La Progettazione della Formazione (Parte 1)
Valorizzare le Risorse Umane attraverso la formazione
In un’epoca caratterizzata da una sempre più rapida innovazione dei processi tecnologici con derivanti dinamici cambiamenti delle strutture organizzative e dei processi produttivi, con la nascita di nuovi business e l’evoluzione di nuovi mercati diventa sempre più centrale il ruolo delle persone.
In questo scenario le organizzazioni aziendali non si limitano più a gestire le risorse umane ma si impegnano a valorizzarle attraverso il miglioramento continuo delle loro conoscenze, capacità e comportamenti. In linea con le esigenze attuali e con le prospettive future è la formazione che in questa dinamica gioca un ruolo chiave. Fare formazione significa “[…] apprendere per cambiare, […] intervenire in maniera finalizzata e organizzata sulla cultura professionale di individui e gruppi attraverso la metodologia dell’apprendimento consapevole.”
Fare formazione vuol dire garantire un miglioramento continuo delle competenze intese come sapere, saper fare e saper essere. Il processo formativo nasce dall’analisi dei bisogni formativi a cui seguono le fasi di progettazione e di realizzazione dell’intervento per concludersi con la valutazione dei risultati.
Per comprendere meglio la realizzazione di un percorso formativo poniamoci alcune fondamentali domande che ci aiuteranno a focalizzare i passi da compiere per progettare compiutamente un percorso formativo.
Perché formare? Chi voglio formare? Quanto tempo è necessario? Quanto costa formare? Come erogare la formazione?
Un buon progetto formativo non può essere implementato se non si comprendono a fondo quali sono i bisogni ai quali si vuole rispondere, attraverso la formazione che si è chiamati a svolgere. La comprensione del fabbisogno di formazione può essere svolta a tre livelli: bisogni degli individui, bisogni di ruolo e bisogni dell’organizzazione. Tali bisogni, una volta individuati, devono essere tradotti in obiettivi della formazione, ed è proprio questo che significa progettare la formazione: data una determinata situazione il formatore deve pianificare l’attività formativa al fine di raggiungere la situazione desiderata; che come anticipato concretamente può tradursi in accrescimento di conoscenze (sapere), acquisizione di abilità (saper fare), interiorizzazione di valori al fine di orientare le azioni (saper essere).
I destinatari dell’attività di formazione possono essere singoli individui oppure gruppi di persone. Al fine di porre in essere un evento formativo che sia in linea non solo con i fabbisogni ma anche con le caratteristiche peculiari degli individui a cui ci si rivolge, il formatore deve identificare i fruitori dell’attività formativa operando una segmentazione per sesso, età, livello di istruzione, ruolo professionale ricoperto, aspirazioni. Questo gli consentirà di utilizzare una metodologia formativa coerente con abilità e competenze della classe. Una volta chiari gli obiettivi e i destinatari è necessario pianificare concretamente il percorso formativo caratterizzandone tempi, modalità e risorse con le quali verrà erogata l’attività formativa. Per quel che concerne i tempi questi si tradurranno in numero di giornate, temi oggetto di ogni giornata e predisposizione di un calendario. Una delle variabili che qualsiasi organizzazione reputerà determinante nella scelta di investire in attivare percorsi formativi sarà sicuramente il costo della stessa. A formare il costo dell’attività di formazione contribuirà la spesa per i materiali, tempi i progettazione, location e ovviamente il costo del formatore. Parte integrante della progettazione di un progetto formativo è la scelta delle strategie didattiche, che possiamo distinguere in strategia della ricezione passiva di concetti e nozioni che vengono immagazzinate dai destinatari, entrando a far parte della sfera delle proprie conoscenze oppure in strategia della scoperta mediante l’interpretazione di fatti ed eventi osservati, e degli strumenti utilizzati nell’ambito di un percorso formativo.
