L'evoluzione del mondo del lavoro
Il fenomeno dello Smart Working
L’attuale mondo lavorativo, caratterizzato e influenzato dalle continue innovazioni tecnologiche, sta andando incontro ad una progressiva trasformazione, sia in riferimento agli obiettivi prefissati dalle aziende, sia per quanto riguarda l'approccio dei dipendenti verso il lavoro.
In un’epoca come la nostra, in cui si sente parlare continuamente di digitalizzazione e di industria 4.0, si può facilmente comprendere come le nuove tecnologie condizionino le modalità concrete di svolgimento dell’attività lavorativa.
In questo contesto di sviluppo non solo tecnologico, ma anche culturale, si inserisce il fenomeno dello "smart working", noto anche come “lavoro agile”: modello organizzativo nel quale la prestazione lavorativa viene svolta e valutata in assenza dei classici vincoli spaziali e temporali.
Secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, il lavoro agile è una vera e propria filosofia manageriale, che permette maggiore flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, orari e strumenti di lavoro, contribuendo anche a un maggior grado di responsabilizzazione sui risultati.
Con il supporto degli strumenti che la tecnologia odierna fornisce, il modello organizzativo dello smart working riconosce al dipendente la possibilità, previo accordo con il datore di lavoro, di svolgere le proprie mansioni da casa o da remoto in qualsiasi altro luogo ritenuto idoneo (persino un parco o un bar). Questo non solo in un’ottica di maggiore efficienza e minori costi per l’azienda, ma anche in termini di una maggiore conciliabilità della vita lavorativa con quella privata per il lavoratore.
È stato infatti ampiamente dimostrato che lavorare da casa o da remoto permette di organizzare autonomamente la propria routine lavorativa e veicola un senso di indipendenza che coincide quasi sempre con una maggiore soddisfazione sul piano professionale; tale soddisfazione si traduce in un maggiore impegno e dedizione nell’affrontare le proprie mansioni, comportando pertanto elevati livelli di produttività.
Lo smart working si basa su alcuni principi quali: la fiducia, che diventa un elemento essenziale nelle relazioni aziendali alla base di un corretto funzionamento dell’impresa (Ebert, 2009); l’autonomia sul lavoro, che favorisce un maggiore coinvolgimento dei dipendenti a tutti i livelli aziendali (Goodman, 1979), la flessibilità, tratto distintivo dei nuovi modelli di lavoro, che sempre più devono adeguarsi ai continui mutamenti del moderno contesto competitivo (Upton, 1995); la collaborazione e la comunicazione, che incarnano altri due aspetti chiave dello smart working (Maynard, 2014).
Il cd. lavoro agile è approdato recentemente anche nel contesto lavorativo e giuridico italiano sulla spinta dell’esperienza già maturata in altri paesi, come gli Stati Uniti (con una percentuale attuale di adesione del 37%) e il nord Europa, che da diversi anni hanno colto la necessità di elaborare un modo alternativo e più flessibile di concepire l’esperienza lavorativa.
L’Italia si inserisce in un iter legislativo europeo, tracciato inizialmente dal Parlamento britannico e poi proseguito in Olanda e Francia. Nello specifico, il primo paese che ha sancito il diritto ad una maggiore flessibilità, volta a conciliare la vita privata con il lavoro, è stato il Regno Unito attraverso la Flexible Working Regulation, risalente al 2014.
Nel 2016 anche i Paesi Bassi approvano una legge analoga, la Flexible Working Act, che sebbene non si applichi alle microimprese con meno di dieci dipendenti, permette al lavoratore di apportare modifiche al proprio orario di lavoro e di scegliere un luogo, in aggiunta alla propria sede aziendale, nel quale svolgere autonomamente l’attività lavorativa.
In Germania il Ministero Federale tedesco del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato il documento “Arbeiten 4.0 ” (Lavoro 4.0) che raccomanda l’introduzione di modelli di flessibilità volti ad accompagnare la trasformazione digitale del mercato del lavoro.
La Francia si è dedicata a rendere più flessibile il telelavoro con una serie di interventi che hanno condotto riforma della Loi Travail del 31/8/2017.
