A cura del dott. Maksym Kovach partecipante dell'Executive Master in Giurista d'Impresa.

Per rating di impresa s’intende “un indice di misurazione della reputazione di un operatore economico aspirante aggiudicatario, ottenuto valutando le sue pregresse performances[1],” cioè il comportamento tenuto e le esperienze maturate in precedenza, nel settore dei contratti pubblici.

Il suo fondamento legislativo era principalmente rinvenibile nell’art. 83, comma 10 (Criteri di selezione e soccorso istruttorio), nell’art. 95, comma 13 (Criteri di aggiudicazione dell’appalto) e nell’art. 213, comma 10 (Autorità nazionale anticorruzione) del d.lgs. 50/2016. Queste disposizioni traevano origine dal criterio della legge delega n. 11/2016 per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (ispirate al modello statunitense del Federal Acquisition Regulation (FAR)) in materia di appalti, contenuto nell’art. 1, comma 1, lett. uu, attribuendo così una rilevanza giuridica alla reputazione.

Nonostante l’istituto del rating di impresa abbia subito numerose modifiche nel corso degli anni, non ha mai trovato attuazione, probabilmente a causa delle difficoltà applicative riscontrate dall’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), l’autorità cui è stata delegata dal legislatore la sua disciplina dettagliata, in particolare la determinazione dei requisiti e dei relativi criteri di valutazione, in quanto quest’ultimo ne ha fornito solo indicazioni di massima. Si tratta, dunque, di un istituto ancora in sviluppo.

Dopo l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici introdotto dal d.lgs. 36/2023, il rating di impresa ha trovato un’autonoma collocazione nell’art.109. Così il legislatore ha deciso di riproporlo, semplificandolo e modificandolo in modo sostanziale e dandogli il nome di Reputazione dell’impresa. La sua previsione ora, trova disciplina esclusivamente negli artt. 109 e 222, comma 7 e comma 10, la cui introduzione potrebbe essere considerata un eccesso di delega, dato che il nuovo criterio di delega, contenuto nell’art. 1, comma 2, lett. s e lett. b della legge delega 78/2022, non lo prevede, ma si limita semplicemente a richiedere “la revisione e semplificazione del sistema di qualificazione generale degli operatori valorizzando criteri di verifica formale e sostanziale delle […]” e a prevedere esclusivamente “una revisione delle competenze dell’Autorità al solo fine di rafforzare le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti”.

Il fine dell’istituto in esame è quello di essere uno strumento in grado di assicurare l’affidabilità dell’operatore economico e la qualità della prestazione finale, abbattere i costi di transazione connessi all’affidamento del contratto e alla sua esecuzione, garantendo e promuovendo in tal modo, l’efficienza nell’ambito della contrattualistica pubblica. Il legislatore spinge le imprese a collaborare con le stazioni appaltanti, ad assumere comportamenti diligenti (potendo la non corretta esecuzione rivelarsi causa della mancata aggiudicazione di appalti futuri), nonché mira a innalzare il livello qualitativo delle imprese che operano nel mercato pubblico.

Ora, le stazioni appaltanti, oltre a tenere conto dei requisiti di ordine generale, speciale e del possesso di certificazioni di qualità, devono considerare anche il comportamento tenuto dalle imprese nei precedenti appalti aggiudicati, al fine di prevenire il rischio che l’aggiudicatario non risulti in grado di realizzare l’oggetto del contratto nei tempi e con le caratteristiche richieste, così si assiste al passaggio da un sistema “statico” dei requisiti formali delle imprese, a un sistema “dinamico” di requisiti sostanziali, di tipo reputazionale[2]. Ne troviamo conferma già nella direttiva 2014/24/UE che al Considerando 101 recita quanto segue:

Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili. È opportuno chiarire che una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico e dunque rendere quest’ultimo inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto. […] Dovrebbero anche poter escludere candidati o offerenti che in occasione dell’esecuzione di precedenti appalti pubblici hanno messo in evidenza notevoli mancanze per quanto riguarda obblighi sostanziali, per esempio mancata fornitura o esecuzione, carenze significative del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo scopo previsto o comportamenti scorretti che danno adito a seri dubbi sull’affidabilità dell’operatore economico[3] […]”.

