La tutela dei diritti di proprietà intellettuale (IPR)
A cura di U. Simonelli, Chief Legal Brembo S.p.A.
Prospettiva Storica e Organizzativa
Considerare la gestione delle tematiche connesse alla proprietà intellettuale (c.d. Intellectual Properties Rights- IPR) quale “indicatore” delle nuove sfide di un Giurista d’Impresa potrebbe apparire un ossimoro se non partissimo da una prospettiva Storica e Organizzativa del tema.
La tutela dei diritti di proprietà intellettuale è un termine oggi forse troppo generico, che raggruppa molteplici conoscenze ed attività suddivise, per pura semplificazione, in due sottogruppi (in base alla prevalenza delle conoscenze richieste:
- Prevalenza di conoscenze “legali”: tutela del diritto d’autore, protezione dei marchi, concorrenza sleale, storno di personale (che è una “derivata” della concorrenza sleale), contenziosi – in senso lato (inclusi quelli “amministrativi”) per la tutela degli “IPR” e dei brevetti, comprese le c.d. attività di anticontraffazione sul territorio (indagini investigative, sequestri, formazione delle dogane, distruzione dei prodotti sequestrati, ecc.).
- Prevalenza di conoscenze “tecniche”: studio, redazione e deposito di brevetti, modelli di utilità, modelli ornamentali, design; ricerche di anteriorità, opposizioni amministrative, discussioni davanti alle autorità laddove il titolo di privativa richieda un pre-esame da parte dell’ente concessore.
Data questa bipartizione, in prospettiva storica e organizzativa, non si può parlare di nuove sfide. Da decenni le attività IPR di matrice legale sono svolte, nelle imprese, in Italia ed all’estero, da figure legali interne (in tutti i settori: dalla moda, all’industria, ai settori farmaceutici, energetici, alimentari, ecc.).
Inoltre, per principio di “attrazione” e di autonomia organizzativa, anche le attività prevalentemente tecniche sono spesso demandate a figure dirigenziali, spesso ingegneri mandatari, che fanno capo ai dipartimenti legali interni delle imprese. Si ritiene infatti che la figura del c.d. “IPR Officer/Manager” debba essere indipendente rispetto alle funzioni tecniche al fine di assicurare imparzialità nel giudicare la brevettabilità o meno di una nuova “invenzione”.
In questa accezione della figura del “Giurista d’Impresa” le competenze giuridiche e tecniche erano e sono da ritenersi rilevanti come quelle manageriali. Le linee strategiche e le aree di investimento devono essere dettate dal “Giurista d’Impresa” con l’eventuale supporto dei consulenti esterni sotto il profilo “tecnico”. Il giurista interno, infatti, ha sempre una conoscenza più ampia della realtà aziendale.
Prospettiva Tecnologica
Un’impresa è sana se ha la capacità di innovare i propri prodotti e processi produttivi a livello globale (perché il mercato è sempre più globale, come, purtroppo, anche la pandemia da COVID 19 ci ha dimostrato) realizzando maggiori profitti e margini e riducendo i costi.
Nel contesto del business globale stiamo assistendo ad un fenomeno di “crescita” geometrica di tutte le tecnologie in molteplici settori merceologici. Si parte, come sempre, dal “software” e dalle sue declinazioni (si dibatte a livello Europeo, nel mondo dell’auto, se il software sia un prodotto o un servizio con le conseguenti, diverse, garanzie e responsabilità) per arrivare a tutte le nuove tipologie di prodotti evoluti. Nuovi software in grado di monitorare ed acquisire dati (i cosiddetti “dati grezzi”), che vanno disciplinati e protetti.
In tale contesto gli strumenti di Proprietà Intellettuale tradizionali (know-how, copyright, brevetti) devono essere applicati al meglio. Siamo nell’era dei “big-data” (ossia miliardi di dati rielaborati dagli algoritmi che permettono di predire le caratteristiche più attrattive di un prodotto e di un servizio), dei prodotti robotizzati (ossia in grado di funzionare senza l’apporto umano, come ad esempio i futuri veicoli a guida autonoma), dei sensori, delle fibre ottiche.
Ciò senza considerare le c.d. “APP”, le piattaforme informatiche, la digitalizzazione dei processi e delle attività tradizionali (anche nel mondo legale). Assisteremo a nuovi modi di fare business, con i servizi (ad esempio sottoscrizione di abbonamenti “ad hoc”), che andranno ad affiancarsi ai prodotti standard.
La conoscenza e l’interpretazione delle nuove tecnologie pongono certamente una sfida al Giurista (e non solo d’impresa) per molteplici ragioni:
- Le conoscenze tecnologiche non hanno costituito e non costituiscono il c.d. “bagaglio culturale” di un Giurista. Non colmare questo “gap” significa non essere più in grado di comprendere i bisogni dell’impresa per cui si lavora.
