’essa avente due sottodimensioni.
Infine, tramite gli strumenti della testistica, possono essere sondate anche le hard e soft skills: le prime sono quelle competenze tecniche apprese durante il proprio percorso formativo e lavorativo, mentre le seconde sono tutte quelle abilità personali e trasversali che vengono utilizzate in ogni ambito, che sia interpersonale o lavorativo. In particolar modo, queste ultime, stanno riscontrando grande interesse all’interno dell’ambito HR: infatti, risultano ricoprire un ruolo di fondamentale importanza capacità come il problem solving, l’intelligenza emotiva, l’organizzazione, la gestione dei gruppi, l’adattamento, l’ascolto e la creatività.
Per concludere, i test psicometrici non sono considerabili come unici strumenti sufficienti per valutare e selezionare, tuttavia sono fondamentali risorse di supporto delle unità HR e ottime basi da cui partire, in particolar modo nei casi in cui il background lavorativo del candidato non permetta di ricavare informazioni necessarie per una completa ed oggettiva valutazione.
Bibliografia
- Caprara, G. V. & Gennaro, A. (1994). Psicologia della personalità: Storia, indirizzi teorici e temi di ricerca. Strumenti. Psicologia. Bologna: Il Mulino.
- Costa, G. & Gianecchini, M. (2019). Risorse umane: Persone, relazioni e valore (4° ed.). Milano: McGraw-Hill.
- Gardner, H. & Galimberti, U. (2005). Educazione e sviluppo della mente: Intelligenze multiple e apprendimento. Trento: Erickson.
- Geisinger, K. F., Bracken, B. A., Carlson, J. F., Hansen, J.-I. C., Kuncel, N. R., Reise, S. P. & Rodriguez, M. C. (2013). APA handbook of testing and assessment in psychology, Vol. 1: Test theory and testing and assessment in industrial and organizational psychology. Washington: American Psychological Association.
- Goleman, D. (2000). Lavorare con intelligenza emotiva: Come inventare un nuovo rapporto con il lavoro. Milano: BUR.
- Pedrabissi, L. & Santinello, M. (1997). I test psicologici: Teorie e tecniche. Bologna: Il Mulino.
Ultima modifica il 28/01/2022
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