Le performance passate dunque, acquistano una particolare importanza nella scelta dei contraenti in quanto, “l’inefficienza spesso è dovuta ad atteggiamenti opportunistici messi in atto dagli operatori economici, i quali alcune volte ottenuto l’appalto non hanno nessun incentivo ad eseguirlo nel modo più efficiente ed economico possibile[4]”.

Il rating di impresa va tenuto distinto dal rating di legalità. Quest’ultimo, è stato introdotto dall’art. 5-ter, d.l. n. 1/2012 (“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività,” convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27.). Si tratta di un rating etico, in quanto valuta la moralità degli operatori economici, e non prestazionale, avente la finalità di lotta alla corruzione, nel settore dei contratti pubblici. Il compito di elaborarlo e attribuirlo alle imprese (su istanza di parte) è affidato all’Autorità garante della concorrenza e del mercato[5]. Inoltre, esso è di tipo premiale per quelle imprese che adeguano spontaneamente la propria organizzazione allo scopo di prevenire gli illeciti e assume rilevanza principalmente in sede di concessione di finanziamenti pubblici da parte delle amministrazioni e in sede di accesso al credito bancario. Può essere ottenuto da un numero limitato di soggetti.

Con l’entrata in vigore della Legge n. 190/2012 (“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”) si è assistito ad un ulteriore espansione della lotta alla corruzione, con cui il legislatore ha spostato una parte del suo costo dalle pubbliche amministrazioni alle imprese virtuose.

Prima di passare ad analizzare la nuova disciplina contenuta nell’art 109, è necessario premettere che “la valutazione delle past performance dovrebbe essere utilizzata solo nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV), e non dovrebbe essere considerata come requisito ulteriore di qualificazione dell’operatore economico[6]” in quanto non previsto dalle summenzionate direttive in materia di appalti, nemmeno dall’art. 67, par 2, lett. b) della direttiva 2014/24/UE, dato che l’unica apertura che quest’ultima ammette in ordine all’inserimento di requisiti soggettivi dell’offerente all’interno degli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta riguarda “organizzazione, qualifiche ed esperienza del personale incaricato di eseguire l’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto”.

Ritornando all’art. 109, il suo primo e secondo comma recitano come segue:

“È istituito presso l’ANAC, che ne cura la gestione, un sistema digitale di monitoraggio delle prestazioni, quale elemento del fascicolo virtuale degli operatori. Il sistema è fondato su requisiti reputazionali valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi, che esprimono l’affidabilità dell’impresa in fase esecutiva, il rispetto della legalità, e degli obiettivi di sostenibilità e responsabilità sociale.

L’ANAC definisce gli elementi del monitoraggio, le modalità di raccolta dei dati e il meccanismo di applicazione del sistema per incentivare gli operatori al rispetto dei principi del risultato di cui all’articolo 1 e di buona fede e affidamento di cui all’articolo 5, bilanciando questi elementi con il mantenimento dell’apertura del mercato, specie con riferimento alla partecipazione di nuovi operatori”.

Dunque, la gestione del sistema di monitoraggio delle prestazioni degli esecutori dei contratti pubblici è affidata interamente all’ANAC inoltre, a quest’ultima spetta il compito di definire i requisiti reputazionali e valutarli sulla base di indici qualitativi, quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimono l’affidabilità dell’impresa. La verifica del possesso dei requisiti per la partecipazione agli appalti pubblici avviene attraverso l’accesso al fascicolo virtuale dell’operatore economico (FVOE).

