Stampa 3D e proprietà intellettuale

A cura di Giusj Maria Nardini, Eleonora Postacchini, Eleonora Scozzi, Ermelinda Cioffi, Gladys Rosa Cabrera Carlos, Piero Cecere (partecipanti all’Executive Master in Giurista d’Impresa – RM)


StamAncor prima di analizzare gli effetti della stampa tridimensionale sul diritto della proprietà intellettuale, cerchiamo di capire cosa si intende per Proprietà Intellettuale (Intellectual Property per gli angloamericani).

Quando leggiamo un romanzo, ascoltiamo una canzone o vediamo un film percepiamo una creazione dell’intelletto umano. Le creazioni dell’intelletto rappresentano opere dell’ingegno, che non vanno confuse con i mezzi che le trasmettono quali ad esempio libri o lettori musicali; quest’ultimi sono, a loro volta, il prodotto di altre creazioni dell’intelletto umano, tuttavia non pertinenti al campo della cultura o dell’arte, bensì a quello della tecnica: sono il frutto di invenzioni.

È importante, dunque, distinguere l’idea creativa, che è unica, dalle sue applicazioni materiali, che sono, invece, potenzialmente infinite.

Nel nostro ordinamento, le opere dell’ingegno (idee creative nel campo culturale) e le invenzioni industriali (idee creative nel campo della tecnica) rappresentano le due grandi categorie di creazioni intellettuali tutelate.

Le opere dell’ingegno sono oggetto del diritto d’autore, regolato dagli artt. 2575-2583 c.c., dalla L. 633/1941 e successive modificazioni, oltre che da direttive comunitarie e accordi internazionali[1].

Ai sensi dell’art. 1 L. Aut. sono protette le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono altresì protetti i programmi per elaboratori elettronici e le banche di dati che per la scelta o per la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell'autore.

Il diritto d’autore non tutela l’idea in sé, bensì la sua forma espressiva, la sua rappresentazione ossia quella particolare espressione del lavoro intellettuale. Il diritto si acquista nel momento della creazione dell’opera; non è necessaria la sua divulgazione fra il pubblico, è sufficiente che sia stata estrinsecata nella sua forma.

L’autore gode di una doppia tutela: una morale e una patrimoniale. Rientrano fra i diritti morali il cd. diritto di paternità, il diritto all’integrità dell’opera, il diritto di inedito e di pubblicazione, il diritto di ritiro. La tutela patrimoniale si esplica, invece, nell’utilizzazione economica esclusiva dell’opera, in ogni forma e modo, originale o derivato e si articola, quindi, in una serie di facoltà. I diritti morali hanno durata illimitata, il diritto patrimoniale si estingue, invece, in settant’anni dopo la morte dell’autore.

Le invenzioni industriali sono disciplinate dagli artt. 2584-2591 c.c. e dal cod. della proprietà industriale (D.lgs.30/2005), oltre che da direttive comunitarie e accordi internazionali.

Esse costituiscono la soluzione nuova e originale, oltre che lecita, di un problema tecnico, idonea ad avere applicazione industriale e possono essere distinte in tre grandi categorie:

1) invenzioni di prodotto (prodotto materiale);

2) invenzioni di procedimento (nuovo metodo di produzione o lavorazione industriale di beni già noti);

3) invenzioni derivate (derivazione di una precedente invenzione).

Con la realizzazione dell’invenzione, l’inventore acquisisce automaticamente il diritto morale a essere riconosciuto autore della stessa, mentre i diritti patrimoniali di sfruttamento in esclusiva si acquistano solo con il deposito della domanda di brevetto.

Il brevetto per invenzioni industriali dura vent’anni dalla data di deposito della domanda, tuttavia il relativo diritto di esclusiva si può perdere prima della scadenza per nullità o decadenza dello stesso. È liberamente trasferibile sia inter vivos che mortis causa mediante cessione o licenza, può essere oggetto di diritti reali di godimento o di garanzia oltre che di esecuzione forzata.