La legge italiana ha disciplinato questo fenomeno con la legge n. 81/2017, che definisce lo smart working «quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva».
Nonostante l’introduzione di una normativa apposita, in Italia, come riporta il sito dell’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, ad oggi gli smart worker sono solo 480.000, pari al 12,6% del totale degli occupati che, in base alla tipologia di attività del loro lavoro, potrebbero scegliere questa modalità di lavoro.
A fare da traino ci sono, innanzitutto, le grandi aziende: il 56% di loro ha avviato progetti strutturali di lavoro agile, con un ulteriore 8% che ha intenzione di procedere con sistemi simili a partire dal 2020.
Meno innovative, sotto questo punto di vista, le piccole e medie imprese, dove il 38% si dichiara del tutto disinteressato a progetti di questo tipo, al fronte di un 8% già attivo nel lavoro agile.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, l'Osservatorio evidenza i primi sviluppi: l’8% degli enti pubblici ha avviato progetti strutturati di smart working (in crescita rispetto al 5% un anno fa). Ma la maggioranza ancora non si è mossa, infatti nel 36% delle pubbliche amministrazioni lo smart working è assente ma di probabile introduzione, nel 38% incerto, ed il 7% risulta non esserne interessato.
In conclusione, le aziende non dovrebbero sottovalutare la possibilità di lavorare da remoto e i molti benefici che esso apporta (Hartog et al., 2015), sia in termini di vantaggio psico-sociale dei lavoratori sia di vantaggio per l’azienda.
Più il lavoratore acquisisce benessere nel proprio luogo di lavoro, maggiore saranno i suoi livelli di produttività e prestazione. Questo determinerà la creazione di un rapporto fiduciario con il proprio manager ed i propri colleghi e svilupperà una maggiore consapevolezza del proprio lavoro, degli obiettivi e delle opportunità di crescita professionale e personale. Una maggiore flessibilità di orari e spazi permetterà inoltre un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata e non in ultimo, come riporta l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, il lavoro agile ha un effetto positivo anche sulla motivazione e sulla conseguente soddisfazione lavorativa.
Sempre come riportato dall’Osservatorio, i vantaggi per l’azienda riguardano il fatto che lo smart working contribuisce ad aumentare la produttività del 15%, riduce il tasso di assenteismo di circa il 20%, ha effetti positivi sulla qualità del lavoro svolto ed un risparmio di circa il 30% sui costi di gestione degli spazi fisici. Tutte queste componenti contribuiscono ad elevare e distinguere sul mercato le aziende che investono nello smart working, rendendole più appetibili ed attrattive, soprattutto in termini di talent acquisition e di employer branding.
Bibliografia e Sitografia
- Ebert, T. A. (2009). Facets of trust in relationships–a literature synthesis of highly ranked trust articles. Journal of Business Market Management, 3 (1): 65-84.
- Goodman, P. S. (1979). Assessing organizational change: the rushton quality of work experiment. Journal of management studies, 3 (1): 33-58.
- Government UK, (2014). “The flexible working regulations 2014”, https://www.gov.uk/flexible-working/applying-for-flexible-working, (Dicembre 2014).
- Hartog, K.L., Solimene, A., & Tufani, G., (2015). The Smart Working Book l’età del lavoro agile è arrivata. Ebook, Seedble.
- L. 22 Maggio 2017, n. 81, "Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/06/13/17G00096/sg
- Maynard, S. (2014). Collaboration in the Workplace: What Does it Actually Mean?. Academy of Management Journal, 78 (7): 1125-1156.
- Mosca, A. (2014). Smart working: presentata la proposta di legge. http://www.alessiamosca.it/?p=4149, (Novembre 2014).
- Osservatorio Smart Working, (2014). Smart Working and Smart Workplace. Politecnico di Milano.
- Upton, D. (1995). What really makes factories flexible?. Harvard business review, 73 (4): 74‐84.
A cura di Cerri Boni Anna, Cossu Chiara, Cristaldi Stefano, Paniconi Claudia, Rossi Francesca (partecipanti agli Executive Master in Direzione del Personale e Risorse Umane)
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