A cura di R. Tancredi (partecipante del Master in Risorse Umane)

Negli ultimi anni, la rapida e capillare diffusione delle nuove tecnologie nello scenario quotidiano − quali software avanzati, cloud, robotica e intelligenza artificiale − ha indotto una vera e propria rivoluzione organizzativa, tanto tecnologica quanto culturale. Per sopravvivere in un contesto fortemente innovativo e mutevole quale quello attuale ed imporsi come leader nel proprio mercato di riferimento, le realtà aziendali di ogni dimensione e operanti nei mercati più variegati non soltanto necessitano di adottare e sfruttare le moderne soluzioni tecnologiche ma anche, e soprattutto, di ridefinire i propri elementi organizzativi a seguito dei canoni imposti dall’era digitale.

Unitamente all’implementazione e integrazione di sistemi informativi e tecnologici, il processo di cambiamento descritto e tecnicamente conosciuto con il nome di Digital Transformation (DT) sottende infatti l’allineamento di competenze, processi organizzativi e modelli di business, per un migliore adattamento e rapporto nei confronti dell’ambiente interno ed esterno alle imprese. In questa direzione, appare evidente come la tecnologia non corrisponda alla soluzione, bensì ad una chiara opportunità attraverso cui guidare il cambiamento organizzativo e, come sottolineato da Westerman, Calméjane, Bonnet, Ferraris e McAfee in un’analisi del 2011, migliorare radicalmente la performance dell’impresa. Non a caso, la recente indagine condotta da Vanson Bourne (2020) per conto di Dell Technologies mostra che, ai fini della sopravvivenza e del successo, l’85,5% delle aziende italiane è attualmente impegnata nell’accelerazione del processo di digitalizzazione, e secondo quanto dichiarato da Nadkarni e Prügl (2020) la DT costituisce la sfida manageriale dominante degli ultimi e dei prossimi decenni. In una prospettiva globale, la spesa per la trasformazione digitale è in crescita con un tasso medio annuo del 16-18%; e, se secondo i risultati del 2017 (cfr. Davydenko et al., 2020) il volume di tali investimenti ha superato 1,3 trilioni di dollari, entro il 2021 si prevede un suo aumento fino a 2,1 trilioni di dollari. Tuttavia, a favore di quanto descritto, come indicato da Fitzpatrick et al. (2020), è opportuno considerare anche il possibile ruolo decisivo e determinante della pandemia Covid-19 nell’incremento della consapevolezza, nelle organizzazioni, della necessaria accelerazione del processo di DT.  

Quando si affronta la tematica della Digital Transformation è opportuno fare riferimento sia alla tecnologia sia alle persone. Per realizzare una DT di successo, infatti, le soluzioni digitali devono essere accompagnate, imprescindibilmente dalla funzione e dal ruolo ricoperti, dalla presenza di un personale altamente qualificato e formato: per abbracciare il cambiamento, è importante che tutti all’interno dell’organizzazione predispongano un set di competenze adattive ed un know-how digitale. Relativamente al top management, la gestione del percorso di trasformazione aziendale richiede una spiccata mentalità digitale e competenze differenti da quelle di cui sono in possesso il Chief Executive Officer (CEO) o il Chief Information Officer (CIO) (Singh and Hess, 2017), poiché risulta essenziale, in ottica manageriale, ottimizzare il processo di decision-making e di implementazione delle strategie per incrementare la produttività e, in una prospettiva organizzativa, includere in maniera complementare e non ostacolante “vecchie” e “nuove” capacità, modificando o eventualmente fornendo nuovi modelli di business; ciò spiega e delinea la ragion per cui negli ultimi anni, a livello top management, è emersa la posizione aggiuntiva di Chief Digital Officer (CDO) (Dremel et al., 2017; Tumbas et al., 2017).