Il legislatore ha riconosciuto una sia pur limitata tutela (cd. diritto di preuso) anche a chi abbia utilizzato un’invenzione in segreto senza brevettarla facendone effettivo uso nella propria azienda nei dodici mesi anteriori all’altrui domanda di brevetto.

Al concetto di invenzione industriale la legge riconduce anche i cd. modelli di utilità ed i modelli e disegni industriali registrati[2].

La Proprietà Intellettuale è, quindi, l’insieme delle regole poste a protezione dell’inventiva/ingegno umano che attribuisce a creatori, inventori, autori, padri un’esclusiva nello sfruttamento delle loro opere nei confronti dei terzi.

La peculiarità che la tecnologia della stampa tridimensionale presenta, rispetto ad altre innovazioni produttive anche recenti, è quella di poter essere attuata a basso costo e con mezzi relativamente semplici e quindi di prestarsi ad un’ampia diffusione, potenzialmente anche presso i privati, consentendo loro di fabbricare, non più industrialmente, ma in proprio, un gran numero di prodotti, con una sorta di capillarizzazione della produzione che offre straordinarie opportunità, non solo agli innovatori ma anche agli imitatori. In tal caso, le modalità di realizzazione di essi interferirebbero con i diritti di esclusiva altrui e ciò potrebbe tradursi in polverizzazione della contraffazione, rendendola difficilmente perseguibile e in apertura a spazi di liceità per condotte che sarebbero normalmente vietate.

Poiché la stampa in 3D è un’applicazione tecnica, la protezione brevettuale è quella da prendere in considerazione. Problemi non sussistono se si tratta di proteggere le stampanti in sé considerate e i relativi processi produttivi. Complicazioni si evidenziano per la protezione dei prodotti che possono essere realizzati attraverso queste stampanti, nel caso in cui gli stessi rientrino nella protezione di brevetti di terzi.

Sul punto è da prendere in considerazione la protezione offerta da un brevetto di prodotto a norma dell’art. 67 comma 2 del Codice della Proprietà Industriale italiano[3] che consente di «vietare ai terzi, salvo il consenso del titolare, di produrre, usare, mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto in questione». Più in generale, al titolare di un brevetto è riservata ogni forma di attuazione dell’insegnamento oggetto del brevetto e ogni atto che da esso tragga profitto nel territorio dello Stato, come specifica il comma 1 della stessa norma.

Anche la circostanza che la stampante 3D possa realizzare un prodotto qualitativamente più scadente non esclude la contraffazione: le regole appena citate non subiscono, infatti, eccezioni neppure per il caso il cui il prodotto realizzato da un soggetto terzo senza il consenso del titolare presenti una qualità inferiore rispetto all’originale, e neppure dall’aggiunta di caratteristiche che porti ad ottenere risultati migliori o peggiori nella soluzione del problema tecnico rispetto a quelli ottenuti con l’attuazione del trovato così come rivendicato: anche in questo caso la contraffazione andrà riconosciuta poiché il miglioramento o il peggioramento conseguiti comportano comunque l’attuazione del brevetto.

Quel che, invece, può assumere realmente un valore scriminante è la possibilità che la stampante 3D venga utilizzata per una produzione di carattere domestico e, quindi, al di fuori di una destinazione commerciale[4].

Dall’ambito di protezione dei brevetti sono stati infatti espressamente esclusi «atti compiuti in ambito privato ed ai fini non commerciali[5]». Tale disposizione chiarisce che, in caso di uso privato, «è irrilevante la buona o la mala fede» e che la stessa si applica a «tutti gli usi imprenditoriali, anche se svolti da persone giuridiche, che però non esercitino attività economiche», mentre «sono in linea di principio vietati … tutti gli usi imprenditoriali anche d’impresa non commerciale e gli usi professionali», rilievo che sicuramente è rilevante ma occorre avvertire che anche le attività economiche che difettano della professionalità, e quindi non sono imprenditoriali nel senso di cui all’art. 2082 c.c., andranno comunque escluse dall’esenzione. Anche se con questi limiti, è evidente che la realizzazione di prodotti brevettati effettuata mediante stampanti 3D personali, utilizzate per l’autoconsumo, in ambito non professionale o imprenditoriale sfugge alla relativa protezione.  Sotto questo profilo, l’eccezione di uso privato operante nel diritto dei brevetti non incontra neppure la limitazione generale prevista, invece, per le eccezioni al diritto d’autore, che possono venire «applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi del titolare»[6].

