Le operazioni di Private Equity e le PMI italiane 

:: A cura della Redazione Scientifica MELIUSform ::

Lo scorso 16 Marzo 2016, si è svolto a Milano, il Convegno Annuale “Private Capital: alternativa per crescere”, promosso da AIFI, Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, in occasione del quale sono stati presentati i risultati dell’analisi dell’attività di investimento nel mercato italiano del private equity e venture capital.

I dati hanno evidenziato una significativa crescita, la più alta dopo la crisi economica; ad aiutare è stato il contributo di molti operatori internazionali che sono tornati a guardare con grande interesse alle imprese italiane.

Come afferma Anna Gervasoni, direttore generale AIFI: “Quest’anno il dato importante sugli investimenti riguarda l’ammontare che ha raggiunto il secondo valore più alto di sempre. Questo ottimo risultato è dovuto anche al ritorno di attrattività del nostro Paese tanto che gli operatori internazionali hanno apportato ben il 66% dell’ammontare totale investito”.

Il 2015 registra, sul mercato italiano del private equity e venture capital, 342 nuove operazioni, distribuite su 272 società, per un controvalore pari a 4.620 milioni di Euro, corrispondente ad un incremento del 31% rispetto all’anno precedente.

Con riferimento alla tipologia di operazioni realizzate, i "buy out" hanno continuato a rappresentare il comparto del mercato verso il quale è confluita la maggior parte delle risorse (3.255 milioni di Euro).

A livello regionale, è la Lombardia, ancora una volta, a confermarsi al primo posto, dove si è realizzato il 39% del numero totale di operazioni portate a termine in Italia nel corso del 2015, seguita da Veneto (11%) ed Emilia Romagna (10%). Le regioni nelle quali, invece, non sono state rilevate operazioni di private equity e venture capital sono Calabria, Molise, Valle d’Aosta e Puglia. Anomalo è che sia proprio la Puglia a far registrare questo primato negativo dal momento che, negli ultimi anni di crisi, sia stata la regione che ha sofferto meno la congiuntura economica soprattutto nell'ambito di alcuni distretti industriali. 

Per quanto concerne la distribuzione del numero di investimenti per dimensione delle aziende target, i dati evidenziano una concentrazione delle operazioni su imprese di taglio medio-piccolo (81% del numero totale, 78% nel 2014), caratterizzate da un numero di dipendenti inferiore alle 250 unità.

Nonostante l’andamento positivo, l'impatto del private equity sul comparto delle PMI del nostro Paese è però ancora marginale, infatti permane una marcata predilezione per le vie tradizionali di accesso al credito, in prevalenza attraverso strumenti di finanza ordinaria attraverso il circuito tradizionale del sistema bancario.

Il dato ancora negativo del nostro paese nella diffusione delle operazioni di private equity è ancora influenzato da una eccessiva presenza combinata di questi elementi:

a) imprese dalle dimensioni troppo piccole (micro-imprese);

b) individualità imprenditoriale;

c) bassa cultura di impresa con scarsa attitudine ai processi di pianificazione e programmazione economica e finanziaria;

d) carenza infrastrutturale (assi viari e portuali) che ne limitano l'efficienza logistica e distributiva;

e) scarsa attenzione della "politica" a creare strumenti economici, finanziari e fiscali di sostegno alle operazioni di private equity;

f) basso e difficile accesso delle PMI ai mercati dei capitali (nonostante lo sviluppo dell'AIM);

al punto da scoraggiarne l'interesse di venture capitalist e la diffusione dello strumento.

Già il rapporto PEM, Private Equity Monitor, del 2014 aveva posto in luce come il private equity, rimanga ancora classificato come un “prodotto finanziario” di nicchia, con dimensioni lontanissime da alternative finanziarie come il leasing o il factoring; rappresentando tuttavia, per le imprese, uno degli sbocchi disponibili per la crescita del capitale di rischio, insieme alla ancora più controversa quotazione in mercati regolamentati.

Non dimentichiamo che la definizione dall’AIFI alle operazioni di private equity è: “Attività di investimento nel capitale di rischio di imprese non quotate, con l’obiettivo della valorizzazione dell’impresa oggetto dell’investimento, ai fini della sua dismissione entro un periodo di periodo di medio-lungo termine".

Per incoraggiare lo sviluppo di questo strumento, ormai da molti ritenuto essenziale per ridare forza allo sviluppo della nostra imprenditorialità, AIFI propone di:

  1. rafforzare il sostegno degli investitori istituzionali nazionali a supporto dell’economia reale

2. creare un quadro fiscale e regolamentare chiaro, stabile e incentivante per gli operatori e per attrarre gli investitori internazionali

3.  rafforzare l’allineamento della regolamentazione a quella dei principali Paesi europei

4.  stimolare l’attività di venture capital

In tale prospettiva MELIUSform, include tra la propria offerta didattica nell’area formativa Amministrazione, Finanza e Controllo di Gestione,  il Corso di Specializzazione in Mergers & Acquisitions e Due Diligence e per l’area Legale e Fiscale,  il Corso in Operazioni Straordinarie: Mergers & Acquisitions, Share Purchase Agreement, Private Equity, che pone l’attenzione anche su tutti gli aspetti legati al Private Equity, indaga le tipologie di operazioni, la natura degli investitori e il procedimento d’investimento: dalla documentazione contrattuale alla due diligence.

Infine per la particolare attenzione che Meliusform pone alla materia, considerata di importante stimolo alla creazione di una nuova categoria di imprenditori "innovativi", ha indetto un Convegno dal titolo LA FINANZA A SOSTEGNO DELLE PMI E DELLE “START-UP INNOVATIVE” che si terrà a Roma il 30 Settembre 2016 presso il Centro Congressi Cavour. L’evento è progettato in co-branding con Banca Sella è parlerà del tessuto industriale del territorio italiano, PMI, reti d’impresa e start-up innovative e di quali strumenti finanziari sono a loro disposizione per poter conquistare quella competitività che garantisca lo sviluppo.

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