Se all’alta direzione è affidato il controllo del livello e della velocità del cambiamento, come descritto da Burgelman (1983), il middle management è responsabile della sua esecuzione e facilitazione. Difatti, quest’ultimo ha il compito di divulgare una cultura aziendale digitale e provvedere al supporto, all’abilitazione e alla formazione dei dipendenti parte dell’organizzazione circa l’utilizzo degli strumenti tecnologici disponibili. Tale aspetto è estremamente importante poiché, considerati la complessità e il vertiginoso ritmo con cui avanzano le tecnologie digitali, potrebbe esser presente un consistente divario di competenze tra i lavoratori che Kohli e Johnsons (2011) definiscono “della pre-digitalizzazione” e quelli “esperti di digitalizzazione” recentemente assunti. Peraltro, la considerazione ed il coinvolgimento del personale organizzativo nella realizzazione del processo di cambiamento è significativamente rilevante in quanto, sebbene i potenziali effetti dei dispositivi digitali sulle performance aziendali siano tendenzialmente positivi, una cattiva implementazione di essi potrebbe generare conseguenze negative quali aumento del turn-over del personale (Tams, Craig and Murphy, 2011) e disagio psicologico (Liu and Perrewe, 2005), incidendo sfavorevolmente sulla continuità produttiva dell’azienda stessa.

Indubbiamente, però, come accennato in apertura, il vero vantaggio organizzativo non si riduce all’acquisizione di apparecchiature digitali innovative e all’allineamento di competenze: il cambiamento proattivo presuppone una riconsiderazione dei processi dell’azienda e del suo business model, poiché per rispondere efficacemente ai dinamici mutamenti che avvengono nei mercati e al rapido emergere di nuovi competitors risulta essenziale che l’organizzazione sia disegnata per riuscire ad adattarsi con agilità. La sfida lanciata da quella che può essere definita la rivoluzione industriale del ventunesimo secolo consiste pertanto nel riprogettare l’intera struttura organizzativa alla luce di semplificati processi organizzativi, nuovi ed esistenti (Ranganathan, Goode and Ramaprasad, 2003), e modelli di business basati sul digitale.

Sebbene la progettazione e concretizzazione del processo di DT di un’organizzazione non preveda la scelta di un sentiero obbligato ed univoco da intraprendere − dal momento che è compito di ciascuna azienda, partendo dall’analisi del proprio mercato di riferimento, delle sue caratteristiche e del suo livello di maturità, individuare una peculiare strategia evolutiva − è possibile analizzare le modalità attraverso cui gli strumenti digitali possono promuovere l’innovazione degli imprenditoriali modelli di business, le quali sono riconducibili alle tre grandi categorie di automazione, estensione e trasformazione (Li F., 2020):

  1. La prima si riferisce ai casi in cui un'azienda sfrutta la tecnologia per automatizzare o migliorare attività e processi esistenti;
  2. la seconda illustra le circostanze in cui un'azienda utilizza la tecnologia per integrare, ma non sostituire, attività e processi esistenti;
  3. infine, la terza riguarda le situazioni in cui un’azienda si avvale della tecnologia per sostituire attività e processi tradizionali. Quest’ultimo approccio, noto come Business Model Innovation (BMI; Ricciardi, Zardini, Rossignoli, 2016), è dunque caratterizzato da imprese che intendono innovare il proprio modello di business al fine di allinearlo ai fabbisogni del contesto competitivo; tuttavia, quanto dichiarato dal recente studio di Li (2020) non solo suggerisce che spesso i modelli di business nuovi o riconfigurati sono nuovi solo per l'azienda stessa o per il suo settore − e non in senso assoluto, in quanto adottati già altrove − ma anche che la maggior parte delle principali imprese beneficia dei vantaggi offerti dalla tecnologia per estendere o automatizzare, piuttosto che trasformare, i propri modelli di business.

Riassumendo, alla luce della consistente accelerazione del processo di trasformazione aziendale che lo scenario della rivoluzione digitale ha imposto, è evidente che agilità e velocità rappresentano due variabili chiave necessarie per vincere la sfida dettata dall’odierno contesto competitivo. Per essere protagonisti nei nuovi mercati e realizzare le più alte performance non basta impiegare tecnologie di ultima generazione: queste ultime, nonostante siano potenzialmente in grado di guidare l’organizzazione verso il canale della ripresa o della crescita, non figurano come unico elemento strategico. Allo stesso modo, poiché i tradizionali modelli organizzativi non appaiono più sufficienti a garantire la flessibilità richiesta, diviene indispensabile innovare o modificare. Nel fare questo, chi in azienda è responsabile della gestione del Capitale Umano, per guidare persone e strutture organizzative verso il cambiamento, deve impegnarsi sia nell’anticipare quanto più possibile le future esigenze (in termini di competenze, leadership, comportamenti e strumenti), sia nel confrontarsi non soltanto con i competitors diretti, bensì anche con le industry afferenti ad altri settori se vuole cogliere spunti e replicare modelli vincenti.