È lecito domandarsi se non si debba pensare ad una interpretazione di questa eccezione in materia brevettuale anche in considerazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. che impone di trattare in modo corrispondente situazioni equivalenti. A favore di una lettura dell’art. 68 C.P.I. che limiti la portata della disposizione sull’uso privato ai casi in cui esso sia privo di rilevanza economica sostanziale, o almeno a quelli in cui il privato non si avvalga di mezzi specifici forniti da terzi proprio per la violazione del brevetto, come avviene quando la stampa 3D ad opera del privato viene effettuata servendosi di file predisposti da terzi proprio allo scopo di consentire la riproduzione del prodotto brevettato, milita in effetti anche la considerazione dell’analoga interpretazione restrittiva che è stata data dall’eccezione che considera la protezione brevettuale inopponibile alla «preparazione estemporanea e per unità di medicinali nelle farmacie su ricetta medica e ai medicinali così preparati»: l’ambito di applicazione di questa eccezione, art. 68 C.P.I., è stato limitato all’«ipotesi in cui non si utilizzano principi attivi realizzati industrialmente». Questo potrebbe voler dire che l’attuazione del brevetto in ambito privato e non commerciale attraverso le stampanti 3D può ritenersi lecita solo in quanto non si utilizzano a tale scopo progetti e file prodotti serialmente proprio allo scopo di consentire questa riproduzione domestica di prodotti non brevettati.

Un’eccezione potrebbe verificarsi per finalità di ricerca, applicando in tal caso al diritto d’autore una soluzione prevista in materia brevettuale. In questo caso l’experimental use exception, prevista dal medesimo art. 68 C.P.I., consente questa riproduzione benché il prodotto realizzato costituisca contraffazione di un brevetto, in quanto, la ricerca sia diretta ad andare oltre l’invenzione brevettata e ciò anche quanto tale ricerca sia, come di solito accade, compiuta a scopi commerciali. La direttiva 29/2001/CE all’art. 5.3, lett. a), l’esenzione per la ricerca scientifica, come quella per uso didattico, può essere concessa solo «nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito». In materia di diritto d’autore non basta, quindi, che l’utilizzazione compiuta sia oggettivamente un’attività di ricerca scientifica, ma occorre altresì che questa attività non abbia scopi commerciali[7].

 


[1] Al fine di assicurare alle opere dell’ingegno una protezione non solo circoscritta al territorio nazionale e, quindi, per evitarne la concorrente utilizzazione abusiva da parte di terzi in altri Stati, l’Italia ha aderito alle due principali Convenzioni internazionali in materia: 1) la Convenzione di Unione di Berna del 1986 per la protezione delle opere letterarie e artistiche, nel testo di Parigi del 1971 ratificato e reso esecutivo in Italia con L. 399/1978; 2) la Convenzione Universale sul diritto di autore di Ginevra del 1952, nel testo di Parigi del 1971 ratificato e reso esecutivo con L. 306/1997.

[2] Regolati dagli artt. 2592-2594 c.c. e dal Codice della Proprietà Industriale.

[3] la cui disciplina è peraltro armonizzata rispetto alle principali convenzioni internazionali in materia, ed in particolare al TRIPs Agreement e alla Convenzione sul Brevetto Europeo;

[4] tipica applicazione di questa tecnologia che sarà probabilmente sempre più diffusa in seguito;

[5] art. 68 C.P.I.

[6] art. 5 comma 5 direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione.

[7] Cesare Galli – Alberto Contini, Stampanti 3D e proprietà intellettuale: opportunità e problemi, Diritto industriale 2015;

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