- I nuovi prodotti e le nuove tecnologie toccano spesso la vita delle persone in modo “svincolato” dal controllo umano, ma le legislazioni in tutti i paesi del mondo (anche negli Stati Uniti) non hanno ancora recepito nuove regole rispetto, per esempio, alle garanzie di buon funzionamento o alle garanzie da “product liability”. Il Giurista deve pertanto essere in grado non solo di utilizzare “vecchi” strumenti giuridici per risolvere problemi attuali e futuri, ma deve concepire nuovi modelli contrattuali – atipici e multi-laterali - che includano matrici tecniche di ripartizione delle responsabilità (tra cliente, fornitore e consumatore) e che introducano regole di governance contrattuale tali da rendere il contratto flessibile e modellabile ai continui cambiamenti dell’ecosistema tecnologico.
- Alcuni strumenti tecnologici, come ad esempio i citati “big-data” non sono nemmeno considerati “beni giuridici” dal diritto (si cerca a tal proposito di utilizzare al meglio la Direttiva Europea 96/9/CE relativa alla tutela giuridica delle basi di dati) eppure essi sono compravenduti (meglio dire “Licenziati”) e utilizzati per creare nuovi prodotti. È fondamentale quindi verificarne la provenienza, la “proprietà” (virtuale non trattandosi di beni giuridici), ma soprattutto la veridicità (che prodotto sarebbe quello basato su “big-data” non veritieri?).
- La raccolta dei dati, che software e algoritmi sono in grado di fare, richiedono spesso che la progettazione di tali “oggetti” includa già “barriere tecnologiche” in grado di non violare, ad esempio, le normative europee sulla “Privacy”. Ciò avviene grazie al Giurista “evoluto”, in grado, ad esempio, di far certificare che il proprio software non violi tale normativa oppure, se la violasse, in grado di imporre ai tecnici di progettare sin dall’inizio in “modo conforme”.
- I nuovi prodotti e processi produttivi che contengono algoritmi e software innovativi possono subire attacchi di pirateria informatica. Un piano efficace di c.d. “Cyber-Security” deve essere sempre più nelle corde del Giurista che deve indirizzare nel modo corretto i responsabili informatici aziendali, se non addirittura guidare le scelte strategiche in tale ambito (ad esempio, per molti Consigli di Amministrazione, la gestione del rischio connesso alla “Cyber-Security” è tra quelli prioritari nelle politiche di gestione del rischio).
- Le APP, i siti, le piattaforme – che si moltiplicano – sono e possono essere oggetto di contraffazione se non addirittura di truffa o di violazione di norme imperative (per definizione tutto ciò che è digitale è globale) incluse quelle antitrust. Ancona una volta il Giurista deve identificare i nuovi mezzi di tutela, a loro volta spesso inclusi in “software” specifici.
- La protezione dei “nuovi” diritti di proprietà intellettuale richiederà di adattare strumenti vecchi (ad esempio il diritto d’autore) per proteggere il software. Un software che i competitors bersaglieranno sempre di più alla ricerca di veri o presunti vantaggi competitivi.
- L’evoluzione tecnologica, ma questo è un tema noto da anni, ha già portato gli algoritmi a predisporre contratti, testi di brevetto, attività di anticontraffazione informatica. Il Giurista dovrà quindi affrontare la sfida maggiore: da tecnico a gestore, da gestore a innovatore, da innovatore a creatore di nuove soluzioni e nuovi modelli di business. Senza mai perdere di vista la qualità degli elaborati, che non passerà mai in secondo piano.
Prospettiva Strategica
La sfida presente e futura per il giurista (interno ed esterno) sarà quella di calarsi nella prospettiva strategica del mercato e dell’impresa.
Un giurista molto più manager, in grado di motivare e coordinare risorse di diversa provenienza (ingegneri, tecnici, esperti di marketing e di finanza, esperti di organizzazione) e di proporre nuovi “Modelli di Business” all’impresa.
Il cambiamento di prospettiva dell’impresa, che produce e produrrà sempre più “oggetti” sottratti, una volta immessi sul mercato, al controllo umano è inimmaginabile. I nuovi prodotti ed i nuovi servizi dovranno essere concepiti in modo da poter essere controllati, con crescenti gradi di difficoltà.
Le imprese avranno a che fare con responsabilità non ancora sperimentate perché, come abbiamo visto, alcuni prodotti deriveranno da “numeri”. Gli algoritmi predittivi faciliteranno i sistemi complessi con molteplici interfacce (modalità di connessione tra hardware e software), le quali renderanno sempre più difficile identificare le matrici di responsabilità. Andranno ridefiniti gli accantonamenti, le modalità di comunicazione, riservatezza e vendita.
Andranno ridefiniti i modelli di business: modelli in grado di creare profitto non solo attraverso strumenti contrattuali inerenti l’ ”oggetto”, ma sempre più con modelli contrattuali differenziati e tra loro interconnessi (vendita, licenza, manutenzione di software, ripartizione di responsabilità).
Se il giurista affronterà e supererà queste sfide potrà utilizzare i nuovi strumenti digitali per accrescere le proprie competenze e porsi come il “driver” dei nuovi modelli di business, sempre più regolamentati a livello statale e sempre meno predittibili.
Ultima modifica il 31/03/2021