Relativamente il quadro descritto, però, è necessario specificare che restano tuttora da chiarire ed indagare alcuni importanti aspetti. In particolare, un considerevole limite che merita di essere affrontato e che in tal senso potrebbe direzionare la ricerca e gli studi futuri è da riferirsi al fatto che la maggior parte delle aziende presenti sul mercato non risulta designata per cambiare proattivamente, in quanto una cospicua quantità di esse si mostra pensata per mirare all’efficienza con una modalità disciplinata, caratterizzata da regole e gerarchie rigide e refrattarie all’innovazione. Di conseguenza, ciò che emerge è un chiaro ed effettivo disallineamento fra l’inarrestabile e pressante velocità di cambiamento pretesa dall’ambiente esterno ed il massimo sforzo di trasformazione possibile avviato dalle organizzazioni. In conclusione, in un ambiente dai confini estremamente labili e fluidi, è innegabile di essere ancora all’inizio di una vasta e completa comprensione che consenta di strutturare organizzazioni capaci di districarsi con successo. 

Bibliografia

  • Burgelman R.A. (1983). Corporate entrepreneurship and strategic management: insights from a process
  • study. Manag Sci, 29:1349–1364.
  • Davydenko I., Kolomytseva O., Kolesnikova E., Grigorieva V., Reznikova E. (2020). Innovative Potential: The Main Drivers of Digital Transformation. Advances in Economics, Business and Management Research, vol. 131.
  • Dremel C., Wulf J., Herterich M.M., Waizmann J.C., Brenner W. (2017). How AUDI AG established big data analytics in its digital transformation. MIS Q Exec, 16(2):81–100.
  • Fitzpatrick M., Gill I., Libarikian A., Smaje K., Zemmel R. (2020). The digital-led recovery from COVID-19: Five questions for CEOs. In: McKinsey & Company. (2020). The Next Normal: The recovery will be digital. New York: McKinsey Global Publishing.
  • Hanelta A., Bohnsackb R., Marzc D., Maranteb C.A. (2020). A Systematic Review of the Literature on Digital Transformation: Insights and Implications for Strategy and Organizational Change. Journal of Management Studies.
  • Li F. (2020). The digital transformation of business models in the creative industries: A holistic framework and emerging trends. Technovation 92–93.
  • Liu Y., Perrewe P.L. (2005). Another look at the role of emotion in the organizational change: A process model. Human Resource Management Review, 15(4):263-280.
  • Nadkarni S., Prügl R. (2020). Digital transformation: a review, synthesis and opportunities for future research. Management Review Quarterly.
  • Ranganathan C., Goode V., Ramaprasad A. (2003). Managing the transition to bricks and clicks. Communications of the ACM, 46:308–16.
  • Ricciardi F., Zardini A., Rossignoli C. (2016). Organizational dynamism and adaptive business model innovation: The triple paradox configuration. Journal of Business Research, 69(11):5487-5493.
  • Singh A., Hess T. (2017). How chief digital ofcers promote the digital transformation of their companies. MIS Q Exec, 16(1):1–17.
  • Tams S., Craig K., Murphy R. (2011). Coping with interruptions in computer-mediated environments: The role of computer self-efficacy. SAIS Proceedings.
  • Tumbas S., Berente N., vom Brocke J. (2017). Three types of chief digital ofcers and the reasons organizations adopt the role. MIS Q Exec, 16(2):121–134.
  • Vanson Bourne. (2020). Digital Transformation Index 2020. Dell Inc. Available at: https://www.delltechnologies.com/en-vn/collaterals/unauth/briefs-handouts/solutions/dt-index-2020-full-findings-report.pdf.
  • Venier F. (2017). Trasformazione digitale e capacità organizzativa. Le aziende italiane e la sfida del cambiamento. Trieste: EUT.
  • Westerman G., Calméjane C., Bonnet D., Ferraris P. e McAfee A. (2011). Digital transformation: A roadmap for billion-dollar organizations. MIT Center for Digital Business and Capgemini Consulting, pp. 1-68.

​Questi ed altri temi sono affrontati nel Master in Risorse Umane.

Ultima modifica il 06/04/2021

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