Molti sono gli strumenti che un formatore può utilizzare per raggiungere il proprio obiettivo formativo:
- lezioni: consentono la trasmissione ai partecipanti di nozioni richiedendo un coinvolgimento di tipo passivo;
- metodo dei casi: presentazione di situazioni aziendali richiedendo ai destinatari dell’offerta formativa di analizzare il problema concreto e proporre possibili soluzioni (educare al problem solving);
- incident: variante del metodo dei casi; si tratta di presentare situazioni più specifiche con un grado di partecipazione più elevato in quanto le ulteriori informazioni per la decisione devono essere richieste dagli stessi partecipanti, sviluppando così la capacità di analisi e raccolta delle informazioni;
- role playing: si coinvolgono direttamente i partecipanti in una situazione aziendale, impersonandone i protagonisti, ciò al fine si sviluppare analisi critica dei comportamenti e di presa delle decisioni;
- in basket: tecnica di simulazione operativa sia individuale sia di gruppo. Si richiede ai partecipanti di risolvere i problemi che sorgono nell’arco di una giornata di lavoro attraverso comunicazioni scritte (il “basket” è appunto il contenitore della corrispondenza); questo consente di esercitare la capacità di prendere decisioni in diversi campi in un tempo limitato;
- business game: strumento di simulazione sequenziale. I partecipanti competono tra loro, divisi in gruppi-imprese, in una situazione di mercato che si sviluppa nel tempo in conseguenza delle decisioni che sono state prese dai gruppi; questo metodo comporta forte coinvolgimento emotivo e sviluppo delle capacità decisionali in situazioni complesse, e può essere utilizzato come momento di sintesi in corsi che sviluppano temi diversi;
- T-Group: i partecipanti sono chiamati a vivere e analizzare criticamente la dinamica interpersonale all’interno di un gruppo stimolato, più o meno palesemente, da un trainer; questo strumento si propone l’obiettivo di migliorare la capacità di controllo delle reazioni personali e altrui, di comunicare, di far interagire un gruppo;
- outdoor development/outward bound: metodi rivolti a stimolare un processo di apprendimento in situazioni estreme e inusuali per il soggetto (oltre appunto i confini della sua esperienza). Vengono in genere usati “territori naturali” inospitali e difficili (rapide, ghiacciai, deserti) entro i quali vengono assegnati problemi reali, al limite della sopravvivenza (survival training) e che implicano un forte coinvolgimento anche fisico. La finalità è quella di sviluppare la capacità di mobilitazione di tutte proprie risorse e di sbloccare gli schemi di apprendimento.
- learning community: si propone come progetto educativo vincolato al principio che ciascun soggetto è responsabile in prima persona dell’identificazione e realizzazione dei propri obiettivi di apprendimento, nonché della collaborazione con altri per identificare e realizzare i loro obiettivi. Esso punta inoltre a favorire e agevolare lo sviluppo di un apprendimento significativo per il soggetto nel senso della guida alla piena autonomia;
- action learning: consiste in porre l’allievo (in genere un quadro o un manager) in una situazione di apprendimento con l’incarico di realizzare un progetto nuovo di cambiamento organizzativo, il che implica un’acquisizione di conoscenze e capacità non solo dall’esterno ma anche attraverso una rielaborazione individuale e una scoperta originale;
- metodi riflessivi: il più importante tra questi metodi si propone di aiutare il soggetto ad abbattere le “procedure difensive” che isolano i suoi modelli mentali da una possibilità di verifica e che lo rendono estremamente rigido nel proteggersi dal disagio e dalla minaccia rappresentati da una situazione di apprendimento, inibendo qualsiasi processo di apprendimento. Il metodo favorisce la ricostruzione di modelli mentali, mappe cognitive, contenuti di pensiero.
In relazione agli obiettivi che si voglio raggiungere con il progetto formativo sarà più opportuno utilizzare l’uno o l’altro strumento.
Per tornare alla classificazione iniziale delle competenze da sviluppare potremo affermare che per trasmettere conoscenze (sapere) ben si adattano le lezioni, per trasmettere abilità (saper fare) meglio si adattano casi, esercitazioni e simulazioni; le dinamiche di gruppo rispondono invece in maniera più efficace al “saper essere”.
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Riferimenti Bibliografici
- Argentero P., Cortese C.G., Piccardo C., Psicologia delle risorse umane, 2010 Raffaello Cortina Editore, Milano.
- Bruscaglioni Massimo, La gestione dei processi nella formazione degli adulti, 2002 (10a edizione), ed. Franco Angeli
- Castagna Maurizio, Progettare la formazione. Guida metodologica per la progettazione del lavoro in aula, 2002 (12a edizione) ed. Franco Angeli
- Cocco G.C., Valorizzare il capitale umano d’impresa, 2001 (1° edizione), Etas Editore
- Gerli Fabrizio, La nuova formazione manageriale, edizione 2002, Carocci editore (attualmente non disponibile)
- Quaglino Gian Piero Il processo di formazione in “Scritti di formazione 2. 1981-2005”. 2005 (1a edizione), ed. Franco Angeli
- Quaglino G.P., Verso l’autoformazione in “Scritti di formazione 3. 1991-2002”, 2006 (1a edizione), ed. Franco Angeli
- Giovanni Costa, Economia e direzione delle risorse umane, Utet Libreria, Torino, 1997
A cura di Valentina Bognanni, Gabriele Bonacossa, Federica Calderaro, Paola Macchione, Alessandra Naso (partecipanti agli Executive Master in Risorse Umane e Amministrazione del Personale e Consulenza del Lavoro)