La conservazione del valore aziendale con continuità indiretta nella composizione negoziata della crisi
A cura dell'Avv. Gianfranco Arpea, Bankruptcy and Restructuring Partner at Ughi e Nunziante e Docente in area Lex & Tax.
1. Premessa
A un anno dall’introduzione della Composizione Negoziata della Crisi tra gli early warning tools l’Esperto è chiamato a interpretare un ruolo multiforme, in sintonia con l’approccio business rescue oriented della Direttiva Insolvency.
Gli indirizzi giurisprudenziali offrono un margine di manovra ristretto: le misure protettive appaiono depotenziate rispetto agli iniziali obiettivi legislativi, mentre l’erogazione di finanza nuova è ostacolata da diversi limiti di bankability delle imprese. Si avverte, inoltre, la mancanza di un percorso guidato verso il cram down fiscale e previdenziale.
In questo contesto, è naturale interrogarsi su come l’Esperto possa agire come “facilitatore” e “garante” per traguardare l’obiettivo della continuità aziendale. La chiave di lettura risiede, a mio avviso, nella pianificazione delle vicende circolatorie dell’azienda.
All’imprenditore che nel percorso di CNC opti per un trasferimento aziendale si pone un’alternativa rigida: la disclosure preventiva con l’Esperto, necessaria per conservare lo scudo protettivo per il patrimonio dell’impresa, o l’autorizzazione giudiziale, con liberazione dei debiti pregressi per il cessionario e la stabilizzazione degli effetti del trasferimento. In entrambi i casi, sono richiesti la verifica sull’assenza di soluzioni migliori sul mercato e il rispetto del principio di competitività.
Analizziamo di seguito gli aspetti principali della questione.
2. Procedimento
Per una più completa comprensione della questione, è opportuno partire dalla disciplina applicabile.
Come noto, l’art. 22, comma 1, lett. d), del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (che recepisce con una significativa integrazione nell’ultima parte quanto testualmente già previsto dall’art. 10, comma 1, d.l. 24 agosto 2011, n. 118) prescrive che: «su richiesta dell’imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può: [… ] d) autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l’articolo 2112 del codice civile. Il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente».
Il fine cui la norma tende è chiaro: il susseguirsi di crisi economiche che stanno contraddistinguendo l’epoca presente, nonché il succedersi di norme business rescue oriented, favoriscono le condizioni di conseguire il risanamento attraverso la cessione dell’azienda o di un suo ramo.
È evidente che il Legislatore, anche nell’ambito di un percorso dichiaratamente estraneo ai quadri di ristrutturazione preventiva e alle procedure concorsuali, ha ritenuto primario l’interesse di mantenere attiva e funzionante l’impresa, nonché di favorirne la ricollocazione sul mercato.
A partire da questo presupposto, è chiaro che l’eventuale imposizione di vincoli che possano impedire o rallentare la cessione dell’azienda in esercizio costituirebbe un potenziale pregiudizio per la massa e, in ogni caso, per la stessa continuità aziendale.
È per rispondere a questa esigenza che il Legislatore ha previsto la possibilità di trasferire, in tutto o in parte, il compendio aziendale anche durante la fase delle trattative della CNC, pur prescrivendo specifiche cautele procedimentali e sostanziali. Va infatti rilevata l’esigenza di una tutela specifica per il cessionario che, al di fuori di una procedura concorsuale, riceva il trasferimento di un asset a garanzia di crediti dei terzi.
Va rilevato in primo luogo che il trasferimento di azienda rientra tra gli atti di straordinaria amministrazione e che l’istante ben potrebbe procedere alla alienazione autonomamente così come previsto dall’art. 21 CCII (e ancor prima dall’art. 9 d.l. 118/2021) senza richiedere l’autorizzazione preventiva del Tribunale, ma sempre a seguito dell’informativa all’Esperto nominato.
Tuttavia, in questo caso il cessionario risponderebbe in via solidale con il cedente dei debiti anteriori risultanti dai libri contabili obbligatori, così come previsto ai sensi dell’art. 2560, comma 2, c.c. e, parimenti, non opererebbe nemmeno l’istituto conservazione degli effetti prevista dall’art. 24 CCII (che ripropone il testo dell’art. 12 d.l. 118/2021).
È chiaro quindi come una simile previsione risulterebbe di difficile applicazione per mancanza di convenienza e certezza per il cessionario. Difatti, solo l’autorizzazione del Tribunale concede e legittima l’applicazione dell’effetto purgativo ex art. 2560 c.c. nonché la conservazione degli effetti e, pertanto, appare chiaro come la unica strada percorribile, per il trasferimento dell’azienda nella pendenza della CNC, sia quella preceduta dalla autorizzazione giudiziale.
Quanto all’ambito di applicazione della deroga di cui all’art. 2560, comma 2, c.c., mentre è appurato che essa si applichi ai soli debiti accertati e non anche alle mere posizioni da definire (relativamente alle quali quindi il cessionario continuerà a essere responsabile), qualche dubbio potrebbe invece porsi relativamente al trattamento dei debiti tributari.
In particolare, ai sensi dell’art. 14 D. Lgs. 472/1997, in caso di cessione d’azienda il cessionario, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente, è in linea generale responsabile in solido con lo stesso per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.