Allo stato attuale non è possibile offrire un quadro dettagliato ed esaustivo dei requisiti reputazionali e degli indici sulla base dei quali vengono valutati, in quanto l’ANAC finora ha provveduto a definirli solo approssimativamente in una delle sue Linee Guida[7], elencando alcuni aspetti delle precedenti condotte idonei ad assumere rilevanza tra qui[8]:

  • mancato utilizzo del soccorso istruttorio;
  • gestione della documentazione;
  • misure in materia di sicurezza sul lavoro;
  • rispetto dei tempi di esecuzione;
  • rispetto dei costi di esecuzione;
  • assenza di contestazioni sulla qualità dell’esecuzione;
  • corretta gestione del personale;
  • rapporti con i subappaltatori e subfornitori;
  • gestione dell’avvalimento;
  • rapporti con la stazione appaltante;

Invece, in seguito ad un attento esame e commento dell’art. 109 da parte di ANCE[9], emerge che gli indici quali-quantitativi dovrebbero essere composti dai seguenti indicatori:

  • consistenza del patrimonio netto;
  • indice di liquidità;
  • indice di economicità;
  • incidenza costo personale operaio;
  • incidenza costo per personale tecnico e amministrativo;
  • incidenza costo attrezzatura tecnica;
  • vita aziendale;
  • certificazioni (favorevole, pertanto, il giudizio in merito alla valenza delle certificazioni di qualità specifiche quali UNI ISO 9000, OHSAS 180000, ISO 14000, BS 18001);
  • staff tecnico;
  • oscillazione rispetto al tasso della tariffa INAIL;
  • non si ritiene, invece, opportuno dare valenza penalizzante (in termini di decremento) ai suddetti   indicatori.

Il calcolo del punteggio dovrebbe avvenire in base al seguente sistema:

  • al momento dell’ultimazione dei lavori o dei servizi, o al momento della consegna delle forniture, la stazione appaltante compila una scheda di valutazione standard in formato digitale contenente una serie di voci, ad ognuna delle quali è associato un punteggio massimo;
  • successivamente, si passa all’attribuzione di 60 punti per la performance in fase di esecuzione e di 40 punti per i criteri preclusivi (o penalizzanti);
  • per raggiungere il punteggio massimo non si devono avere contestazioni o rilievi per la voce considerata, in caso contrario il punteggio è ridotto sulla base di parametri predeterminati;
  • alla fine, viene rilasciato l’attestato del possesso del rating di impresa indicante il punteggio ottenuto.

È necessario sottolineare che il rating non può essere rilasciato agli operatori economici che non possiedono i requisiti generali per la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica inoltre, dovrebbe essere rilasciato un unico rating di impresa per operatore economico senza distinzione per ciascuna tipologia di affidamento (lavori, servizi e forniture).

Una considerazione a parte merita il problema relativo alle modalità di rilascio del rating di impresa per le nuove entranti sul mercato degli appalti pubblici, come le start-up, le imprese estere che si affacciano per la prima volta al mercato degli affidamenti pubblici in Italia e le PMI che non possono vantare esperienze significative in termini di contratti già eseguiti. Infatti, il Consiglio di Stato ha osservato che “[…] il funzionamento di un simile sistema deve coordinarsi con il principio di libera circolazione e con il principio di concorrenza, ben potendo il requisito reputazionale sconfinare altrimenti in una sorta di ostacolo all’ingresso nel mercato di nuovi operatori economici ovvero creare indebite situazioni di vantaggio per operatori commerciali di dimensioni maggiori e capaci pertanto anche di ottenere valutazioni prestazionali positive[10]”.

Sarebbe anche contrario ai principi ispiratori del nuovo codice porre barriere all’entrata, dato che il comma 2 dell’art. 109 impone all’ANAC di bilanciare tutti gli elementi richiesti “con il mantenimento dell’apertura del mercato, specie con riferimento alla partecipazione di nuovi operatori”.

 

In conclusione, come si è potuto osservare, si tratta di un sistema molto complesso e di recente istituzione, che molto probabilmente entrerà in vigore dopo un lungo periodo di sperimentazione, come del resto è chiaramente specificato nel comma 3 dell’art. 109 secondo cui: “alla presente disposizione è data attuazione entro 18 diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del codice, anche tenendo conto dei risultati ottenuti nel periodo iniziale di sperimentazione”.