3. Percorso competitivo
Come visto, in caso di accoglimento della richiesta di trasferimento aziendale, il Tribunale non deve limitarsi ad autorizzare, ma deve anche verificare il rispetto del principio di competitività. Quali siano le misure opportune non è specificato dalla legge che, infatti, si limita a riferirsi a principi piuttosto che a regole.
In questo contesto s’innesta il decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021 che tenta di tracciare delle procedure e best practice in funzione di controllo del buon esito della competizione.
Nella prassi, è ragionevole assumere che l’istanza sia presentata dall’imprenditore sulla base di un’offerta da parte di un soggetto già individuato e che abbia a oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda o di suoi rami.
In questi casi, sembra ragionevole assumere che, anche in mancanza di riferimento a offerte concorrenti e di competitività nel dato normativo, il tribunale in linea generale richieda la verifica sull’esistenza di eventuali soluzioni migliori sul mercato, analogamente a quanto previsto nella liquidazione dei beni nel concordato liquidatorio semplificato.
Per agire con efficacia è indispensabile una pianificazione precoce che passi per il coinvolgimento dell’Esperto. È essenziale puntare a una competizione semplificata a struttura flessibile, un modello che ibridi le regole concorsuali, il modello “virtuoso” tracciato dal decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021, con quelle del mercato libero.
4. Stabilità degli effetti
Quanto alla stabilità e conservazione degli effetti dell’atto traslativo, soccorre la previsione di cui all’art. 24 CCII, secondo cui: «Gli atti autorizzati dal tribunale ai sensi dell’articolo 22 conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, un piano di ristrutturazione proposto ai sensi dell’articolo 64-bis omologato, l’apertura della liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 25-sexies omologato».
Non può quindi dubitarsi dell’intenzione del Legislatore di salvaguardare, qualunque sia l’esito della procedura negoziale, sia l’effetto traslativo che quello purgativo rispetto ai debiti anteriori. Tale conservazione degli effetti sostanzia, dunque la condizione essenziale al fine di ottenere un qualche reale ed effettivo interesse di terzi a rilevare l’azienda in crisi.
Difatti, laddove si dovesse dubitare della stabilità degli effetti, con ogni probabilità gli eventuali interessati alla prosecuzione della continuità aziendale finirebbero per propendere per la conclusione di un contratto di affitto di azienda.
Tale ipotesi deve tuttavia ritenersi esclusa dal perimetro di applicazione della disciplina in commento e, soprattutto, del regime autorizzatorio. In ogni caso, tale ipotesi non risulterebbe risolutiva nel separare il debito dalla creazione di nuova ricchezza attraverso la prosecuzione dell’attività d’impresa. Di talché, l’istituto della CNC ne resterebbe gravemente ridimensionato.
Confermata la stabilità degli effetti della cessione, restano in ogni caso delle cautele espresse a tutela dei creditori anteriori:
- come visto, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d), CCII, resta ferma l’applicazione dell’articolo 2112 c.c. Dunque, il Legislatore ha voluto perseguire l’obiettivo della conservazione inalterata delle tutele legali dei diritti dei lavoratori, ivi compreso il mantenimento dei livelli occupazionali, a scapito dei diversi creditori anteriori;
- ai sensi dell’art. 22, comma 4, CCII resta ferma la responsabilità dell’imprenditore per gli atti compiuti. Tale prescrizione sottende alla ipotesi in cui si dimostri che l’imprenditore abbia richiesto e, poi, ricevuto l’autorizzazione sulla base di informazioni non veritiere o incomplete. In tale ipotesi, i creditori anteriori eventualmente lesi dall’effetto in deroga possono agire eccependo la responsabilità dell’imprenditore con conseguente richiesta risarcitoria;
- inoltre, l’autorizzazione del Tribunale consente di derogare esclusivamente la sola prescrizione di cui all’art. 2560, comma 2, c.c. e non anche ulteriori norme che individuano e concorrono a delineare il comparto debitorio complessivo. In tal caso, il cessionario risponderà in solido dei debiti che si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite e in cui sia subentrato ai sensi dell’art. 2558 c.c.
5. Conclusioni
Il regime autorizzatorio suindicato si pone in linea con il ruolo primario che la prosecuzione dell’attività di impresa, anche se in forma indiretta, riveste per la tutela del debitore, del mercato e anche dei creditori.
Si è quindi cercato di anticipare alla fase negoziale l’adozione di alcune tutele sinora previste solo nell’ambito delle procedure concorsuali. Ciò al fine di favorire la cessione dell’azienda in esercizio in un momento nel quale la ricollocazione della stessa sul mercato sia più agevole e proficuo.
Per conseguire strutturalmente questo obiettivo e rendere efficace la CNC è, tuttavia, necessario garantire, anche sul piano giudiziale, che gli effetti della cessione siano stabili e che il rispetto del principio del concorso si attesti come una garanzia della massima soddisfazione dei creditori in tempi brevi.
È quindi fondamentale intercettare tempestivamente i segnali di crisi e intervenire nel contatto tra le parti coinvolte, imprenditore e investitore, individuando fin dal principio un percorso di trasferimento d’azienda finanziariamente sostenibile.
Ultima modifica il 28/02/2023
Tags: BlogLegal