Inoltre, è utile riportare alcune considerazioni della Corte dei conti sullo schema del d.lgs. 36/2023:

[…] la mancata emanazione di due degli elementi di maggior novità previsti dal Codice del 2016 - il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, con contestuale riduzione del loro numero, da un lato, e il sistema di rating di impresa, dall’altro - ha pesato sul perseguimento degli obiettivi più ambiziosi, nonché condivisibili, del Codice stesso: migliorare sia la qualità del public procurement che la fase dell’esecuzione dei contratti da parte degli operatori, attraverso incentivi di tipo reputazionale. Tale risultato, perseguito ma non raggiunto dalla codificazione del 2016, potrebbe divenire oggi più facilmente acquisibile attraverso una massiccia opera di digitalizzazione del mondo del public procurement[11]”.

 

 

 

[1] L. GALLI - M. RAMAJOLI, Il ruolo della reputazione nel mercato dei contratti pubblici: il rating di impresa, in Rivista della Regolazione dei mercati, n. 1/2017, cit., pag. 63.

[2] Consiglio di Stato, Parere n. 855/2016, sullo schema di decreto legislativo recante “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n.11, 01 aprile 2016.

[3] Direttiva 2014/24/UE, cit., Considerando 101.

[4] M. Cardone - Il rating di impresa: disciplina, criticità e prospettive di un istituto mai applicato, 30 dicembre 2020, in Federalismi.it, 36/2020, cit., pag. 6.

[5] Cfr. Delibera AGCM n. 24075 del 12 novembre 2012 - Regolamento attuativo in materia di rating di legalità (ultima modifica delibera n. 28361 del 28 luglio 2020).

[6] Osservazioni di ANAC in relazione all’ Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 19: “Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici” (articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78).

[7] ANAC, Linee Guida recanti “Istituzione del rating di impresa e delle relative premialità”. Documento di consultazione del 11 maggio 2018.

[8] Un altro punto a favore delle imprese che vorrebbero migliorare la propria immagine potrebbe essere quello di aver adottato il modello organizzativo 231 e aver integrato i criteri ESG nella propria attività.

[9] ANCE Direzione Legislazione Opere Pubbliche D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36. Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici. Esame e commento.

[10] Consiglio di Stato. Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” III - Relazione agli articoli e agli allegati Roma 7 dicembre 2022, cit., pag. 160.

[11] Corte dei conti, CONTRIBUTO SCRITTO SU ATTO GOVERNO N. 19 CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI, febbraio 2023, cit., pp. 12-13.

 

 


 

Bibliografia:

ANAC, Atto di segnalazione recante la “Proposta di modifica degli articoli 83, comma 10, 84, comma 4 e 95, comma 13, del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, n. 2/2017

L. GALLI - M. RAMAJOLI, Il ruolo della reputazione nel mercato dei contratti pubblici: il rating di impresa, in Rivista della Regolazione dei mercati, n. 1/2017

ANAC, Linee Guida recanti “Istituzione del rating di impresa e delle relative premialità”. Documento di consultazione del 11 maggio 2018

Convegno ODCEC, Il rating di impresa nel nuovo Codice dei contratti pubblici, il 04 ottobre 2023, Napoli

Osservazioni di ANAC in relazione all’Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 19: “Schema di decreto legislativo recante codice dei contratti pubblici” (articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78), 02 febbraio 2023

M. Cardone - Il rating di impresa: disciplina, criticità e prospettive di un istituto mai applicato, 30 dicembre 2020, in Federalismi.it, 36/2020

Consiglio di Stato, Parere n. 855/2016, sullo schema di decreto legislativo recante “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n.11, 01 aprile 2016

Corte dei conti, CONTRIBUTO SCRITTO SU ATTO GOVERNO N. 19 CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI, febbraio 2023

D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36

D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50

Legge delega 28 gennaio 2016, n. 11

Legge delega 21 giugno 2022, n. 78

Direttiva 2014/24/UE

D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 (convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27)